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Articolo 238 bis Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Sentenze irrevocabili

Dispositivo dell'art. 238 bis Codice di procedura penale

(1)1. Fermo quanto previsto dall'articolo 236, le sentenze divenute irrevocabili [648] possono essere acquisite ai fini della prova di fatto in esse accertato e sono valutate a norma degli articoli 187 e 192 comma 3.

Note

(1) Tale articolo è stato introdotto dall'art. 3, comma 2, del D.L. 8 giugno 1992, n. 306, conv. nella l. 7 agosto 1992, n. 356.

Ratio Legis

Il legislatore ha qui approntato una disciplina unitaria della prova documentale al fine di eliminare le incertezze della legislazione previgente e garantire una netta distinzione netta tra acquisizione ed utilizzazione.

Spiegazione dell'art. 238 bis Codice di procedura penale

Ai sensi della norma in esame, è sempre consentita l’acquisizione delle sentenze irrevocabili, il cui contenuto in ordine alle prove ivi acquisite è utilizzabile per l’accertamento dei fatti.

Ovviamente, non esistendo alcun concetto di prova legale come nel diritto civile, le prove acquisite nei procedimenti conclusi con sentenza irrevocabile possono valere come prova solo se confortate da altri elementi probatori di riscontro. L'acquisizione delle sentenze irrevocabili è possibile nei limiti dei criteri fissati dall'art. 187 e con la precisazione che potranno valere come prova dei fatti accertati soltanto se confortate da altri elementi probatori di riscontro.

Similmente a quanto previsto per la prova testimoniale (v. art. 194), è esclusa la possibilità di acquisire documenti concernenti le voci correnti nel pubblico o la moralità in generale delle parti o dei testimoni. A tale ultimo proposito, il richiamo alla norma di cui all’articolo 236 permette solo l’acquisizione dei documenti necessari per valutare la personalità dell’imputato e, se del caso, la personalità della persona offesa dal reato.

Il tema probatorio concerne i fatti che si riferiscono all’imputazione, alla punibilità dell’imputato, nonché alla determinazione della pena o delle misure di sicurezza. Inoltre, nell’eventualità in cui vi sia costituzione di parte civile, esso si espande sino a ricomprendere le questioni derivanti dall’esercizio dell’azione civile in sede penale.

Massime relative all'art. 238 bis Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 57105/2018

I gravi indizi di colpevolezza richiesti dall'art. 273, comma 1, cod. proc. pen., per l'applicazione e il mantenimento di misure cautelari personali possono essere validamente desunti anche da sentenze non ancora irrevocabili, senza che ciò comporti violazione dell'art. 238-bis, cod. proc. pen. che, nel prevedere che possano essere acquisite e valutate come prova le sentenze divenute irrevocabili, si riferisce al giudizio di colpevolezza e non alle condizioni di applicabilità delle misure cautelari, nè dell'art. 238, comma 2-bis, cod. proc. pen. che, nel subordinare l'acquisizione di dichiarazioni rese in altri procedimenti alla condizione che il difensore abbia partecipato alla loro assunzione, si riferisce anch'esso al solo giudizio sulla responsabilità.

Cass. pen. n. 12175/2017

Le sentenze divenute irrevocabili, acquisite ai sensi dell'art. 238-bis cod. proc. pen., costituiscono prova dei fatti considerati come eventi storici, mentre le dichiarazioni in esse riportate restano soggette al regime di utilizzabilità previsto dall'art. 238, comma secondo bis, cod. proc. pen., e possono quindi essere utilizzate, nel diverso procedimento, contro l'imputato soltanto se il suo difensore aveva partecipato all'assunzione della prova.

Cass. pen. n. 1628/2016

In tema di prova documentale, le sentenze del giudice tributario, ancorché definitive, non vincolano quello penale, in quanto l'art. 238 bis cod. proc. pen. consente l'acquisizione in dibattimento delle sentenze divenute irrevocabili, disponendo peraltro che esse siano valutate a norma degli artt. 187 e 192, comma terzo, dello stesso codice, ai fini della prova del fatto in esse accertato.

Cass. pen. n. 24383/2015

Le risultanze di un precedente giudicato penale acquisite ai sensi dell'art. 238 bis cod. proc. pen., anche nella parte in cui affermano fatti favorevoli all'imputato, devono essere valutate alla stregua della regola probatoria di cui all'art. 192, comma terzo cod. proc. pen.. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di assoluzione dall'accusa di omicidio volontario emessa assumendo, come premessa indiscussa, una precedente sentenza irrevocabile di condanna pronunciata nei confronti di altro soggetto, e che aveva preso atto delle dichiarazioni di quest'ultimo, il quale si era addossato la totale responsabilità del fatto ed aveva scagionato l'imputato del processo in corso).

Cass. pen. n. 292/2014

Qualora nel corso del giudizio venga prodotta una sentenza passata in giudicato, che accerta fatti che si assumono essere inconciliabili con quelli in contestazione, il giudice è tenuto, onde evitare che si determini una situazione tale da giustificare una futura richiesta di revisione, a verificare la possibile incidenza della decisione irrevocabile, e degli elementi di fatto da essa risultanti, sulla posizione dell'imputato.

Cass. pen. n. 41874/2013

Anche le sentenze pronunciate dal Tribunale per i minorenni, se divenute irrevocabili, possono essere acquisite ai fini della prova del fatto in esse accertato ai sensi dell'art. 238 bis c.p.p..

Cass. pen. n. 18398/2013

L'acquisizione della sentenza irrevocabile di assoluzione del coimputato del medesimo reato non vincola il giudice, che, fermo il principio del "ne bis in idem", può rivalutare anche il comportamento dell'assolto, al fine di accertare la sussistenza ed il grado di responsabilità dell'imputato da giudicare.

Cass. pen. n. 11488/2010

Le sentenze divenute irrevocabili, acquisite ai sensi dell'art. 238-bis c.p.p., costituiscono prova dei fatti considerati come eventi storici, mentre le dichiarazioni in esse riportate restano soggette al regime di utilizzabilità previsto dall'art. 238 comma secondo bis c.p.p., e possono quindi essere utilizzate, nel diverso procedimento, contro l'imputato soltanto se il suo difensore aveva partecipato all'assunzione della prova.

Cass. pen. n. 39358/2008

In tema di prova documentale, le sentenze pronunciate dal giudice tributario, se non definitive, non hanno efficacia vincolante nel giudizio penale ; diversamente, una volta divenute irrevocabili, sono acquisibili agli atti del dibattimento e valutabili ai fini della decisione a norma dell'art. 238 bis c.p.p. (Fattispecie in tema di reati tributari ).

Cass. pen. n. 5618/2000

Il principio di prova, contenuto nel giudicato penale acquisito ai sensi dell'art. 238 bis c.p.p., va considerato alla stregua del criterio valutativo fissato dall'art. 192 comma 3 c.p.p., ma ha come oggetto non solo il “fatto” direttamente riferibile alla statuizione fissata nel dispositivo, ma ogni acquisizione fattuale evidenziata anche nel corpo della motivazione. Ne consegue, pure al di fuori di ogni obbligo per il giudice che l'utilizza, in ordine alla valutazione dei fatti contenuti nella sentenza irrevocabile che, una volta identificato il “fatto” accertato, rimane esclusa la possibilità di un controllo della sua fonte probatoria, anche sotto il profilo della rituale acquisizione in quel processo concluso con sentenza irrevocabile. (Ha specificato la Corte che in tal senso nessuna eccezione di ordine processuale attinente alla prova - non solo quelle già dedotte ma anche quelle “deducibili” nel processo la cui sentenza è divenuta giudicato - può essere proposta al fine di porre in discussione la semiplena probatio conferita dall'art. 238 bis c.p.p.).

Cass. pen. n. 12595/1998

L'acquisizione agli atti del procedimento, giusta quanto previsto dall'art. 238 bis c.p.p., di sentenze divenute irrevocabili non comporta, per il giudice di detto procedimento, alcun automatismo nel recepimento e nell'utilizzazione a fini decisori dei fatti, né, tantomeno, dei giudizi di fatto contenuti nei passaggi argomentativi della motivazione, delle suindicate sentenze, dovendosi al contrario ritenere che quel giudice conservi integra l'autonomia e la libertà delle operazioni logiche di accertamento e formulazione di giudizio a lui istituzionalmente riservate (principio affermato a sostegno della ritenuta non vincolatività della sentenza irrevocabile di assoluzione di taluni ufficiali tedeschi dall'accusa di concorso nell'eccidio delle fosse ardeatine, avvenuto in Roma nel marzo 1944, ai fini dell'affermazione di responsabilità di altri ufficiali, ritenuti concorrenti nel medesimo fatto).

Cass. pen. n. 10107/1998

È legittima l'utilizzazione, ai fini della prova dei fatti accertati, di una sentenza (nella specie di un giudice dell'udienza preliminare), divenuta irrevocabile nel corso del giudizio, a nulla rilevando che al momento dell'acquisizione non lo fosse ancora.

Cass. pen. n. 5894/1997

In tema di prove, le risultanze di un precedente giudicato penale acquisite ai sensi dell'art. 238 bis c.p.p., devono essere valutate alla stregua della regola probatoria di cui all'art. 192, comma terzo, c.p.p., ovvero come elemento di prova la cui valenza, per legge non autosufficiente, deve essere corroborata da altri elementi di prova che lo confermino. Al riguardo deve ritenersi che la locuzione codicistica «fatto accertato» con sentenza irrevocabile vada riferita non solo alla statuizione contenuta in dispositivo, ma anche alle acquisizioni di fatto risultanti dalla motivazione del provvedimento.

Cass. pen. n. 5513/1996

Non è consentito dedurre in modo automatico la sussistenza della calunnia a carico dell'accusatore dall'intervenuto proscioglimento nel merito per il reato di cui un soggetto era stato coscientemente incolpato e il giudicato, sia pure definitivo, rispetto al reato oggetto di incolpazione deve essere valutato autonomamente e liberamente nel giudizio per la calunnia. Non esiste infatti nell'ordinamento processuale nessuna disciplina in ordine alla efficacia del giudicato nell'ambito di un altro procedimento penale, a differenza di quanto avviene per i rapporti fra il giudizio civile, amministrativo e disciplinare, mentre l'art. 238 bis c.p.p. consente l'acquisizione in dibattimento di sentenze divenute irrevocabili, ma dispone che siano valutate a norma degli artt. 197 e 192 comma 3.

Cass. pen. n. 11421/1995

Il principio vigente in materia di rogatoria internazionale, secondo cui le prove raccolte all'estero sono utilizzabili in Italia alla sola condizione che siano state assunte legalmente con riferimento alla legge del luogo in cui sono state raccolte (art. 3, comma 1 della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale, firmata a Strasburgo il 20 aprile 1959, richiamata dall'art. 696 c.p.p.), non è applicabile per l'acquisizione e l'utilizzazione nel procedimento italiano di atti propri di un autonomo procedimento penale di altro Stato, trovando questa materia disciplina nell'art. 238 c.p.p. In particolare, per quanto attiene a verbali di prove di procedimenti stranieri, deve escludersi l'acquisibilità e la utilizzabilità di dichiarazioni di un imputato di reato connesso, sottoposto a procedimento penale all'estero, le quali siano state assunte di iniziativa da organi di polizia di un paese straniero (art. 78, comma 2, att. c.p.p.), mentre sono acquisibili, a norma del citato art. 78, comma 2, e utilizzabili, nel rispetto delle norme sulle letture in dibattimento, i verbali di atti assunti dall'autorità giudiziaria straniera o dalla polizia su delega di tale autorità, se espletati secondo la legge del luogo e sempreché risultino conformi alla normativa italiana attinente alle essenziali esigenze dei diritti della difesa. (Nella fattispecie sono state dichiarate inutilizzabili le dichiarazioni rese alla polizia straniera e utilizzabili – previa lettura ex art. 513, comma 2, c.p.p., nel testo risultante a seguito delle sentenze n. 254792 e 381 del 1995 della Corte costituzionale - quelle rese all'autorità giudiziaria straniera e alla polizia su delega di essa).

Cass. pen. n. 727/1995

Una volta acquisite ai sensi dell'art. 238 bis c.p.p., le sentenze irrevocabili sono valutabili entro i limiti ben precisi indicati dagli artt. 187 e 192 comma 3 stesso codice. Pertanto il giudice, perché tali sentenze, assimilate alle dichiarazioni accusatorie del reo o del correo, assurgano a dignità di prova nel diverso processo penale al quale vengono acquisite, deve, in primo luogo, nel contraddittorio delle parti, accertare la veridicità dei fatti ritenuti come dimostrati dalle dette sentenze e rilevanti ex art. 187 c.p.p., salva la facoltà dell'imputato di essere ammesso a provare il contrario; del pari, su richiesta dell'accusa, il giudice dovrà acquisire al dibattimento, nel contraddittorio delle parti, gli elementi di prova - costituiti da riscontri esterni individualizzanti - che confermino la veridicità dei fatti, accertati nelle sentenze irrevocabili acquisite e che divengano, in tal modo, fonti di prova del reato, per cui si procede, sicché sulla base delle esposte premesse non è ipotizzabile alcuna violazione del principio della terzietà del giudice né di quello del diritto di difesa. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso, l'imputato aveva dedotto l'inosservanza dell'art. 238 bis c.p.p. in relazione a sentenza annullata dalla Cassazione nonché l'erronea applicazione di detta norma, dovendosi intendere per «prova di fatto in essa accertato» non già la serie di elementi raccolti e le valutazioni espresse per pervenire alla pronuncia passata in giudicato, bensì il contenuto storico del dispositivo. La S.C. ha, invece, ritenuto che le sentenze irrevocabili indicate dal citato art. 238 bis sono acquisibili per le risultanze di fatto che risultino dalle motivazioni delle sentenze e non già dai loro dispositivi).

Cass. pen. n. 6755/1994

Con il riferirsi alle «sentenze divenute irrevocabili» il legislatore, nella disposizione di cui all'art. 238 bis c.p.p., ha inteso rendere utilizzabili ai fini della prova del fatto in esse accertato non soltanto le sentenze rese in seguito a dibattimento ma anche quelle emesse a seguito di giudizio abbreviato ovvero di applicazione della pena su richiesta; la ratio della disposizione di legge, infatti, è quella di non disperdere elementi conoscitivi acquisiti in provvedimenti che hanno comunque acquistato autorità di cosa giudicata, fermo restando il principio del libero convincimento del giudice.

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