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Articolo 63 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Obbligo di assumere l'incarico e ricusazione del consulente

Dispositivo dell'art. 63 Codice di procedura civile

Il consulente scelto tra gli iscritti in un albo ha l'obbligo di prestare il suo ufficio, tranne che il giudice riconosca che ricorre un giusto motivo di astensione [192]. (1).

Il consulente può essere ricusato dalle parti per i motivi indicati nell'articolo 51 (2).

Della ricusazione del consulente conosce il giudice che l'ha nominato [disp. att. 89].

Note

(1) La norma va letta unitamente al disposto di cui all'art. 51 del c.p.c., con la conseguenza che l'obbligo di astensione del consulente tecnico e la possibilità della sua ricusazione sussistono nella sola ipotesi in cui il consulente abbia già prestato assistenza come tale in altro grado del processo, al fine di garantire che il nuovo accertamento avvenga senza preconcetti o altri condizionamenti, in una condizione di oggettiva imparzialità.
(2) Per ciò che concerne l'ipotesi in cui il consulente tecnico non si sia astenuto nonostante la presenza di una delle cause di astensione obbligatoria di cui all'art. 51 del c.p.c., le parti possono proporre istanza di ricusazione nei modi e nelle forme previste dall'art. 192 del c.p.c.. Infatti, in caso di mancata presentazione dell'istanza di ricusazione entro il termine di cui alla predetta norma resta preclusa alle parti la possibilità di far valere successivamente la situazione di incompatibilità, le quali non potranno nemmeno proporre ricorso per cassazione.

Ratio Legis

La norma in esame individua l'obbligo per il ctu di svolgere le indagini richieste dal giudice, eccezione fatta nel caso in cui il giudice riconosca la sussistenza di un giusto motivo di astensione. Invero, la natura giuridica di organo ausiliario del giudice giustifica l'applicazione degli istituti dell'astensione e della ricusazione al consulente tecnico: anche lui deve poter svolgere la sua attività di valutazione tecnica in condizione di assoluta serenità ed imparzialità.

Spiegazione dell'art. 63 Codice di procedura civile

Nel momento in cui il consulente viene scelto tra coloro che risultano iscritti al relativo albo, sullo stesso incombe l’obbligo di compiere gli atti per i quali gli viene conferito l’ incarico, a meno che egli non faccia presente al giudice che sussistono dei motivi per i quali preferirebbe astenersi.
Sarà il giudice a valutare l’esistenza e la gravità di tali motivi e così a decidere se acconsentire o meno all’astensione.

Il secondo comma della norma prevede per il consulente la ricusazione per gli stessi casi in cui è prevista per il giudice, essendo a tal fine richiamati gli stessi motivi di cui all’art. 51 del c.p.c..
Il compito di valutare se sussiste o meno l’esigenza di ricusare il consulente viene affidato allo stesso giudice che lo ha nominato.
Entro il termine stabilito dalla legge (termine che secondo un costante orientamento della giurisprudenza di legittimità viene ritenuto perentorio), le parti possono proporre istanza di ricusazione, depositando in cancelleria il ricorso al giudice istruttore (l'art. 192 del c.p.c. dispone che sia l’istanza di astensione che quella di ricusazione debbono essere proposte almeno tre giorni prima dell’udienza di comparizione).
Trascorso tale termine, viene preclusa in modo definitivo la possibilità di far valere la situazione di incompatibilità, con la conseguenza che la consulenza rimane ritualmente acquisita al processo e le eventuali cause di incompatibilità del CTU non potranno essere dedotte neppure nel successivo giudizio di legittimità.

I motivi di ricusazione vengono prospettati al giudice al fine di porre lo stesso in condizione di valutare, ex art. 196 del c.p.c., l’esistenza di gravi ragioni che giustifichino un provvedimento di sostituzione.
Tale valutazione va compiuta in concreto e, poiché rientra nell’apprezzamento del giudice del merito, è insindacabile in cassazione.
Con particolare riferimento all’ipotesi di ricusazione di cui al n. 4 dell’art. 51 cpc, è stato affermato in giurisprudenza che l’obbligo di astensione del consulente e la possibilità della sua ricusazione sussistono per il solo fatto che egli abbia già prestato assistenza in tale veste in altro grado del processo, indipendentemente dalla identità o meno dell’oggetto dell’indagine che gli è stata affidata, in quanto si intendono in questo modo creare le condizioni migliori affinchè il nuovo accertamento venga effettuato senza alcuna forma di condizionamento, anche soltanto indiretto.

E’ stato anche precisato che il consulente può essere ricusato soltanto nei casi in cui sarebbe obbligatoria la sua astensione, affermandosi che, sebbene il secondo comma della norma in esame richiami l’intero art. 51 c.p.c., il richiamo deve intendersi limitato soltanto ai motivi di ricusazione, ossia soltanto a quelli indicati al comma 1; ciò lo si può desumere anche argomentando dall’art. 52 del c.p.c., che prevede come motivi di ricusazione del giudice gli stessi motivi in cui egli ha l’obbligo (e non la sola facoltà) di astenersi.

Occorre infine evidenziare che, anche nel caso in cui il CTU si avvalga della prestazione d’opera di altro ausiliario ex art. 56 comma 3 del DPR 115/2002, nei riguardi di quest’ultimo si applica il principio secondo cui, in caso di violazione dell’obbligo di astensione derivante dal combinato disposto degli artt. 51 e 63 c.p.c., la parte che ne ha interesse dovrà pur sempre proporre istanza di ricusazione entro il termine fissato dall’art. 192 c.p.c.; in difetto di ciò gli sarà preclusa la possibilità di far valere successivamente tale situazione di incompatibilità.

Massime relative all'art. 63 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 28103/2018

L'art. 192, comma 2, c.p.c., nel prevedere che l'istanza di ricusazione del consulente tecnico d'ufficio deve essere presentata con apposito ricorso depositato in cancelleria almeno tre giorni prima dell'udienza di comparizione, preclude definitivamente la possibilità di far valere successivamente la situazione di incompatibilità, con la conseguenza che la consulenza rimane ritualmente acquisita al processo. A tale principio non è consentita deroga per l'ipotesi in cui la parte venga a conoscenza soltanto in seguito della situazione di incompatibilità, poiché, in questo caso, è possibile esclusivamente prospettare le ragioni che giustificano un provvedimento di sostituzione affinché il giudice, se lo ritenga, si avvalga dei poteri conferiti dall'art. 196 c.p.c., spettando, comunque, all'ausiliario il compenso per l'attività svolta. (Rigetta, TRIBUNALE SIRACUSA, 04/10/2013).

Cass. civ. n. 9968/2016

Nell'ipotesi in cui il consulente tecnico d'ufficio si avvalga della prestazione d'opera di altro ausiliario ex art. 56, comma 3, del d.P.R. n. 115 del 2002, anche nei riguardi di quest'ultimo trova applicazione il principio secondo cui, in caso di violazione dell'obbligo di astensione derivante dagli art. 51 e 63 c.p.c., la parte interessata deve proporre istanza di ricusazione nei modi e nei termini previsti dall'art. 192 c.p.c., restandole, in difetto, preclusa la possibilità di far valere successivamente la detta situazione di incompatibilità. (Cassa con rinvio, App. Brescia, 10/02/2011).

Cass. civ. n. 13667/2004

La terzietà-imparzialità del consulente tecnico d'ufficio significa che il consulente non deve essere legato a nessuna delle parti del processo, analogamente a quanto è prescritto per il giudice. Tale imparzialità è garantita dalla legge sotto un duplice profilo: innanzitutto, con il demandarne la nomina al giudice, organo per il quale l'imparzialità è autonomamente e preliminarmente prescritta; e, in secondo luogo, con la previsione, anche per il consulente tecnico, degli istituti dell'astensione e della ricusazione. (Nell'enunciare il principio di cui in massima, la S.C. ha rigettato il motivo di ricorso con cui si censurava la sentenza per l'avvenuta nomina, da parte della Corte d'appello nel giudizio di determinazione dell'indennità di espropriazione, di un consulente singolo in luogo di tre periti, richiesti dalla parte).

Cass. civ. n. 3364/2001

Nel caso in cui il consulente tecnico d'ufficio nominato dal giudice di secondo grado non abbia osservato l'obbligo di astensione a lui derivante, ai sensi del combinato disposto degli artt. 63 e 51 n. 4 c.p.c., dall'avvenuto svolgimento del medesimo ufficio nel giudizio di primo grado, la parte interessata deve proporre istanza di ricusazione nei modi e nei termini previsti dall'art. 192 c.p.c., restandole, in difetto, preclusa la possibilità di far valere successivamente la detta situazione di incompatibilità.

Cass. civ. n. 3835/1994

Per il combinato disposto degli artt. 51, n. 4 e 63, secondo comma, c.p.c., l'obbligo di astensione del consulente tecnico e la possibilità della sua ricusazione sussistono per il solo fatto che egli abbia già prestato assistenza in tale veste in altro grado del processo, indipendentemente dall'identità o meno dell'oggetto dell'indagine commessagli, mirando la norma a creare le condizioni migliori perché il nuovo accertamento venga effettuato senza preconcetti e condizionamenti di sorta, anche soltanto indiretti, in una situazione di oggettività ed imparzialità. La cennata ipotesi di astensione obbligatoria ricorre anche nel caso in cui il giudizio successivo sia quello di rinvio, poiché avuto riguardo all'interesse sostanziale tutelato, nessuna differenza sussiste tra il caso in cui il consulente abbia prestato assistenza in gradi diversi dello stesso giudizio, ovvero in successivi distinti giudizi di grado pari, tenuto conto altresì che nell'ipotesi di rinvio conseguente ad un annullamento per i motivi di cui all'art. 360 nn. 3 e 5, il giudizio di rinvio diversamente da quanto accade nell'ipotesi di error in procedendo con rinvio, cosiddetto restitutorio od improprio al medesimo giudice che ha pronunciato la sentenza cassata, si configura come un grado diverso ed autonomo da quello concluso con detta sentenza.

Cass. civ. n. 7770/200

La causa d'incompatibilità del consulente d'ufficio, fondata sulla nomina del medesimo ausiliare in primo e secondo grado, non può essere fatta valere in sede di giudizio di legittimità se non sia stata tempestivamente denunciata con richiesta di ricusazione formulata ai sensi dell'art. 192 c.p.c. Tale formale istanza non è equiparabile alla richiesta di revoca e sostituzione del consulente per motivi di opportunità, ancorché formulata, con generico richiamo all'art. 51 cod. proc.civ., nel corso del giudizio di secondo grado, e l'ordinanza di rigetto non è, conseguentemente, censurabile con ricorso per cassazione per vizio di motivazione.

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Consulenze legali
relative all'articolo 63 Codice di procedura civile

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Mario P. chiede
sabato 18/11/2017 - Campania
“L'attività di medico-fiscale per conto INPS è compatibile con gli incarichi di consulente tecnico d'ufficio del Tribunale in materia di lavoro e previdenza? E' ammissibile la ricusazione del C.T.U. che svolga attività di medico fiscale per conto INPS da parte ricorrente in cause in cui la controparte risulta l'INPS?”
Consulenza legale i 21/11/2017
Per quanto concerne la compatibilità dell'attività di medico fiscale per conto dell'INPS con l'incarico di consulenza tecnica d'ufficio presso il Tribunale in materia di lavoro e previdenza, la norma di riferimento è l'articolo 53, D. Lgs. n. 165 del 2001, su "Incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi", che ai commi 7, 8 e 9, stabilisce per i dipendenti pubblici un divieto generale di assumere senza autorizzazione dell'amministrazione cui appartengono "incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza".

Tuttavia, la giurisprudenza ed alcune note dell'INPS hanno interpretato tale norma, da ultimo con la sentenza del Consiglio di Stato n. 3513 del 17 luglio 2017, nella quale, nel respingere il ricorso di una amministrazione pubblica (nel caso specifico proprio un'azienda ospedaliera) è stato stabilito che l'incarico di consulente tecnico del giudice C.T.U. non rientra tra le incompatibilità, il cumulo degli impieghi e incarichi previsti dal citato art. 53, D.Lgs. 165 del 2001.

Infatti, gli incarichi cui si fa riferimento nella norma sono sostanzialmente di tipo diverso da quelli di consulenza tecnica oggetto: in primo luogo, avendo riguardo al soggetto che li conferisce, che è l'Autorità giudiziaria, cioè il giudice o il P.M. ex artt. 221 e 233 c.p.p., 191 c.p.c. e 19, comma 2, c.p.a., e quindi un soggetto essenzialmente diverso dalle pubbliche amministrazioni, gli enti pubblici economici ovvero i privati citati nell'art. 53, D.Lgs. n. 165 del 2001; in secondo luogo, anche considerando la qualità propria dell'incarico, che non costituisce l'oggetto di un contratto di prestazione d'opera professionale o di altro tipo, bensì una funzione pubblica che, una volta incaricato il consulente, costui deve prestare, tramite il proprio ufficio, a fini di giustizia.

Per quanto concerne, invece, l'ammissibilità della ricusazione del consulente tecnico d'ufficio che svolge l'attività di medico fiscale per conto dell'INPS in cause in cui la controparte risulta l'INPS, le norme di riferimento sono quelle di cui agli artt. 63 e 192 c.p.c., i quali prevedono le ipotesi di astensione, da parte propria, o ricusazione, con ordinanza del giudice, del c.t.u..
In tal proposito è stabilito dalla giurisprudenza che il tecnico che ha prestato opera in passato nell'ambito della propria attività professionale ad una delle parti in causa deve astenersi dall'eventuale incarico di Consulente Tecnico d'Ufficio conferitogli, comunicandolo per iscritto almeno tre giorni prima dell'udienza di comparizione (art. 51 disp. att. c.p.c.). Infatti, la Cassazione ha sostenuto (con sentenza n. 13667 del 22 luglio 2004) che il c.t.u. deve essere terzo ed imparziale, ossia non deve essere legato a nessuna delle parti del processo, analogamente a quanto è prescritto per il giudice, e tale imparzialità è garantita dalla legge sotto un duplice profilo: innanzitutto, con il demandarne la nomina al giudice, organo per il quale l'imparzialità è autonomamente e preliminarmente prescritta; e, in secondo luogo, con la previsione, anche per il consulente tecnico degli istituti dell'astensione e della ricusazione.

Pertanto, quindi, quanto all'ammissibilità in generale dell'incarico di Consulente Tecnico d'Ufficio di un dipendente pubblico, non si pongono problemi, in quanto la giurisprudenza è chiara; quanto al secondo quesito, invece, bisogna evidenziare che, qualora una delle parti in causa sia legata al consulente da un rapporto di qualsiasi tipo, anche di lavoro, questo deve astenersi, o può comunque venire ricusato dall'incarico di c.t.u., in quanto la propria terzietà ed indipendenza rispetto alle parti in causa sarebbe compromessa.