Cassazione penale Sez. I sentenza n. 12595 del 1 dicembre 1998

(3 massime)

(massima n. 1)

Il giudicato penale formatosi nei confronti di taluno per un certo fatto non vincola il giudice chiamato a rivalutare lo stesso fatto in relazione alla posizione di altri soggetti imputati quali concorrenti nel medesimo reato; il che comporta, tra l'altro, che, qualora il giudicato sia stato di assoluzione, il giudice del separato procedimento instaurato a carico del concorrente nel medesimo reato può sottoporre a rivalutazione il comportamento dell'assolto all'unico fine - fermo il divieto del ne bis in idem a tutela della posizione di costui - di accertare la sussistenza ed il grado di responsabilità dell'imputato da giudicare. (Nella specie, in applicazione di tali principi, è stato ritenuto che l'assoluzione definitiva di taluni ufficiali tedeschi dall'accusa di concorso nell'eccidio delle fosse ardeatine, avvenuto in Roma nel marzo del 1944, per aver essi ritenuto di dover obbedire ad un ordine non manifestamente criminoso loro impartito dal superiore gerarchico, non impedisse che, escludendosi invece la non riconoscibilità del carattere manifestamente criminoso di quell'ordine, venisse affermata la responsabilità, sempre a titolo di concorso nel suddetto eccidio, di altri ufficiali che avevano operato nella stessa condizione dei primi).

(massima n. 2)

L'acquisizione agli atti del procedimento, giusta quanto previsto dall'art. 238 bis c.p.p., di sentenze divenute irrevocabili non comporta, per il giudice di detto procedimento, alcun automatismo nel recepimento e nell'utilizzazione a fini decisori dei fatti, né, tantomeno, dei giudizi di fatto contenuti nei passaggi argomentativi della motivazione, delle suindicate sentenze, dovendosi al contrario ritenere che quel giudice conservi integra l'autonomia e la libertà delle operazioni logiche di accertamento e formulazione di giudizio a lui istituzionalmente riservate (principio affermato a sostegno della ritenuta non vincolatività della sentenza irrevocabile di assoluzione di taluni ufficiali tedeschi dall'accusa di concorso nell'eccidio delle fosse ardeatine, avvenuto in Roma nel marzo 1944, ai fini dell'affermazione di responsabilità di altri ufficiali, ritenuti concorrenti nel medesimo fatto).

(massima n. 3)

Non può dar luogo alla contraddittorietà di giudicati, prevista come causa di revisione dall'art. 630, comma 1, lett. a), c.p.p., l'affermazione di responsabilità di taluno quale concorrente nel medesimo reato dal quale altri concorrenti siano stati, in separato procedimento, assolti a seguito di un'indagine sul dolo (nella specie conclusasi, a suo tempo, nel senso che era mancata — trattandosi di ufficiali accusati di concorso nell'eccidio delle fosse ardeatine, avvenuto in Roma nel marzo del 1944 — l'esatta rappresentazione e consapevolezza della criminosità dell'ordine loro impartito dal superiore gerarchico).

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