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Articolo 819 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Questioni incidentali

Dispositivo dell'art. 819 Codice di procedura civile

Gli arbitri risolvono senza autorità di giudicato tutte le questioni rilevanti per la decisione della controversia, anche se vertono su materie che non possono essere oggetto di convenzione di arbitrato, salvo che debbano essere decise con efficacia di giudicato per legge(1).

Su domanda di parte, le questioni pregiudiziali sono decise con efficacia di giudicato se vertono su materie che possono essere oggetto di convenzione di arbitrato(2)(3). Se tali questioni non sono comprese nella convenzione di arbitrato, la decisione con efficacia di giudicato è subordinata alla richiesta di tutte le parti.

Note

(1) La norma in analisi contempla in maniera esclusiva le sole questioni pregiudiziali di merito sorte nel corso del procedura, disponendo che gli arbitri risolvano senza autorità di giudicato tutte le questioni rilevanti ai fini della definizione della controversia.
(2) La disposizione esclude però che gli arbitri decidano le questioni pregiudiziali che per legge debbano essere decise con efficacia di giudicato. In tali casi, infatti, si prevede la sospensione del procedimento arbitrale che avviene con ordinanza irrevocabile e decorre dalla data di sottoscrizione di quest'ultima fino alla notifica ad opera della parte più diligente, agli arbitri, della sentenza passata in giudicato che ha deciso sulla questione pregiudiziale.
(3) Nel caso in cui gli arbitri decidano su materia pregiudiziale loro vietata a differenza di sospendere il procedimento arbitrale, l'eventuale pronuncia del lodo è affetta da nullità.

Spiegazione dell'art. 819 Codice di procedura civile

Gli arbitri risolvono, senza autorità di giudicato, tutte le questioni rilevanti per la decisione della controversia, anche se vertono su materie non arbitrabili, ad eccezione dell’ipotesi in cui si tratti di questioni che per legge devono essere decise con autorità di giudicato; in quest’ultimo caso, infatti, è prevista e disciplinata la sospensione del procedimento arbitrale ex art. 819 bis del c.p.c., con la conseguenza che la questione pregiudiziale non compromettibile deve necessariamente essere trasformata in causa pregiudiziale, fuori dall'arbitrato.

Come emerge dalla stessa lettera della legge, l'ambito di applicazione di questa norma è limitato al merito della controversia e sembrerebbe riferirsi anche a quelle questioni preliminari di merito che possono sì portare ad una autonoma decisione e incidere sulla soluzione della lite, ma che non hanno la capacità di investire l'intera materia del contendere di un autonomo giudizio.
Su tali questioni, gli arbitri potranno pronunciare in via principale, con efficacia di giudicato, soltanto se vertano su materie che possano essere oggetto di convenzione arbitrale.

La prima condizione posta per la decisione da parte degli arbitri della questione pregiudiziale, dunque, è che la stessa verta su materie compromettibili.
La seconda condizione prevede la richiesta di tutte le parti, se tali questioni non sono comprese nella convenzione di arbitrato; la richiesta di tutte le parti deve intendersi come manifestazione di una nuova volontà compromissoria, alla quale gli arbitri, già designati, rimangono estranei.

Deve evidenziarsi che la previsione della concorde volontà di tutte le parti trova giustificazione nel fatto che l'iniziativa unilaterale tendente ad estendere l'accertamento demandato agli arbitri a diritti o rapporti, ab origine non concordemente individuati, violerebbe il patto compromissorio ed il principio di parità delle armi.

Ci si è chiesti se, trattandosi di un'ipotesi di allargamento del processo, cui consegue un ampliamento della prestazione contrattuale degli arbitri, non debba ritenersi necessario, pur nel silenzio del legislatore, anche l'accordo degli stessi arbitri.
Sembra preferibile la tesi che esclude la necessarietà del consenso degli arbitri, argomentandosi dal rilievo che, in caso contrario, si dovrebbe ammettere che tale consenso occorra per la decisione di ogni pregiudiziale, anche se incidenter tantum.

Qualora la situazione giuridica pregiudiziale, da decidersi con autorità di giudicato, sia attribuita alla giurisdizione civile o a quella amministrativa, si ritiene che possa trovare applicazione il disposto di cui al secondo comma dell’art. 819 bis del c.p.c..
Entro il termine di novanta giorni dall'ordinanza di sospensione la parte, che abbia interesse a mantenere in vita il giudizio arbitrale, deve depositare copia autentica dell'atto introduttivo di tale processo; in caso contrario il processo arbitrale si estingue.

Massime relative all'art. 819 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 11271/2012

Il lodo arbitrale che omette di decidere su una questione (concernente, nella specie, l'eccezione del convenuto di pagamento del corrispettivo dell'appalto ad una societā di cui il creditore era socio), non esorbitante dai limiti della convenzione arbitrale e suscettibile di essere decisa incidentalmente e senza efficacia di giudicato, ai sensi dell'art. 819 c.p.c., č nullo in quanto affetto da "error in procedendo".

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Consulenze legali
relative all'articolo 819 Codice di procedura civile

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Sofia A. chiede
venerdė 01/11/2019 - Lombardia
“Con contratto di appalto ho affidato ad una impresa edile la ristrutturazione di un immobile. Il contratto prevede il lodo arbitrale per il quale sono in corso la nomina degli arbitri.
Nel fase di ricognizione dei fatti sono emerse responsabilità penali (truffa) nei confronti dell'impresa edile e del direttore dei lavori con danni superiori a quanto conteso nel lodo arbitrale.
Si può sospendere il lodo arbitrale? Come si può procedere per il risarcimento del danno? E' necessario far precedere il processo penale?”
Consulenza legale i 25/11/2019
Il parere riguarda il complesso tema dei rapporti tra azione civile e azione civile proposta nel procedimento penale.

Per comprendere il tutto, bisogna innanzi tutto capire attraverso quali strumenti il soggetto leso da un illecito penale può essere ristorato dai danni subiti.

Il primo modo è, chiaramente, l’esercizio di un’azione civile a ciò finalizzata.
Il secondo modo, invece, è la costituzione di parte civile nel processo penale regolata dagli artt. 74 e seguenti del codice di procedura penale. Attraverso la costituzione predetta, in parole semplici, il soggetto danneggiato può esperire l’azione civile nell’ambito del procedimento penale che ha ad oggetto i fatti di reato a seguito dei quali si ritiene si sia verificato il danno, e ottenere la condanna dell’imputato anche al risarcimento.

Ovviamente, però, il legislatore ha voluto evitare una moltiplicazione ingiustificata delle azioni civili (a prescindere dal fatto che siano effettuate nell’ambito di un apposito giudizio civile o nell’ambito del procedimento penale) e, attraverso l’art. 75 del codice di rito, ha disposto un’apposita regolamentazione dei rapporti tra azione civile e azione penale.

Per quanto di interesse, rileva in particolare il comma 3 dell’art. 75 stando al quale l’azione civile è sospesa solo allorché la stessa sia esercitata dopo la costituzione di parte civile ovvero dopo la sentenza penale di primo grado. Tale articolo è richiamato dalla disposizione di cui all’ 819 bis del codice di procedura civile che, a sua volta, afferma che il procedimento arbitrale è sospeso, tra gli altri, nel caso previsto dal comma terzo dell’art. 75 c.p.p.

Arrivando al caso in esame, dunque, è possibile concludere che, non essendo stata esercitata l’azione civile in sede penale (anzi, non v’è ancora un procedimento penale) il lodo arbitrale non può essere sospeso ai sensi del primo comma, n. 1) dell’art. 819 bis c.p.c.

Sul fronte penale, invece, la strada è univoca: qualora si desideri che il colpevole sia punito penalmente per la truffa commessa e che l’azione civile venga traslata nel processo penale, bisogna procedere col denunciare i fatti alla Procura della Repubblica competente e, una volta sorto il procedimento penale, costituirsi parte civile.

Si fa inoltre presente quanto segue. Dal tenore del parere sembra evincersi che l'arbitrato sia conseguito ad un'apposita clausola contrattuale (di frequente applicazione) che devolve al lodo arbitrale le controversie nascenti dall'esecuzione del negozio giuridico stipulato.

Orbene, laddove, nel corso dell'arbitrato, dovesse emergere che l'oggetto del giudizio del lodo dipende dalla risoluzione di una questione penale, allora può avere luogo la sospensione. Sul punto, si veda Cass. civ. Sez. I, 04/07/2000, n. 8936 stando alla quale “nel giudizio arbitrale, gli arbitri, quando rilevano che la soluzione di una questione ad essi deferita dipenda dall'accertamento ad opera del giudice penale di un fatto costituente reato, possono sospendere il giudizio arbitrale ai sensi dell'art. 295 c.p.c. (non dell'art. 819 c.p.c., che contempla le questioni incidentali civili o amministrative). Contro il provvedimento di sospensione, sia esso emesso autonomamente o sia emesso nel lodo con il quale gli arbitri risolvano parzialmente la controversia, non è ammessa l'istanza di regolamento di competenza, che l'art. 42 c.p.c. (nel coordinato disposto con l'art. 295 c.p.c.) riserva (con una ragionevole scelta legislativa, immune da sospetti di incostituzionalità) al solo giudizio ordinario”.

Se, dunque, nel caso di specie, nel corso dell’arbitrato dovesse emergere che l’oggetto del contendere potrebbe essere sussunto nell’alveo di una fattispecie penale, allora la sospensione può avere luogo al fine di fare chiarezza sul tema penale rispetto al quale si richiamano le considerazione sopra esposte.

In ogni caso, vista la particolare delicatezza della questione e la non semplice interpretazione della normativa in merito, si consiglia di interpellare un buon penalista che, conosciuta anche nel dettaglio la vicenda fattuale, possa consigliare la miglior strategia da intraprendere.