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Articolo 113 Codice dell'ambiente

(D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Acque meteoriche di dilavamento e acque di prima pioggia

Dispositivo dell'art. 113 Codice dell'ambiente

1. Ai fini della prevenzione di rischi idraulici ed ambientali, le regioni, previo parere del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, disciplinano e attuano:

  1. a) le forme di controllo degli scarichi di acque meteoriche di dilavamento provenienti da reti fognarie separate;
  2. b) i casi in cui può essere richiesto che le immissioni delle acque meteoriche di dilavamento, effettuate tramite altre condotte separate, siano sottoposte a particolari prescrizioni, ivi compresa l'eventuale autorizzazione.

2. Le acque meteoriche non disciplinate ai sensi del comma 1 non sono soggette a vincoli o prescrizioni derivanti dalla parte terza del presente decreto.

3. Le regioni disciplinano altresì i casi in cui può essere richiesto che le acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne siano convogliate e opportunamente trattate in impianti di depurazione per particolari condizioni nelle quali, in relazione alle attività svolte, vi sia il rischio di dilavamento da superfici impermeabili scoperte di sostanze pericolose o di sostanze che creano pregiudizio per il raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corpi idrici.

4. È comunque vietato lo scarico o l'immissione diretta di acque meteoriche nelle acque sotterranee.

Massime relative all'art. 113 Codice dell'ambiente

Cass. pen. n. 6260/2018

Le acque meteoriche di dilavamento sono costituite dalle sole acque che, cadendo al suolo per effetto di precipitazioni atmosferiche, si depositano su un suolo impermeabilizzato, dilavando le superfici e attingendo indirettamente i corpi recettori, senza subire contaminazioni di sorta con altre sostanze o materiali inquinanti. Da questa premessa discende la coerente esclusione dell'incidenza in materia della competenza regionale fissata dall'art. 113, D.Lgs. n. 152/2006 avendo tale competenza ad oggetto, per espresso dettato normativo, soltanto le acque meteoriche di dilavamento, le acque di prima pioggia e le acque di lavaggio di aree esterne. In tema di tutela penale dall'inquinamento, le acque meteoriche da dilavamento sono costituite dalle sole acque piovane che, cadendo al suolo, non subiscono contaminazioni con sostanze o materiali inquinanti, poiché, altrimenti, esse vanno qualificate come reflui industriali ex art. 74, comma 1, lett. h), D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

Cass. pen. n. 28725/2018

Le acque meteoriche da dilavamento sono costituite dalle sole acque piovane che, cadendo al suolo, non subiscono contaminazioni con sostanze o materiali inquinanti e non anche quelle contaminate da sostanze o materiali inquinanti che non consentono di qualificare i reflui come acque di dilavamento o di prima pioggia, trattandosi invece di reflui industriali per il cui scarico nel suolo e nel sottosuolo occorre apposita autorizzazione.

Cass. pen. n. 12163/2017

Premesso che l'art. 113 del D.Lgs. n. 152/2006 demanda alla normativa regionale la disciplina delle acque meteoriche di dilavamento, per quanto attiene alle sanzioni, l'art. 133, comma 9, D.Lgs. n. 152/2006 sanziona in via amministrativa chiunque non ottemperi alla disciplina dettata dalle regioni ai sensi dell'art. 113, comma 1, lett. b), ossia la violazione delle prescrizioni o delle autorizzazioni disposte in sede regionale e l'art. 137, comma 9, sanziona penalmente, con le pene di cui al comma 1, chiunque non ottemperi alla disciplina dettata dalle Regioni ai sensi dell'art. 113, comma 3, concernente i casi in cui può essere richiesto che le acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne siano convogliate e opportunamente trattate in impianti di depurazione.

Cass. pen. n. 2867/2013

In tema di tutela delle risorse idriche dall'inquinamento non sono qualificabili come reflui industriali le acque meteoriche di dilavamento, anche se contaminate da sostanze o materiali impiegati in stabilimenti commerciali o di produzione di beni. (Annulla senza rinvio, Trib. Lucca, 20 dicembre 2012).

Corte cost. n. 251/2009

Non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalle Regioni Emilia-Romagna, Liguria, Calabria, Toscana e Marche avverso gli artt. 113, comma 1, e 114 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, censurati, in riferimento agli artt. 76, 117 e 118 Cost., nella parte in cui, rispettivamente, assegnano alle Regioni il compito di disciplinare le forme di controllo degli scarichi di acque meteoriche di dilavamento provenienti da reti fognarie separate e di adottare apposita disciplina in materia di restituzione delle acque utilizzate per la produzione idroelettrica, per scopi irrigui e in impianti di potabilizzazione. Non è, infatti, condivisibile l'assunto secondo cui la competenza normativa attribuita alle Regioni sarebbe illegittimamente condizionata al previo parere del Ministro dell'ambiente, posto che tale parere non ha natura vincolante e deve intendersi riferito alla sola funzione amministrativa e non anche a quella normativa. Nel giudizio di legittimità costituzionale in via principale promosso con ricorso delle Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata avverso numerose disposizioni del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, vengono trattate le sole questioni aventi ad oggetto gli artt. 91, commi 1, lettera d), 2, e 6, 95, comma 5, prima parte, 96, 101, comma 7, 104, commi 3 e 4, 113, comma 1, 114, commi 1 e 2, e 116, con rinvio a separate decisioni delle ulteriori questioni.

Corte cost. n. 225/2009

Non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'intero D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), nonché degli artt. 3, comma 2, 4, comma 1, lettera a), n. 3 e lettera b), 5, comma 1, lettere m), q) ed r), 7, 8, come sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. n. 4 del 2006, 9, 22, 25, comma 1, 35, comma 1, 42, comma 3, 55, comma 2, 58, 59, 63, 64, 65, 67, 69, 74, 91, comma 1, lettera d), 95, comma 5, 96, 101, comma 7, 113, 114, 116, 117, 121, 124, comma 7, 148, 149, 153, comma 1, 154, 155, 160, 166, comma 4, 181, commi da 7 a 11, 183, comma 1, 186, 189, comma 3, 195, comma 1, 202, comma 6, 205, comma 2, 214, commi 3 e 5, 240, comma 1, lettere b), c) e g), 242, 243, 244, 246, 252, 257, nonché degli allegati I e II alla parte seconda dello stesso decreto legislativo.

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Enrico B. chiede
lunedì 18/01/2021 - Sardegna
“Buonasera,
la ns. azienda si occupa di estrazione, produzione e commercializzazione di inerti calcarei per l'edilizia.
L'estrazione avviene nel sito di cava all'interno del quale operano solo ed esclusivamente i mezzi necessari per il brillamento delle mine, il carico ed il trasporto dei materiali da frantumare.
In altro sito separato, non confinante con il precedente, si trovano gli impianti di frantumazione e lavaggio inerti, i piazzali di stoccaggio ed il carico dei materiali finiti.
La cava è di tipo a "fossa" e tutt'intorno è circondata da campi coltivati e/o pascolo.
Purtroppo le pendenze naturali dei terreni confinanti tendono a riversare, soprattutto nei periodi di maggior piovosità come quelli di quest'anno, le acque piovane all'interno del sito di cava (dimensioni circa 7ha) pur avendo realizzato come da progetto appositi canali di guardia.
E' ns. consuetudine pertanto, nei periodi invernali, "rilanciare" attraverso l'utilizzo di pompe sommerse le acque meteoriche (tal quali) nei canali di scolo, le quali confluendo in compluvi naturali si uniscono (attraversando comunque terreni privati) al corpo recettore (fiume) distante il linea d'aria circa 1.000 mt.
I suddetti compluvi, anche prima dell'inizio della ns. attività di cava, consentivano il normale deflusso di tutte le acque meteoriche della zona e pertanto l'attività non ha modificato alcun corso o contesto preesistente.
In ragione di quanto su esposto avremmo la necessità di comprendere se le acque meteoriche che riceviamo all'interno del ns. sito di cava possano essere considerate "reflui industriali" (pur essendo di origine naturale e non derivanti da alcun processo industriale) e quindi sia necessaria l'autorizzazione allo scarico (abbiamo inoltre verificato tramite analisi di laboratorio la completa assenza di inquinanti) o viceversa si possano immettere, non essendo tale tipologia di acque normate sia a livello nazionale che a livello regionale, direttamente sul suolo (come d'altronde avveniva nei secoli prima dell'esistenza del sito di cava!!).

Sperando di essere riusciti ad essere esaustivi rimaniamo in attesa di un cortese riscontro.
Cordiali Saluti”
Consulenza legale i 22/01/2021
La prima questione da risolvere per dare una risposta al quesito riguarda la qualificazione delle acque meteoriche che “attraversano” un sito produttivo.
In sostanza, si tratta di capire se tali acque mantengano la propria natura o se diventino, invece, reflui industriali, soggetti alla relativa disciplina di riferimento.
Secondo l’attuale formulazione dell’art. 74, sono reflui industriali tutti i tipi di acque scaricate da edifici od impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento, che però non hanno una specifica definizione normativa.
La giurisprudenza ha avuto negli anni un andamento ondivago, che però sembra essersi arrestato (soprattutto a seguito della riforma attuata nel 2008) nel ritenere che le acque meteoriche da dilavamento siano costituite dalle sole acque piovane che, depositandosi su un suolo impermeabilizzato, dilavano le superfici ed attingono indirettamente i corpi recettori, senza subire contaminazioni con sostanze o materiali inquinanti (Cassazione penale, sez. III, 05 ottobre 2018, n. 6260; Cassazione penale, sez. III, 02 ottobre 2014, n. 2832; in senso contrario v. Cassazione penale, sez. III, 30 ottobre 2013,n. 2867).
Pertanto, se le acque che si raccolgono nel sito di cava non sono collegate ad alcun processo produttivo e non presentano sostanze inquinanti, non paiono poter essere assimilate alle acque reflue industriali.

Tuttavia, si sottolinea che tale circostanza, pur escludendo il rischio che vengano contestati reati ambientali, non è di per sé sufficiente a negare anche la necessità di ottenere una autorizzazione allo scarico.
Infatti, nella nozione di scarico rientrano tutte le immissioni effettuati esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante.
Per quanto riguarda le acque piovane, l’art. 113 del Codice dell’ambiente stabilisce che spetti alle Regioni stabilire, ai fini della prevenzione di rischi idraulici ed ambientali, i casi in cui può essere richiesto che le immissioni delle acque meteoriche di dilavamento, effettuate tramite altre condotte separate (cioè diverse dalle reti fognarie), siano sottoposte a particolari prescrizioni, ivi compresa l'eventuale autorizzazione.
Il terzo comma della norma da ultimo citata, inoltre, demanda alle Regioni la disciplina dei i casi in cui può essere richiesto che le acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne siano convogliate e opportunamente trattate in impianti di depurazione per particolari condizioni nelle quali, in relazione alle attività svolte, vi sia il rischio di dilavamento da superfici impermeabili scoperte di sostanze pericolose o di sostanze che creano pregiudizio per il raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corpi idrici.
In mancanza di una specifica disciplina regionale, invece, lo scarico di acque meteoriche è esente da autorizzazioni o prescrizioni, anche se è comunque vietata la loro immissione diretta nelle acque sotterranee (Consiglio di Stato, sez. VI, 09 luglio 2012, n.4018; Consiglio di Stato, sez. VI, 04 dicembre 2009, n. 7618, riguardante proprio lo scarico di acque meteoriche provenienti dai piazzali di cava).
Nel nostro caso, viene in rilievo la Deliberazione 10 dicembre 2008, n. 69/25, recante “Disciplina regionale degli scarichi”, che prevede la necessità di autorizzazione per lo scarico delle acque di prima pioggia e di lavaggio delle superfici scolanti provenienti da stabilimenti o insediamenti di attività di produzione di beni e servizi per i quali vi sia la possibilità di dilavamento dalle superfici scoperte di sostanze inquinanti, comprese le attività di “estrazione, produzione, lavorazione, trasformazione e deposito di minerali e di inerti” (art. 22).
Il comma 4 dell’art. 22, comunque, esclude dall’applicazione della specifica normativa regionale le superfici scolanti da stabilimenti o insediamenti di attività produttive per le quali sia documentato che, a seguito di interventi strutturali e procedure gestionali ordinariamente adottate, non possono derivare pericoli di contaminazione, tali da provocare l'inquinamento delle acque di prima pioggia.

Pertanto, stante la presenza di una specifica disciplina regionale che prevede particolari prescrizioni e deroghe la cui applicabilità al caso di specie non può essere valutata dallo scrivente sulla base delle informazioni fornite nel quesito, è opportuno chiedere chiarimenti anche alla P.A. competente (ossia la Provincia in cui si trova la cava), fermo restando che nella fattispecie le acque in questione non sono qualificabili come reflui industriali, ma come semplici acque piovane.