Brocardi.it - L'avvocato in un click! CHI SIAMO   CONSULENZA LEGALE

Articolo 196 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Rinnovazione delle indagini e sostituzione del consulente

Dispositivo dell'art. 196 Codice di procedura civile

Il giudice ha sempre la facoltà di disporre la rinnovazione delle indagini (1) e, per gravi motivi, la sostituzione del consulente tecnico (2).

Note

(1) Il giudice istruttore ha il potere discrezionale di ordinare la rinnovazione delle indagini. Ciò si verificherà quando i risultati della perizia risultino insoddisfacenti o idonei al raggiungimento dello scopo per cui era stato ordinata l'indagine del c.t.u., oppure quando la consulenza sia affetta da vizi di forma tali da aver comportato la lesione del diritto di difesa di una delle parti.
Questioni meramente relative alla chiarezza della relazione, invece, possono essere risolte dal giudice con una semplice richiesta di chiarimenti.

Va ricordato che il giudice viene definito anche peritus peritorum in quanto egli non è vincolato per legge ad aderire alle conclusioni del consulente tecnico da lui nominato. Se intende, tuttavia, condividere i risultati della perizia, sarà tenuto a darne adeguata motivazione solo laddove le parti o i loro consulenti abbiano avanzato precise censure, che esigono una replica. Allo stesso modo, il dovere di motivazione sussiste però anche laddove il giudice intenda discostarsi dagli esiti della c.t.u.
(2) I "gravi motivi" di cui parla la norma, posti alla base della sostituzione del consulente d'ufficio, sono costituiti da gravi inadempienze compiute dal c.t.u., come la totale inadeguatezza della metodologia utilizzata per risolvere il quesito peritale, o l'inosservanza del termine entro il quale il consulente deve depositare la relazione (art. 195 del c.p.c.).

Spiegazione dell'art. 196 Codice di procedura civile

Due sono i tipi di provvedimenti previsti dalla presente norma, e precisamente:
a) la rinnovazione delle indagini, ciò che presuppone la conclusione delle attività peritali e la nullità della consulenza o l'insufficienza dei risultati a cui la stessa ha condotto;
b) la sostituzione del consulente, la quale presuppone una indagine ancora in corso di svolgimento e la sussistenza di gravi motivi (quali sono, normalmente, eventuali inadempienze del consulente).
Per quanto concerne il primo di tali provvedimenti, le ragioni che giustificano la rinnovazione delle indagini peritali sono principalmente due:
  1. un vizio procedurale, quale può essere l’omessa comunicazione alle parti, che determina la nullità della consulenza;
  2. l’insufficienza, incoerenza, illogicità, lacunosità delle risposte fornite dal consulente ai quesiti.
In entrambi i casi la rinnovazione costituisce esercizio di un potere ampiamente discrezionale del giudice, e si esercita a mezzo di una ordinanza revocabile e non censurabile in sede di legittimità.
La rinnovazione delle indagini può anche essere esercitata con modalità graduali, competendo al giudice stabilire se richiedere al c.t.u. chiarimenti sulla relazione già depositata, disporre un supplemento delle indagini ovvero rinnovare del tutto le attività peritali.
E’ evidente che l'istanza di rinnovo non può scaturire unicamente dalla sussistenza di divergenze tra i contenuti della consulenza del CTU e quelli dell'elaborato del CTP.
Anche in presenza di una esplicita richiesta di parte, il giudice di merito non è tenuto a disporre una nuova consulenza d'ufficio, dovendo comunque motivare sul rigetto di tale richiesta di rinnovazione, se quest’ultima sia stata adeguatamente argomentata.
Quando, invece, le operazioni peritali siano ancora in corso, il giudice, se ravvisa gravi motivi, può disporre la sostituzione del consulente, con valutazione che è insindacabile in cassazione, ove sorretta da adeguata motivazione immune da vizi logici e giuridici.

Costituiscono gravi motivi per disporre la sostituzione:
a) la ricorrenza di motivi di ricusazione conosciuti dopo la scadenza del termine per proporre la relativa istanza o sopravvenuti ad esso;
b) la inosservanza del termine che era stato fissato per il deposito della relazione.
Dato il silenzio del legislatore sul punto, è controverso se, prima di adottare il provvedimento di sostituzione, sia necessario o meno ascoltare il consulente.

La sostituzione, sia che faccia seguito ad una istanza di parte o ad iniziativa del giudice, è sempre disposta con ordinanza revocabile ex art. 177, 2° co. c.p.c.; tale ordinanza, comunque, non priva di efficacia l'attività espletata dal consulente sostituito.

Massime relative all'art. 196 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 1644/2019

Il principio di nullità degli atti processuali compiuti, prima della integrazione del contraddittorio, nei confronti di un litisconsorte necessario pretermesso, opera anche riguardo all'espletamento di una consulenza tecnica, con la conseguenza che, qualora il suddetto litisconsorte eccepisca, nei modi indicati dall'art. 157, comma 2, c.p.c., un pregiudizio del proprio diritto di difesa, compete al giudice del merito porvi rimedio tramite la rinnovazione della consulenza medesima, non potendo, in difetto, decidere nei confronti del pretermesso sulla base di quella svolta prima della sua costituzione in giudizio. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 13/02/2013).

Cass. civ. n. 26756/2018

In tema di azione diretta alla cessazione delle immissioni, i fatti sopravvenuti nel corso del processo, incidendo sul livello di tollerabilità delle stesse e quindi su una condizione dell'azione, devono essere presi in considerazione dal giudice al momento della decisione e, qualora la consulenza tecnica di ufficio espletata non ne abbia tenuto conto, il giudice, a fronte di specifiche e circostanziate critiche mosse alla stessa, deve disporre una nuova consulenza, anche al fine di valutare l'idoneità dell'adozione di misure meno afflittive di quelle interdittive già disposte. (Nel caso di specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della corte d'appello che, pur avendo disposto un supplemento di consulenza tecnica d'ufficio, aveva omesso di prendere in considerazione la cessazione di una parte delle attività produttive generatrici di immissioni rumorose, anche alla luce dei lavori eseguiti per la loro eliminazione o riduzione). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO BARI, 03/06/2013).

Cass. civ. n. 21149/2013

La mancata esplicitazione dei gravi motivi previsti dall'art. 196 c.p.c. per disporre la sostituzione del consulente tecnico d'ufficio già nominato integra una nullità a rilevanza variabile, ai sensi dell'art. 156, secondo comma, c.p.c., la quale, avendo natura relativa, deve essere fatta valere dalla parte interessata nella prima istanza o difesa successiva all'atto o alla notizia di esso; pertanto, in difetto di tempestiva eccezione, tale nullità non può essere denunciata, "secundum eventum litis", come motivo di impugnazione della sentenza.

Cass. civ. n. 18410/2013

Il giudice di merito, ove intenda disporre una nuova consulenza tecnica d'ufficio, è tenuto a motivare adeguatamente - in base ad idonei elementi istruttori o cognizioni proprie, eventualmente integrati da presunzioni e da nozioni di comune esperienza - le ragioni che lo conducono ad ignorare o sminuire i dati risultanti dalla relazione del CTU già in atti, rispondendo tale esigenza a ragioni di economia processuale e dei costi del giudizio, oltre al rispetto del canone della ragionevole durata del processo, per la cui valutazione si tiene conto anche dei tempi necessari per l'espletamento della consulenza tecnica d'ufficio, che non possono risultare sprecati.

Cass. civ. n. 14338/2012

In tema di consulenza tecnica d'ufficio, il principio secondo il quale rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito valutare l'opportunità di rinnovare le indagini peritali va coordinato con il principio dell'effetto devolutivo dell'appello, sicché, qualora l'appellante non abbia censurato la consulenza tecnica d'ufficio svolta in primo grado e anzi ne abbia posto le risultanze a fondamento del gravame, incorre nel vizio di ultrapetizione il giudice di appello che disponga la rinnovazione delle operazioni peritali, derivandone la nullità della nuova consulenza e della sentenza che vi aderisca.

Cass. civ. n. 20227/2010

In tema di consulenza tecnica d'ufficio, il giudice di merito non è tenuto, anche a fronte di una esplicita richiesta di parte, a disporre una nuova consulenza d'ufficio, atteso che il rinnovo dell'indagine tecnica rientra tra i poteri istituzionali del giudice di merito, sicché non è neppure necessaria una espressa pronunzia sul punto. (Nella specie, la S.C., nel confermare la sentenza impugnata, ha rilevato che non erano state denunciate malattie nuove o aggravamenti delle infermità che avrebbero imposto un'esplicita motivazione in ordine alle ragioni del mancato rinnovo della consulenza, potendo quest'ultima essere ritenuta superflua anche per implicito).

Cass. civ. n. 15263/2007

Il giudice del merito non è tenuto a disporre in secondo grado la rinnovazione della consulenza tecnica, potendo liberamente seguire le conclusioni del consulente del primo grado — come, del resto, potrebbe anche dissentire dalle stesse — sempreché fornisca, in ogni caso, una adeguata motivazione del suo convincimento, rispondente ad una attenta valutazione di tutti gli elementi concreti sottoposti alla sua delibazione, indicando i criteri logici e giuridici che hanno determinato il suo giudizio.

Cass. civ. n. 7013/2004

Il giudice d'appello non ha l'obbligo di rinnovare la consulenza tecnica, tuttavia, ove siano dedotte nuove malattie o aggravamenti di quelle già denunciate, oppure se il giudice ritenga di dover dissentire dalle conclusioni espresse dal Consulente nominato in primo grado, ha il dovere di motivare in ordine alla decisione di non disporre una nuova consulenza; quando, invece, non siano in discussione nuove malattie o aggravamenti nelle infermità denunciate e il giudice d'appello ritenga di condividere le conclusioni del c.t.u. nominato in primo grado, non è neppure necessaria una esplicita motivazione in ordine alle ragioni del mancato rinnovo della consulenza, potendo quest'ultima essere ritenuta superflua anche per implicito.

Cass. civ. n. 3105/2004

In caso di inutile decorso del termine fissato dall'art. 192 c.p.c. per la proposizione della istanza di ricusazione del C.T.U., la valutazione delle ragioni che giustificano un provvedimento di sostituzione dello stesso C.T.U., a norma dell'art. 196 del codice di rito, è rimessa esclusivamente al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se correttamente e logicamente motivata.

Cass. civ. n. 17906/2003

Rientra nel potere discrezionale del giudice di merito accogliere o rigettare l'istanza di riconvocazione del consulente d'ufficio per chiarimenti o per un supplemento di consulenza, senza che l'eventuale provvedimento negativo possa essere censurato in sede di legittimità deducendo la carenza di motivazione espressa al riguardo, quando dal complesso delle ragioni svolte in sentenza, in base ad elementi di convincimento tratti dalle risultanze probatorie già acquisite e valutate con un giudizio immune da vizi logici e giuridici, risulti l'irrilevanza o la superfluità dell'indagine richiesta, non sussistendo la necessità, ai fini della completezza della motivazione, che il giudice dia conto delle contrarie motivazioni dei consulenti di fiducia che, anche se non espressamente confutate, si hanno per disattese perché incompatibili con le argomentazioni poste a base della motivazione.

Cass. civ. n. 4766/2002

È revocabile e modificabile l'ordinanza con cui il collegio, cui sia stata rimessa la causa nel processo d'appello, disponga per l'ulteriore istruttoria nominando C.T.U., a nulla rilevando che la modifica, relativa nella specie al quesito apposto all'ausiliario, sia stata sollecitata da una parte.

Cass. civ. n. 14735/2001

La mancata comunicazione, da parte della cancelleria, ai procuratori costituiti in un'ordinanza emessa fuori udienza con la quale il giudice istruttore disponga un atto integrativo della consulenza tecnica (nella specie, rinnovo di sopralluogo da parte del C.T.U.) comporta una violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa delle parti, e determina, per l'effetto, la nullità di tutti gli atti conseguenti al provvedimento non comunicato e della sentenza pronunciata. Tale causa di nullità, peraltro, non integrando alcuna delle ipotesi tassative per le quali il giudice di appello deve rimettere la causa in primo grado (artt. 353, 354 c.p.c.), rende operante il suo potere-dovere di decidere nel merito, previo compimento dell'attività istruttoria impedita in prime cure dall'anzidetta irregolarità.

Cass. civ. n. 4787/1999

Nei giudizi in materia di invalidità pensionabile, qualora il giudice di appello abbia disposto una nuova consulenza tecnica e ne condivida i risultati non è necessario che egli esponga in modo specifico le ragioni del suo convincimento potendo limitarsi a riportare il parere del c.t.u. sempreché tale parere - per la sua formulazione - sia idoneo a supportare una concisa motivazione adesiva e sempreché tale motivazione non si risolva in una acritica ricezione del suddetto parere allorquando lo stesso sia stato posto in discussione con specifiche censure potenzialmente idonee ad incidere sulla soluzione della controversia. In tale ultimo caso, infatti, la motivazione della sentenza dovrà tenere conto dei rilievi della parte che siano pertinenti rispetto alla fattispecie esaminata dal c.t.u.

Cass. civ. n. 5777/1998

Rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito la valutazione dell'opportunità di disporre indagini tecniche suppletive o integrative di quelle già espletate, di sentire a chiarimenti il consulente tecnico di ufficio ovvero di disporre addirittura la rinnovazione delle indagini, con la nomina di altri consulenti, e l'esercizio di un tale potere (così come il mancato esercizio) non è censurabile in sede di legittimità (nella specie il giudice di appello aveva sentito a chiarimenti il consulente tecnico nominato dal giudice di primo grado, disattendendo la richiesta di una delle parti — che poi se ne era doluta in cassazione — di disporre una nuova consulenza medico-legale).

Cass. civ. n. 3240/1998

Il giudice di secondo grado, malgrado abbia disposto la rinnovazione della consulenza tecnica d'ufficio espletata in primo grado, può accogliere, in sede di decisione, le conclusioni di quest'ultima anziché della seconda consulenza, purché motivi le ragioni della scelta e contesti le argomentazioni della consulenza non accolta.

Cass. civ. n. 6559/1985

Una volta venuto meno il provvedimento di sostituzione del consulente tecnico in conseguenza della sua successiva revoca, ha luogo una integrale reintegrazione del consulente nelle funzioni a lui originariamente conferite, con conseguente riconoscimento della piena validità ed efficacia di tutta l'attività dal medesimo svolta nell'espletamento dell'incarico affidatogli, senza che possa distinguersi tra attività compiuta dal consulente tecnico anteriormente e posteriormente al provvedimento che dispone la sua sostituzione. Né la possibilità di revocare ex art. 177, secondo comma, c.p.c. il provvedimento di sostituzione del consulente, legittimandone così l'operato con effetto ex tunc, trova ostacolo nella circostanza che la parte, senza essere stata pregiudicata nell'esercizio del proprio diritto di difesa, abbia eccepito la «inammissibilità» della relazione peritale depositata dopo il provvedimento di sostituzione.

Cass. civ. n. 627/1984

Il giudice di appello ha il dovere di motivare dettagliatamente quando avverso la consulenza d'ufficio, che intenda condividere, siano state mosse dalle parti argomentazioni critiche, tali da determinare, ove fondate, un giudizio diverso dal parere espresso dal consulente, ma non quando disponga nuova consulenza tecnica, e le obiezioni e documentazioni siano state sottoposte ed esaminate dai periti, così nominati in secondo grado, ed egli non si discosti dalle loro conclusioni.

Cass. civ. n. 5888/1982

In tema di consulenza tecnica, è consentito al giudice del merito, quando, con apprezzamento insindacabile, lo ritenga utile ai fini della decisione, disporre l'integrazione delle indagini espletate con altri accertamenti, o addirittura la rinnovazione delle stesse con la nomina di altri consulenti, ma non il confronto tra i consulenti utilizzati, non previsto neanche come mera facoltà discrezionale del giudice dalle norme di rito (diversamente da quanto dispone l'art. 254 c.p.c. per i testimoni).

Cass. civ. n. 3166/1982

L'impossibilità di esecuzione dell'ordinanza, che abbia disposto la convocazione del consulente tecnico per chiarimenti, a causa della morte dello stesso, non impone al giudice di disporre una nuova consulenza poiché tale ordinanza può, come tutti i provvedimenti istruttori, essere revocata dallo stesso giudice, il quale — sia che constati la impossibilità di avere la presenza del consulente, sia che la ritenga non più necessaria — procede direttamente alla interpretazione ed alla valutazione della relazione tecnica.

Cass. civ. n. 2174/1982

Quando la parte solleciti un supplemento di consulenza tecnica o la richiesta di informazioni alla P.A., al fine di accertare un determinato fatto essenziale ai fini della decisione, il giudice del merito non può disattendere la relativa richiesta senza motivare il riguardo, soprattutto se l'istante versi nella obiettiva difficoltà di provare tale fatto, siccome terzo estraneo ad esso.

Hai un dubbio o un problema su questo argomento?

Scrivi alla nostra redazione giuridica

e ricevi la tua risposta entro 5 giorni a soli 29,90 €

Nel caso si necessiti di allegare documentazione o altro materiale informativo relativo al quesito posto, basterà seguire le indicazioni che verranno fornite via email una volta effettuato il pagamento.

SEI UN AVVOCATO?
AFFIDA A NOI LE TUE RICERCHE!

Sei un professionista e necessiti di una ricerca giuridica su questo articolo? Un cliente ti ha chiesto un parere su questo argomento o devi redigere un atto riguardante la materia?
Inviaci la tua richiesta e ottieni in tempi brevissimi quanto ti serve per lo svolgimento della tua attività professionale!

Consulenze legali
relative all'articolo 196 Codice di procedura civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Salvatore N. chiede
martedì 23/02/2016 - Campania
“Spett. studio Brocardi, il sottoscritto Ing. Natale Stefano, con la presente desidero avere risposta ai seguenti quesiti relativi alla propria causa di divisione con gli eredi e istruzioni su come comportarmi. Nella bozza di relazione tecnica elaborata, il ctu ha ignorato volutamente una parte consistente della massa ereditaria falsando il reale valore della massa stessa e quindi le quote da assegnare agli eredi. Tale cespite è costituito da un ramo di azienda della defunta madre costituito
in un centro di revisione autorizzato con regolare decreto del ministero dei trasporti ed intestato alla defunta che è stato attivo fino alla morte della titolare che secondo la logica ha lasciato a tutti gli eredi. Su questo centro, dal 2001 ad oggi, sono state scritte numerose pagine di verbali e consegnate al C.T.U., con anche copia della dichiarazione dei redditi, tuttavia nonostante aveva in
possesso questi documenti li ha ignorati del tutto e non ha valutato il valore di questo ramo di
azienda di proprietà della defunta. Nel 2001, siccome il sottoscritto, dopo aver svolto 23 anni di
lavoro continuativo con la titolare nel ruolo di collaboratore familiare come tecnico e responsabile
responsabile della sicurezza, in quanto unico abilitato. Essendo in procinto di abbandonare il lavoro di collaboratore familiare, come da direttiva del Ministero dei Trasporti prot.1616/4383 in cui si stabilisce che nel caso il collaboratore familiare decidesse di abbandonare il rapporto di lavoro a questi è riconosciuta una liquidazione in danaro, cosa che è stata fatta dal sottoscritto Natale Stefano e da Natale Pietro Giovanni che hanno sottoscritto con la titolare dell’impresa una somma in danaro da devolvere a chi esce dall’impresa familiare sottoscritto dalla titolare con firma autentica con allegata copia carta di identità relativamente al lavoro svolto. Nonostante ciò rimane sempre proprietario della sua quota di ramo di azienda dopo la dipartita della titolare, in qualità di erede, come di fatto è avvenuto. Vorrei sapere se il C.T.U. nonché il signor giudice devono attenersi a tale somma o possono variarlo. Inoltre la ditta trovandosi in difficoltà è stata finanziata dal sottoscritto con un versamento di euro 46.000 un anno prima della sua morte e di cui detengo regolare ricevuta di versamento sul cc della ditta e ho chiesto giustamente il dovuto rimborso in quanto nel frattempo il sottoscritto ha aperto altra attività diversa, ed anche questo finanziamento è stato ignorato dal C.T.U. senza ragione. Alla presente allego copia del decreto del Ministero dei Trasporti che non sta agli atti ma sta tutto verbalizzato. Avendo il giudice fissato la prossima udienza ad ottobre 2016 la richiesta al giudice della sostituzione del C.T.U. per gravi negligenze essendo questa solo un bozza, conviene inoltrarla adesso oppure aspettare Ottobre 2016 dopo che ha la perizia definitiva sia stata
depositata ed inoltrala direttamente al giudice tramite il legale e chiedere la sostituzione del ctu per grave negligenza oppure direttamente al C.T.U. dal sottoscritto facente funzioni di ctp per se e per un suo fratello anche se il termine per presentare le osservazioni alla bozza è scaduto. Distinti saluti.”
Consulenza legale i 03/03/2016
Con riferimento al quesito sottoposto alla Redazione giuridica di Brocardi, si rileva quanto segue.
Ai sensi dell'art. 789 del c.p.c., "il giudice istruttore predispone un progetto di divisione che deposita in cancelleria e fissa con decreto l'udienza di discussione del progetto, ordinando la comparizione dei condividenti e dei creditori intervenuti".
Inoltre, laddove il Giudice lo ritenga necessario, viene nominato un consulente tecnico affinché quest'ultimo proceda alla predisposizione del progetto di divisione (cfr. art. 194 del c.p.c.:"quando per la formazione della massa da dividersi e delle quote è necessaria l'opera di un esperto, questi è nominato, d'ufficio o su istanza del notaio o di uno degli interessati, dal giudice istruttore, che ne riceve il giuramento a norma dell'articolo 193 del codice").
Per quanto riguarda il primo quesito che viene formulato - ovvero l'ampiezza della discrezionalità del ctu nel determinare il valore dei beni in comunione e nel predisporre il conseguente progetto di divisione - si rileva che, ai sensi dell'art. 193 del c.p.c. "all'udienza di comparizione il giudice istruttore ricorda al consulente l'importanza delle funzioni che è chiamato ad adempiere, e ne riceve il giuramento di bene e fedelmente adempiere le funzioni affidategli al solo scopo di fare conoscere ai giudici la verità".
Ne consegue che il margine di discrezionalità del consulente nella valutazione del bene da dividere è determinato dalla responsabilità professionale di cui risponderebbe il tecnico in caso di gravi negligenze.
In ogni caso, la questione centrale sottesa al primo quesito formulato, attiene alla possibilità, da parte del giudice che abbia nominato un consulente, di discostarsi dalle conclusioni contenute nella relazione del consulente stesso.
La Giurisprudenza ha da tempo affermato che: "le valutazioni espresse dal consulente tecnico d'ufficio non hanno efficacia vincolante per il giudice e, tuttavia, egli può legittimamente disattenderle soltanto attraverso una valutazione critica, che sia ancorata alle risultanze processuali e risulti congruamente e logicamente motivata, dovendo il giudice indicare gli elementi di cui si è avvalso per ritenere erronei gli argomenti sui quali il consulente si è basato, ovvero gli elementi probatori, i criteri di valutazione e gli argomenti logico-giuridici per addivenire alla decisione contrastante con il parere del c.t.u." (a titolo meramente esemplificativo cfr. Cassazione civile, Sez. I, 3 marzo 2011, n. 5148).
Pertanto, il Giudice ben può discostarsi dalle valutazioni effettuate dal consulente tecnico, purché fornisca una motivazione di tale disaccordo.
Coerentemente con quanto ora affermato, laddove le parti contestino le conclusioni del ctu e prospettino conclusioni differenti, il giudice, deve necessariamente valutare tali eccezioni di parte e, nel caso in cui volesse comunque convenire con quanto affermato dal ctu, dovrebbe motivare tale decisione (a titolo meramente esemplificativo cfr. Cassazione civile, Sez. III, 19 giugno 2015, n. 1270: "il giudice del merito non è tenuto a fornire un'argomentata e dettagliata motivazione là dove aderisca alle elaborazioni del consulente ed esse non siano state contestate in modo specifico dalle parti, mentre ove siano state sollevate censure dettagliate e non generiche, ha l'obbligo di fornire una precisa risposta argomentativa correlata alle specifiche critiche sollevate, corredando con una più puntuale motivazione la propria scelta di aderire alle conclusioni del consulente d'ufficio").
In secondo luogo, viene richiesto se la istanza di sostituzione del ctu possa essere formulata prima che il ctu depositi la perizia definitiva (alla luce del fatto che le parti, allo stato, conoscono la bozza della perizia); inoltre viene richiesto se i consulenti tecnici di parte possano comunicare tale istanza direttamente al consulente tecnico d'ufficio.
Ai sensi dell'art. 196 del c.p.c. "il giudice ha sempre la facoltà di disporre la rinnovazione delle indagini e, per gravi motivi, la sostituzione del consulente tecnico".
Pertanto, in generale, stando al dettato letterale della norma ora richiamata, l'istanza nella quale si richiede la sostituzione del ctu, sembra potersi presentare nel corso delle operazioni peritali, purché però la stessa sia adeguatamente motivata in relazione alla sussistenza dei gravi motivi (cfr. Cassazione civile, Sez. Lav., 11 luglio 1981, n. 4527:"la sostituzione del consulente tecnico d'ufficio, nel corso delle operazioni peritali, è subordinata alla esistenza di gravi motivi".
Per quanto riguarda le modalità della proposizione della istanza, si esclude che il consulente tecnico di parte possa inviare tale istanza direttamente al consulente tecnico d'ufficio (che si ritiene non idoneo all'incarico); bensì, il legale della parte che si ritiene lesa, dovrà sottoscrivere tale istanza e depositarla in giudizio.
Si potrebbe richiedere altresì la rinnovazione delle operazioni peritali (ai sensi dell'art. 196 del c.p.c.), con riferimento alla quale la sentenza della Cassazione civile, Sez. Lav., 11 luglio 1981, n. 4527, ha affermato che:"rientra nel potere discrezionale del giudice del merito il quale può sempre disporla - a mezzo dello stesso o di altro ausiliare - qualora reputi inidonei o insufficienti i risultati del primo elaborato".
Per concludere, si ritiene opportuno affermare che, indipendentemente dalla presentazione della istanza di sostituzione del ctu e/o di rinnovazione della perizia, è fondamentale la contestazione puntuale, nel merito, delle risultanze della ctu.
Infatti, nella prassi processuale, la sostituzione del consulente tecnico di ufficio e la rinnovazione della perizia, non risultano essere molto frequenti (cfr. Cassazione civile, Sez. Lav., 1 agosto 2013, n. 18410:"il giudice di merito, ove intenda disporre una nuova consulenza tecnica d'ufficio, è tenuto a motivare adeguatamente - in base ad idonei elementi istruttori o cognizioni proprie, eventualmente integrati da presunzioni e da nozioni di comune esperienza - le ragioni che lo conducono ad ignorare o sminuire i dati risultanti dalla relazione del CTU già in atti, rispondendo tale esigenza a ragioni di economia processuale e dei costi del giudizio, oltre al rispetto del canone della ragionevole durata del processo, per la cui valutazione si tiene conto anche dei tempi necessari per l'espletamento della consulenza tecnica d'ufficio, che non possono risultare sprecati").