Corte costituzionale sentenza n. 251 del 24 luglio 2009

(6 massime)

(massima n. 1)

Non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalle Regioni Emilia-Romagna, Liguria e Umbria avverso l'art. 96, comma 1, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, censurato, in riferimento all'art. 76 Cost., ove, nel regolare il procedimento per il rilascio di concessioni di acqua pubblica, stabilisce una riserva di parere vincolante all'Autorità di bacino distrettuale. Invero, il coinvolgimento delle Regioni è assicurato da quanto previsto dall'art. 63 del D.Lgs. n. 152/2006, in base al quale "è necessaria la partecipazione dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome il cui territorio è interessato dal distretto idrografico di cui di volta in volta si tratta, alla Conferenza istituzionale permanente principale organo dell'autorità di bacino".

(massima n. 2)

L'art. 91 del D.Lgs. n. 152/2006 ha assegnato un ruolo primario alla funzione statale di individuazione delle cosiddette «aree sensibili», precedentemente riconosciuta solo alle Regioni sulla base del sistema normativo delineato dai decreti legislativi n. 112 del 1998 e n. 152 del 1999. La scelta operata con il decreto legislativo n. 152 del 2006 è stata quella di introdurre un duplice potere di individuazione delle aree sensibili: quello statale, disciplinato ai commi 2 e 6 della disposizione impugnata, e quello regionale, stabilito al comma 4 del medesimo articolo, secondo il quale «le Regioni, sulla base dei criteri di cui al comma 1 e sentita l'Autorità di bacino, entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, e successivamente ogni due anni, possono designare ulteriori aree sensibili ovvero individuare all'interno delle aree indicate nel comma 2 i corpi idrici che non costituiscono aree sensibili». Premesso che l'ambito di intervento della norma censurata è ascrivibile alla materia dell'ambiente, attribuita alla competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., l'allocazione delle funzioni amministrative operata con la disposizione impugnata risulta, invero, coerente anche con il principio di sussidiarietà. Al riguardo, si rileva, infatti, che la funzione di individuazione delle aree maggiormente esposte al rischio di inquinamento deve rispondere a criteri uniformi ed omogenei, dovendo, al contempo, tener conto anche delle peculiarità territoriali sulle quali viene ad incidere. Sotto entrambi i profili, la disposizione impugnata offre una soluzione non costituzionalmente illegittima, posto che la citata funzione amministrativa statale di individuazione (da esercitarsi previa acquisizione del parere della Conferenza Stato-Regioni) si affianca a quella delle Regioni le quali, oltre a poter designare a propria volta «ulteriori aree sensibili» rispetto a quelle indicate dallo Stato, possono altresì indicare, nell'ambito delle aree definite ai sensi del comma 2, i corpi idrici che, secondo propria valutazione, non possono rientrare in detta categoria. Quanto al potere statale di «reidentificazione» delle aree medesime, disciplinato al successivo comma 6, esso risulta connotato da una natura eminentemente ricognitiva a cadenza periodica, che non comporta, pertanto, alcuna modifica sostanziale dell'assetto allocativo delineato dai commi 2 e 4 che lo precedono.

(massima n. 3)

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Regione Umbria avverso l'art. 95, comma 5, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, censurato, in riferimento agli artt. 76, 117 e 118 Cost., ove assegna alle Autorità concedenti il potere di effettuare il censimento di tutte le utilizzazioni in atto nello stesso corpo idrico sulla base dei criteri indicati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano. In primo luogo è erronea la premessa secondo cui la materia della "tutela quantitativa della risorsa idrica e della pianificazione dell'utilizzazione di essa" andrebbe ascritta alla competenza legislativa concorrente regionale, dal momento che essa rientra senz'altro nella materia "tutela dell'ambiente". Inoltre, dato che la norma prevede la previa intesa con la Conferenza permanente sopracitata, risulta assicurata la partecipazione del sistema delle autonomie regionali al procedimento di elaborazione dei criteri suddetti. Nel giudizio di legittimità costituzionale in via principale promosso con ricorso delle Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata avverso numerose disposizioni del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, vengono trattate le sole questioni aventi ad oggetto gli artt. 91, commi 1, lettera d), 2, e 6, 95, comma 5, prima parte, 96, 101, comma 7, 104, commi 3 e 4, 113, comma 1, 114, commi 1 e 2, e 116, con rinvio a separate decisioni delle ulteriori questioni.

(massima n. 4)

È inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Regione Emilia-Romagna avverso l'art. 104, comma 4, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 in riferimento all'art. 117 Cost. e alla Direttiva n. 80/68/CEE. Infatti, a prescindere dall'omessa indicazione del parametro costituzionale che si assume violato, la ricorrente non ha specificato quali attribuzioni regionali verrebbero lese in dipendenza della violazione della menzionata disciplina comunitaria. È inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Regione Puglia avverso gli artt. 101, comma 7, e 104 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 in riferimento agli artt. 117 e 118 Cost. in quanto la ricorrente, oltre a non fornire alcuna argomentazione sulla pretesa lesione del principio di sussidiarietà, adduce una motivazione indeterminata e intrinsecamente contraddittoria della violazione dei parametri indicati. Nel giudizio di legittimità costituzionale in via principale promosso con ricorso delle Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata avverso numerose disposizioni del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, vengono trattate le sole questioni aventi ad oggetto gli artt. 91, commi 1, lettera d), 2, e 6, 95, comma 5, prima parte, 96, 101, comma 7, 104, commi 3 e 4, 113, comma 1, 114, commi 1 e 2, e 116, con rinvio a separate decisioni delle ulteriori questioni. Sono inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Regione Piemonte nei confronti degli artt. 91, 96, 104, comma 3, 113, comma 1, 114, comma 1, e 116 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, in relazione agli artt. 2, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119, 120 Cost. e al principio di leale collaborazione. Infatti, le censure sono generiche, poiché non sorrette da un'autonoma e specifica motivazione in relazione a ciascuno dei numerosi parametri evocati. È inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Regione Emilia-Romagna avverso l'art. 104, comma 3, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 in riferimento agli artt. 76 e 117 Cost. Infatti, la ricorrente non ha alcun interesse alla impugnazione, posto che la norma non sottrae alla Regione il potere di autorizzare lo scarico nel sottosuolo di acque risultanti dall'estrazione di idrocarburi nelle unità geologiche profonde da cui sono stati estratti, ma assicura il coinvolgimento regionale attraverso il meccanismo dell'intesa.

(massima n. 5)

Non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalle Regioni Emilia-Romagna, Liguria, Calabria, Toscana e Marche avverso gli artt. 113, comma 1, e 114 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, censurati, in riferimento agli artt. 76, 117 e 118 Cost., nella parte in cui, rispettivamente, assegnano alle Regioni il compito di disciplinare le forme di controllo degli scarichi di acque meteoriche di dilavamento provenienti da reti fognarie separate e di adottare apposita disciplina in materia di restituzione delle acque utilizzate per la produzione idroelettrica, per scopi irrigui e in impianti di potabilizzazione. Non è, infatti, condivisibile l'assunto secondo cui la competenza normativa attribuita alle Regioni sarebbe illegittimamente condizionata al previo parere del Ministro dell'ambiente, posto che tale parere non ha natura vincolante e deve intendersi riferito alla sola funzione amministrativa e non anche a quella normativa. Nel giudizio di legittimità costituzionale in via principale promosso con ricorso delle Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata avverso numerose disposizioni del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, vengono trattate le sole questioni aventi ad oggetto gli artt. 91, commi 1, lettera d), 2, e 6, 95, comma 5, prima parte, 96, 101, comma 7, 104, commi 3 e 4, 113, comma 1, 114, commi 1 e 2, e 116, con rinvio a separate decisioni delle ulteriori questioni.

(massima n. 6)

Non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalle Regioni Emilia-Romagna, Liguria, Calabria, Toscana e Marche avverso gli artt. 113, comma 1, e 114 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, censurati, in riferimento agli artt. 76, 117 e 118 Cost., nella parte in cui, rispettivamente, assegnano alle Regioni il compito di disciplinare le forme di controllo degli scarichi di acque meteoriche di dilavamento provenienti da reti fognarie separate e di adottare apposita disciplina in materia di restituzione delle acque utilizzate per la produzione idroelettrica, per scopi irrigui e in impianti di potabilizzazione. Non è, infatti, condivisibile l'assunto secondo cui la competenza normativa attribuita alle Regioni sarebbe illegittimamente condizionata al previo parere del Ministro dell'ambiente, posto che tale parere non ha natura vincolante e deve intendersi riferito alla sola funzione amministrativa e non anche a quella normativa. Nel giudizio di legittimità costituzionale in via principale promosso con ricorso delle Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata avverso numerose disposizioni del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, vengono trattate le sole questioni aventi ad oggetto gli artt. 91, commi 1, lettera d), 2, e 6, 95, comma 5, prima parte, 96, 101, comma 7, 104, commi 3 e 4, 113, comma 1, 114, commi 1 e 2, e 116, con rinvio a separate decisioni delle ulteriori questioni. Sono inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Regione Piemonte nei confronti degli artt. 91, 96, 104, comma 3, 113, comma 1, 114, comma 1, e 116 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, in relazione agli artt. 2, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119, 120 Cost. e al principio di leale collaborazione. Infatti, le censure sono generiche, poiché non sorrette da un'autonoma e specifica motivazione in relazione a ciascuno dei numerosi parametri evocati.

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