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Articolo 785 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Pronuncia sulla domanda di divisione

Dispositivo dell'art. 785 Codice di procedura civile

Se non sorgono contestazioni sul diritto alla divisione, essa è disposta con ordinanza del giudice istruttore (1); altrimenti questi provvede a norma dell'articolo 187 (2) (3).

Note

(1) Nella prima ipotesi descritta dalla norma, ovvero nel caso in cui non sorgano contestazioni sul diritto alla divisione, o meglio sulla qualità di condividente dell'attore, il giudice dispone con ordinanza la divisione dei beni. Si precisa che le operazioni di divisione possono essere effettuate direttamente dal giudice o da un notaio nominato dal giudice anche senza il consenso delle parti.
(2) Nell'ipotesi in cui sorgano questioni pregiudiziali all'attuazione della divisione, il giudice istruttore rimette la causa in decisione e risolve tali questioni preliminari con sentenza non definitiva di accertamento del diritto alla divisione (pronuncia sull'an) proseguendo con apposita ordinanza, poi, il giudizio limitatamente alla determinazione delle quote spettanti ai singoli condividenti (pronuncia sul quantum). La sentenza di cui sopra risulta può essere impugnata immediatamente o può essere oggetto di riserva di impugnazione ex art. 340.
(3) Anche nel caso in cui non sorgano contestazioni, l'art. 187 del c.p.c. trova applicazione quando una delle parti faccia espressa richiesta di una sentenza di accertamento del suo diritto.

Spiegazione dell'art. 785 Codice di procedura civile

La norma in esame si occupa del caso in cui si agisca in giudizio per chiedere sia l'accertamento del diritto alla divisione che la determinazione del suo contenuto in relazione ai singoli condividenti.
Qualora l'attore intenda limitarsi a chiedere l'accertamento del diritto alla divisione ci si trova al di fuori dalla disciplina in esame, il che comporta che la causa andrà istruita in via ordinaria e la pronuncia sul fondamento del diritto alla divisione passata in giudicato sarà vincolante nell'eventuale giudizio relativo allo svolgimento delle operazioni divisorie.

Due sono le fasi principali in cui si articola il processo:
  1. la prima fase, quella prevista dalla norma in esame, tende a verificare il fondamento del diritto di ciascuna parte in causa, nella qualità di comunista, a conseguire la divisione;
  2. la seconda fase è quella disciplinata dall'art. 789 del c.p.c., ed è volta all'attuazione di tale diritto attraverso la formazione delle porzioni corrispondenti alle quote dei singoli comunisti e la loro attribuzione.

Le altre fasi (come quella relativa alla vendita di cose mobili o immobili o all'estrazione a sorte dei lotti), pur essendo caratteristiche di tale giudizio, sono solo eventuali, così come possono aversi vicende proprie degli ordinari giudizi di cognizione, come la resa di conto dell'amministrazione della cosa comune.

In mancanza di contestazioni il giudice istruttore dispone con ordinanza, mentre nel caso in cui insorgano contestazioni la causa è rimessa in decisione e il giudice, previa eventuale istruttoria, si pronuncia con sentenza.
Pertanto, qualora non vi siano contestazioni sul diritto alla divisione, sulle porzioni spettanti ai condividenti e sull'attribuzione delle singole quote, il processo giunge al termine, sollecitamente, senza alcuna sentenza e viene ad essere scandito da due ordinanze, pronunciate dal giudice istruttore, ossia quella che dispone la divisione (di cui alla norma in esame, la quale ha natura strumentale) e quella che dichiara esecutivo il progetto di divisione (di cui al comma 3 dell’art. 789 del c.p.c., dalla quale consegue l’effetto divisorio).

Si suole generalmente distinguere tra l'ipotesi in cui tutti i condividenti comparsi si accordino per procedere alle operazioni divisorie (in questo caso la relativa ordinanza, poiché verte su diritti disponibili, non sarebbe revocabile, salvo che sopravvenga un contrario accordo delle parti stesse), dall'ipotesi in cui vi sia solo un difetto di contestazione (che comprende anche la contumacia di uno dei condividenti e la mancata comparizione di una delle parti costituitasi), nel qual caso l'ordinanza sarebbe revocabile e modificabile (la contestazione postuma sul diritto alla divisione comporta la sospensione delle operazioni avviate e la rimessione della causa al collegio).

Se uno dei condividenti solleva una contestazione il giudice, previa eventuale istruttoria, invita le parti a precisare le conclusioni, rimette la causa in decisione e si pronuncia con sentenza secondo le regole ordinarie.
Poiché il legislatore non specifica l'ambito della "contestazione", si ritiene che ad essa debbano ricondursi una pluralità di distinte situazioni, che vanno dalla mera contestazione (come quella sull'opportunità di procedere alla divisione), alla proposizione di eccezioni (quale quella di prescrizione del diritto di accettazione dell'eredità da parte di uno dei condividenti), alla proposizione di domande diverse dalla divisione, ma destinate ad influire sulla ripartizione e sulla formazione della massa attiva.

In particolare, si ritiene che nella contestazione vi si debba far rientrare il rilievo di circostanze impeditive dello scioglimento, come ad esempio il divieto di procedere alla divisione prima del decorso di un anno dalla maggiore età dell'ultimo nato ovvero la presenza di quel patto tra i condividenti di rimanere in comunione per un periodo non superiore a dieci anni di cui al secondo comma dell’art. 1111 del c.c..
La sentenza che esclude la sussistenza del diritto alla divisione avrà indubbiamente carattere definitivo.

Anche in dottrina è stato affrontato il problema delle sentenze emesse nel corso del giudizio divisorio e che attengono a domande cumulate a quella di divisione ma da essa distinte, e dunque proponibili in un separato giudizio (è questo, ad esempio, il caso delle domande che attengono alla determinazione della consistenza del patrimonio da dividere, quali collazione, impugnazione del testamento, azioni di validità o di rescissione di accordi divisori).
Secondo parte della dottrina non si tratta di difese rispetto alla domanda di divisione, ma di azioni di cognizione ordinaria trapiantate nel giudizio di divisione per mere ragioni di opportunità, le quali sono dotate di autonomia sotto il profilo processuale, che possono sfociare in sentenze definitive immediatamente impugnabili.
Altra parte della dottrina, invece, evidenzia il carattere della non definitività di ogni sentenza emessa nel corso del giudizio divisorio.

Un aspetto particolare è quello che riguarda le eventuali sopravvenienze che possono presentarsi successivamente al passaggio in giudicato delle sentenze non definitive (quali la scoperta di un altro condividente o di nuovi beni da inserire nella massa attiva, ovvero il mutamento del valore dei beni), per la quali la giurisprudenza è orientata nel senso che di esse il giudice debba tener conto nel prosieguo delle operazioni.

Massime relative all'art. 785 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 20383/2019

In sede di divisione, il valore dei beni si determina con riferimento ai prezzi di mercato correnti al tempo della decisione della causa e deve essere, conseguentemente, aggiornato d'ufficio anche in appello in ragione delle fluttuazioni dello specifico settore.

Cass. civ. n. 15926/2019

Il giudizio di scioglimento di comunioni non è del tutto compatibile con le scansioni e le preclusioni che disciplinano il processo in generale, intraprendendo i singoli condividenti le loro strategie difensive anche all'esito delle richieste e dei comportamenti assunti dalle altre parti con riferimento al progetto di divisione ed acquisendo rilievo gli eventuali sopravvenuti atti negoziali traslativi, che modifichino il numero e l'entità delle quote; ne deriva il diritto delle parti del giudizio divisorio di modificare, anche in sede di appello (nella specie, all'udienza di precisazione delle conclusioni), le proprie conclusioni e richiedere per la prima volta l'attribuzione, per intero o congiunta, del compendio immobiliare, integrando tale istanza una mera modalità di attuazione della divisione.

Cass. civ. n. 8400/2019

In tema di scioglimento giudiziale della comunione, qualora sia assegnato ad un condividente un bene di valore superiore alla sua quota, ma i conguagli da versare agli altri comunisti siano rideterminati, in riforma della pronuncia di primo grado, dalla sentenza di appello, gli interessi corrispettivi sulle somme liquidate decorrono soltanto dalla data di quest'ultima pronuncia, che pone nel nulla quella di primo grado ex art. 336 c.p.c. e segna la nascita del relativo credito.

Cass. civ. n. 3497/2019

Nel giudizio di divisione, l'istanza di attribuzione di un bene immobile indivisibile ex art. 720 c.c. costituisce una modalità attuativa della divisione, risolventesi nella mera specificazione della domanda di scioglimento della comunione, sicché, non essendo domanda ma eccezione, può essere formulata o essere oggetto di rinuncia anche in grado d'appello. (Nella specie, il giudice d'appello aveva invece ritenuto inammissibile la domanda di vendita proposta in secondo grado, in quanto quella di assegnazione avanzata in prime cure e accolta dal giudice non era stata fatta oggetto di impugnazione ed era perciò passata in giudicato).

Cass. civ. n. 2537/2019

In tema di scioglimento della comunione mediante assegnazione ex art. 720 c.c. con determinazione di (o condanna al) conguaglio a carico dell'assegnatario, quest'ultimo capo di sentenza non è suscettibile di esecuzione provvisoria ex art. 282 c.p.c. e, quindi, di essere azionato come titolo esecutivo prima del passaggio in giudicato della statuizione sull'assegnazione, che ha natura costitutiva, in quanto ad essa legato da nesso di corrispettività ancorché non di stretta sinallagmaticità.

Cass. civ. n. 13205/2017

In tema di giudizio divisorio, non sussiste alcuna nullità della divisione disposta dal tribunale con sentenza anziché dal giudice istruttore con ordinanza, pur non essendo state sollevate contestazioni in ordine al diritto di divisione ed all'attribuzione delle quote secondo il progetto predisposto dal consulente tecnico.

Cass. civ. n. 15288/2014

In tema di divisione ereditaria, la determinazione del conguaglio in denaro, ai sensi dell'art. 728 cod. civ., prescinde dalla domanda di parte, concernendo l'attuazione del progetto divisionale, che appartiene alla competenza del giudice. Ne consegue che il giudice deve procedere d'ufficio alla rivalutazione del conguaglio, qualora vi sia stata un'apprezzabile lievitazione del prezzo di mercato del bene, tale da alterare la funzione di riequilibrio propria del conguaglio, spettando alla parte un mero onere di allegazione, finalizzato a sollecitare l'esercizio del potere officioso del giudice.

Cass. civ. n. 11641/2010

Nell'esercizio del potere di attribuzione dell'immobile ritenuto non comodamente divisibile, il giudice non trova alcun limite nelle disposizioni dettate dall'art. 720 c.c., da cui gli deriva, al contrario, un potere prettamente discrezionale nella scelta del condividente cui assegnarlo, potere che trova il suo temperamento esclusivamente nell'obbligo di indicare i motivi in base ai quali ha ritenuto di dover dare la preferenza all'uno piuttosto che all'altro degli aspiranti all'assegnazione (così esaminando i contrapposti interessi dei condividenti in proposito), e si risolve in un tipico apprezzamento di fatto, sottratto come tale al sindacato di legittimità, a condizione che sia adeguatamente e logicamente motivato.

Cass. civ. n. 10624/2010

In tema di giudizio di divisione, la richiesta di attribuzione dell'intero compendio immobiliare ai sensi dell'art. 720 c.c. attiene alle modalità di attuazione della divisione e, pertanto, essendo diretta al già richiesto scioglimento della comunione, non costituisce domanda nuova e può essere proposta per la prima volta anche in appello; ove, peraltro, nel giudizio di primo grado una delle parti abbia formulato domanda di attribuzione dell'intero compendio, mentre l'altra si è limitata ad opporsi alla divisione, quest'ultima non può più proporre la domanda di attribuzione per la prima volta in grado di appello.

Cass. civ. n. 4757/2010

Il passaggio in giudicato della sentenza di separazione giudiziale (o l'omologazione di quella consensuale), che rappresenta il fatto costitutivo del diritto ad ottenere lo scioglimento della comunione legale dei beni, non è condizione di procedibilità della domanda giudiziale di scioglimento della comunione legale e di divisione dei beni, ma condizione dell'azione. Conseguentemente, la domanda è proponibile nelle more del giudizio di separazione personale, essendo sufficiente che la suddetta condizione sussista al momento della pronuncia.

Cass. civ. n. 9659/2000

Il principio della natura dichiarativa della sentenza di divisione opera esclusivamente in riferimento all'effetto distributivo, per cui ciascun condividente è considerato titolare, sin dal momento dell'apertura della successione, dei soli beni concretamente assegnatigli e a condizione che si abbia una distribuzione dei beni comuni tra i condividenti e le porzioni a ciascuno attribuite siano proporzionali alle rispettive quote; non opera invece, e la sentenza produce effetti costitutivi, quando ad un condividente sono assegnati beni in eccedenza rispetto alla sua quota, in quanto rientranti nell'altrui quota.

Cass. civ. n. 12949/1999

Nei giudizi di divisione vanno poste a carico della massa le spese che sono servite a condurre nel comune interesse il giudizio alla sua conclusione, mentre valgono i principi generali sulla soccombenza per quelle spese che, secondo il prudente apprezzamento del giudice di merito, sono state necessitate da eccessive pretese o da inutili resistenze, cioè dall'ingiustificato comportamento della parte.

Cass. civ. n. 11293/1998

Il giudizio di divisione ereditaria, pur potendo presentare una molteplicità di fasi per la risoluzione delle varie controversie che possono sorgere tra i condividenti, presenta, tuttavia, un carattere unitario, e deve quindi, considerarsi un processo unico avente per oggetto l'accertamento sul diritto di ciascun condividente ad una quota ideale dell'asse ereditario e la sua trasformazione in un diritto di proprietà esclusiva su una corrispondente porzione di beni. Pertanto, finché tali scopi non siano stati integralmente raggiunti, le eventuali sentenze che concludono le singole fasi hanno solo carattere strumentale, e non possono considerarsi definitive rispetto al giudizio nel suo complesso. Ciò, tuttavia, non esclude che, in presenza di riserva di gravame avverso la sentenza che ha chiuso davanti al giudice di primo grado la prima fase, quella di accertamento del diritto alla divisione senza che sia sospeso il giudizio di secondo grado sulla seconda fase, quella di determinazione ed attribuzione delle quote, il giudice possa dichiarare esecutivo il progetto di divisione non contestato. Ed infatti, la riserva di gravame (che peraltro, può non essere coltivata) incide sul diritto alla divisione e non sulla concreta determinazione ed attribuzione delle quote, sicché, ove su quest'ultima non siano sorte contestazioni, il progetto va dichiarato esecutivo con ordinanza, che non può essere impugnata per cassazione.

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