Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 11421 del 25 novembre 1995

(3 massime)

(massima n. 1)

Atteso il disposto di cui all'art. 78, comma 2, att. c.p.p., in relazione all'art. 513 c.p.p., deve escludersi l'utilizzabilità di dichiarazioni di coimputato le quali siano state assunte d'iniziativa da organi di polizia di un Paese straniero.

(massima n. 2)

Il principio vigente in materia di rogatoria internazionale, secondo cui le prove raccolte all'estero sono utilizzabili in Italia alla sola condizione che siano state assunte legalmente con riferimento alla legge del luogo in cui sono state raccolte (art. 3, comma 1 della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale, firmata a Strasburgo il 20 aprile 1959, richiamata dall'art. 696 c.p.p.), non è applicabile per l'acquisizione e l'utilizzazione nel procedimento italiano di atti propri di un autonomo procedimento penale di altro Stato, trovando questa materia disciplina nell'art. 238 c.p.p. In particolare, per quanto attiene a verbali di prove di procedimenti stranieri, deve escludersi l'acquisibilità e la utilizzabilità di dichiarazioni di un imputato di reato connesso, sottoposto a procedimento penale all'estero, le quali siano state assunte di iniziativa da organi di polizia di un paese straniero (art. 78, comma 2, att. c.p.p.), mentre sono acquisibili, a norma del citato art. 78, comma 2, e utilizzabili, nel rispetto delle norme sulle letture in dibattimento, i verbali di atti assunti dall'autorità giudiziaria straniera o dalla polizia su delega di tale autorità, se espletati secondo la legge del luogo e sempreché risultino conformi alla normativa italiana attinente alle essenziali esigenze dei diritti della difesa. (Nella fattispecie sono state dichiarate inutilizzabili le dichiarazioni rese alla polizia straniera e utilizzabili – previa lettura ex art. 513, comma 2, c.p.p., nel testo risultante a seguito delle sentenze n. 254792 e 381 del 1995 della Corte costituzionale - quelle rese all'autorità giudiziaria straniera e alla polizia su delega di essa).

(massima n. 3)

Sussiste il vizio di mancata e di manifesta illogicità di motivazione quando, trattandosi di motivazione per relationem (di per sé legittima, quando vi sia concordanza non solo tra i dispositivi, ma anche sulla valutazione degli elementi più rilevanti sui quali si fonda il convincimento), l'iter logico seguito dal giudice di primo grado risulti incompatibile con quello seguito dai giudici di appello. (Nella fattispecie la sentenza d'appello, confermativa della sentenza di primo grado, rinviava per relationem la motivazione del primo giudice, ma riteneva inattendibili le chiamate di correità su cui era stata fondata la prima decisione, senza peraltro indicare quali altre prove sorreggevano il convincimento di responsabilità).

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