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Articolo 10 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Competenza per reati commessi all'estero

Dispositivo dell'art. 10 Codice di procedura penale

1. Se il reato è stato commesso interamente all'estero [7 c.p. ss.], la competenza è determinata successivamente dal luogo della residenza, della dimora, del domicilio, dell'arresto o della consegna dell'imputato. Nel caso di pluralità di imputati, procede il giudice competente per il maggior numero di essi(1).

1-bis. Se il reato è stato commesso a danno del cittadino e non sussistono i casi previsti dagli articoli 12 e 371, comma 2, lettera b), la competenza è del tribunale o della corte di assise di Roma quando non è possibile determinarla nei modi indicati nel comma 1(2).

2. In tutti gli altri casi, se non è possibile determinare nei modi indicati nei commi 1 e 1-bis la competenza, questa appartiene al giudice del luogo in cui ha sede l'ufficio del pubblico ministero che ha provveduto per primo a iscrivere la notizia di reato nel registro previsto dall'articolo 335.

3. Se il reato è stato commesso in parte all'estero, la competenza è determinata a norma degli articoli 8 e 9.

Note

(1) Il codice penale agli artt. 7-10 disciplina le ipotesi di reato perseguibili dall'autorità giudiziaria italiana anche se questi sono stati commessi in territorio estero.
(2) Comma inserito dall’art. 6, comma 3, lett. a), D.L. 16 maggio 2016, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 luglio 2016, n. 131; per l’applicazione di tale disposizione, vedi l’art. 6, comma 4 del medesimo D.L. 67/2016.

Spiegazione dell'art. 10 Codice di procedura penale

Oltre alle regole generali di cui all'articolo 8 ai fini della determinazione della competenza per territorio, il legislatore ha ritenuto opportuno inserire nel codice alcune regole suppletive.

Innanzitutto, se il reato è stato commesso solo in parte all'estero, la competenza è da determinarsi in base alle regole generali di cui agli articoli 8 e 9, avendo evidentemente ritenuto il legislatore non derogare alla disciplina canonica in caso di commissione di parte del reato all'interno dello Stato italiano.

Per contro, in caso di reato commesso interamente all'estero, il legislatore ha ritenuto indispensabili alcuni adeguamenti. La competenza si radica successivamente dal luogo della residenza, della dimora, del domicilio, dell'arresto o della consegna dell'imputato, con prevalenza, nel caso in cui vi siano più imputati, del giudice competente per il maggior numero di essi.

Analogamente a quanto dispoto dall'articolo 9, anche qui vi è la regola ultima della competenza del giudice del luogo in cui il pubblico ministero ha per primo iscritto la notizia di reato nell'apposito registro.

Da ultimo, va evidenziato che recentemente il legislatore ha coniato il comma 1 bis, tramite il quale si è previsto che se il reato è commesso a danno del cittadino (e non vi è connessione di procedimento ex art. 12 o il reato non rientra tra quelli elencati dall'art. 371, comma 2, lett. b), la competenza è del tribunale o della corte d'assise di Roma, se non è possibile determinare la competenza ai sensi del comma 1.

Massime relative all'art. 10 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 44583/2010

In tema di competenza per reati commessi all'estero, rientra tra i casi di impossibilità di determinazione della competenza nei modi indicati dall'art. 10, comma primo, cod. proc. pen., con conseguente attribuzione della cognizione al giudice del luogo in cui ha sede l'ufficio del P.M. che ha provveduto per primo all'iscrizione della notizia di reato, l'ipotesi di commissione del reato da parte di imputati residenti in Italia e all'estero. (Fattispecie di riciclaggio commesso nella Repubblica di San Marino). (Dichiara competenza).

Cass. pen. n. 40287/2008

Ai fini dell'affermazione della giurisdizione italiana in relazione a reati commessi in parte all'estero, è sufficiente che nel territorio dello Stato si sia verificato anche solo un frammento della condotta, che se pur privo dei requisiti di idoneità e di inequivocità richiesti per il tentativo, sia apprezzabile collegando la parte della condotta realizzata in Italia a quella realizzata in territorio estero. (In applicazione di tale principio, la Corte, in tema di mandato di arresto europeo, ha ritenuto commesso in parte nello Stato il reato di partecipazione al reato associativo contestato ad alcuni correi che dall'Italia avevano mantenuto contatti telefonici con l'organizzazione criminosa la cui struttura e operatività erano radicate all'estero). (Annulla senza rinvio, App. Bologna, 26 settembre 2008).

Cass. pen. n. 38019/2004

Per il principio della territorialità, previsto dall'art. 6 c.p., è sufficiente che un frammento dell'iter criminoso si sia verificato in Italia, purché risulti preordinato, con valutazione ex post, al raggiungimento dell'obiettivo criminoso. Ne consegue che la giurisdizione appartiene all'autorità giudiziaria italiana, anche se l'omicidio è stato commesso all'estero allorché l'arma del delitto e la benzina per bruciare il cadavere siano state procurate in Italia, in quanto si tratta di condotte preordinate a raggiungere l'obiettivo criminoso.

Cass. pen. n. 41333/2003

Nel caso di delitti commessi all'estero da uno straniero in danno di un cittadino italiano, la presenza del colpevole nel territorio dello Stato, richiesta dall'art. 10 c.p. per la loro perseguibilità in Italia, costituisce condizione di procedibilità la cui sussistenza è richiesta anche ai fini dell'applicazione di misure cautelari da adottarsi nella fase delle indagini preliminari. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha annullato senza rinvio il provvedimento del tribunale che, in accoglimento di gravame proposto dal pubblico ministero ai sensi dell'art. 310 c.p.p., aveva disposto l'applicazione della custodia in carcere nei confronti di taluni soggetti, non presenti nel territorio nazionale, cui si addebitava l'omicidio, commesso in Afghanistan, di una giornalista italiana).

Cass. pen. n. 3624/1995

In tema di competenza per reati commessi all'estero, ai fini dell'applicazione dell'art. 10 comma 1 c.p.p., non sussiste equipollenza tra esecuzione dell'ordine di accompagnamento e arresto. La norma, così come, quanto ai concetti di residenza, dimora e domicilio, rinvia evidentemente alle norme del codice civile (artt. 43 ss.), allo stesso modo, quanto all'arresto e alla consegna, rinvia a quelle del codice di procedura penale, le quali distinguono nettamente tra arresto e consegna. Trattasi cioè di nozioni assunte dalla norma nel loro peculiare significato tecnico-giuridico, che non vi è ragione di estendere a situazioni consimili, avendo il legislatore inteso utilizzare una pluralità di succedanei criteri di collegamento, talché non sussistendo nella legge alcuna lacuna, non v'è necessità di colmarla in sede interpretativa.

Cass. pen. n. 1972/1994

A norma dell'art. 6 c.p. sono punibili secondo la legge italiana, come fossero commessi per intero in Italia, anche i reati la cui condotta è avvenuta solo in parte nel territorio dello Stato o ivi si è verificato l'evento. Ne risulta che anche i reati commessi in parte all'estero, al pari di quelli realizzatisi soltanto nel territorio nazionale, assumono rilevanza penale per l'ordinamento italiano nella loro globalità, ivi compresa la parte della condotta realizzata all'estero e, pertanto, debbono essere valutati e puniti dai giudici italiani nella loro interezza, avendo riguardo pure alle modalità e alla gravità della parte dell'azione verificatasi al di fuori dello Stato. Ne consegue che deve tenersi conto di questa parte della condotta anche ai fini dell'individuazione dell'inizio della permanenza, non essendo consentito considerare isolatamente la frazione della condotta realizzatasi in Italia. (Nella specie, per un reato permanente la cui consumazione era iniziata all'estero la Corte ha escluso l'operatività, quale criterio di riparto fra i giudici italiani, dell'art. 8, terzo comma, c.p.p., dovendosi in tal caso la competenza determinare secondo il criterio suppletivo di cui all'art. 9 primo comma c.p.p., con riferimento all'ultimo luogo in cui è avvenuta una parte dell'azione o dell'omissione).

In tema di competenza per territorio in ordine a reati permanenti commessi in parte all'estero, si applica il criterio dettato dall'art. 8, terzo comma, c.p.p. quando la condotta criminosa ha avuto inizio in una individuata località nel territorio nazionale, proseguendo poi all'estero. Invece, il luogo d'inizio della permanenza non può fungere quale criterio di riparto fra i giudici italiani se è ubicato al di fuori dello Stato. In tal caso, la competenza si stabilisce secondo il criterio suppletivo di cui all'art. 9 primo comma c.p.p., con riferimento all'ultimo luogo in cui è avvenuta una parte dell'azione o dell'omissione.

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