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Articolo 96 Codice dell'ambiente

(D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Modifiche al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775

Dispositivo dell'art. 96 Codice dell'ambiente

1. Il secondo comma dell'articolo 7 del testo unico delle disposizioni sulle acque e impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è sostituito dal seguente: "Le domande di cui al primo comma relative sia alle grandi sia alle piccole derivazioni sono altresì trasmesse alle Autorità di bacino territorialmente competenti che, entro il termine perentorio di quaranta giorni dalla data di ricezione ove si tratti di domande relative a piccole derivazioni, comunicano il proprio parere vincolante al competente Ufficio Istruttore in ordine alla compatibilità della utilizzazione con le previsioni del Piano di tutela, ai fini del controllo sull'equilibrio del bilancio idrico o idrologico, anche in attesa di approvazione del Piano anzidetto. Qualora le domande siano relative a grandi derivazioni, il termine per la comunicazione del suddetto parere è elevato a novanta giorni dalla data di ricezione delle domande medesime. Decorsi i predetti termini senza che sia intervenuta alcuna pronuncia, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nomina un Commissario "ad acta" che provvede entro i medesimi termini decorrenti dalla data della nomina.".

2. I commi 1 e 1-bis. dell'articolo 9 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, sono sostituiti dai seguenti: "1. Tra più domande concorrenti, completata l'istruttoria di cui agli articoli 7 e 8, è preferita quella che da sola, o in connessione con altre utenze concesse o richieste, presenta la più razionale utilizzazione delle risorse idriche in relazione ai seguenti criteri:

  1. a) l'attuale livello di soddisfacimento delle esigenze essenziali dei concorrenti anche da parte dei servizi pubblici di acquedotto o di irrigazione e la prioritaria destinazione delle risorse qualificate all'uso potabile;
  2. b) le effettive possibilità di migliore utilizzo delle fonti in relazione all'uso;
  3. c) le caratteristiche quantitative e qualitative del corpo idrico oggetto di prelievo;
  4. d) la quantità e la qualità dell'acqua restituita rispetto a quella prelevata.

1-bis. È preferita la domanda che, per lo stesso tipo di uso, garantisce la maggior restituzione d'acqua in rapporto agli obiettivi di qualità dei corpi idrici. In caso di più domande concorrenti per usi produttivi è altresì preferita quella del richiedente che aderisce al sistema ISO 14001 ovvero al sistema di cui al regolamento (CEE) n. 761/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001, sull'adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS).

1-ter. Per lo stesso tipo di uso è preferita la domanda che garantisce che i minori prelievi richiesti siano integrati dai volumi idrici derivati da attività di recupero e di riciclo.".

3. L'articolo 12-bis del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è sostituito dal seguente: "Articolo 12-bis. 1. Il provvedimento di concessione è rilasciato se: a) non pregiudica il mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi di qualità definiti per il corso d'acqua interessato; b) è garantito il minimo deflusso vitale e l'equilibrio del bilancio idrico; c) non sussistono possibilità di riutilizzo di acque reflue depurate o provenienti dalla raccolta di acque piovane ovvero, pur sussistendo tali possibilità, il riutilizzo non risulta sostenibile sotto il profilo economico. 2. I volumi di acqua concessi sono altresì commisurati alle possibilità di risparmio, riutilizzo o riciclo delle risorse. Il disciplinare di concessione deve fissare, ove tecnicamente possibile, la quantità e le caratteristiche qualitative dell'acqua restituita. Analogamente, nei casi di prelievo da falda deve essere garantito l'equilibrio tra il prelievo e la capacità di ricarica dell'acquifero, anche al fine di evitare pericoli di intrusione di acque salate o inquinate, e quant'altro sia utile in funzione del controllo del miglior regime delle acque. 3. L'utilizzo di risorse prelevate da sorgenti o falde, o comunque riservate al consumo umano, può essere assentito per usi diversi da quello potabile se: a) viene garantita la condizione di equilibrio del bilancio idrico per ogni singolo fabbisogno; b) non sussistono possibilità di riutilizzo di acque reflue depurate o provenienti dalla raccolta di acque piovane, oppure, dove sussistano tali possibilità, il riutilizzo non risulta sostenibile sotto il profilo economico; c) sussiste adeguata disponibilità delle risorse predette e vi è una accertata carenza qualitativa e quantitativa di fonti alternative di approvvigionamento. 4. Nei casi di cui al comma 3, il canone di utenza per uso diverso da quello potabile è triplicato. Sono escluse le concessioni ad uso idroelettrico i cui impianti sono posti in serie con gli impianti di acquedotto.".

4. L'articolo 17 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è sostituito dal seguente: "Articolo 17. 1. Salvo quanto previsto dall'articolo 93 e dal comma 2, è vietato derivare o utilizzare acqua pubblica senza un provvedimento autorizzativo o concessorio dell'autorità competente. 2. La raccolta di acque piovane in invasi e cisterne al servizio di fondi agricoli o di singoli edifici è libera e non richiede licenza o concessione di derivazione di acqua; la realizzazione dei relativi manufatti è regolata dalle leggi in materia di edilizia, di costruzioni nelle zone sismiche, di dighe e sbarramenti e dalle altre leggi speciali. 3. Nel caso di violazione delle norme di cui al comma 1, l'Amministrazione competente dispone la cessazione dell'utenza abusiva ed il contravventore, fatti salvi ogni altro adempimento o comminatoria previsti dalle leggi vigenti, è tenuto al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 euro a 30.000 euro. Nei casi di particolare tenuità si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 300 euro a 1.500 euro. Alla sanzione prevista dal presente articolo non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689. È in ogni caso dovuta una somma pari ai canoni non corrisposti. L'autorità competente, con espresso provvedimento nel quale sono stabilite le necessarie cautele, può eccezionalmente consentire la continuazione provvisoria del prelievo in presenza di particolari ragioni di interesse pubblico generale, purché l'utilizzazione non risulti in palese contrasto con i diritti di terzi e con il buon regime delle acque.".

5. Il secondo comma dell'articolo 54 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, già abrogato dall'articolo 23 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, resta abrogato.

6. Fatto salvo quanto previsto dal comma 7, per le derivazioni o utilizzazioni di acqua pubblica in tutto o in parte abusivamente in atto è ammessa la presentazione di domanda di concessione in sanatoria entro il 30 giugno 2006 previo pagamento della sanzione di cui all'articolo 17 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, aumentata di un quinto. Successivamente a tale data, alle derivazioni o utilizzazioni di acqua pubblica in tutto o in parte abusivamente in atto si applica l'articolo 17, comma 3, del regio decreto 11 dicembre 1933 n. 1775. La concessione in sanatoria è rilasciata nel rispetto della legislazione vigente e delle utenze regolarmente assentite. In pendenza del procedimento istruttorio della concessione in sanatoria, l'utilizzazione può proseguire fermo restando l'obbligo del pagamento del canone per l'uso effettuato e il potere dell'autorità concedente di sospendere in qualsiasi momento l'utilizzazione qualora in contrasto con i diritti di terzi o con il raggiungimento o il mantenimento deg li obiettivi di qualità e dell'equilibrio del bilancio idrico. Restano comunque ferme le disposizioni di cui all'articolo 95, comma 5.

7. I termini entro i quali far valere, a pena di decadenza, ai sensi degli articoli 3 e 4 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, il diritto al riconoscimento o alla concessione di acque che hanno assunto natura pubblica a norma dell'articolo 1, comma 1 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, nonché per la presentazione delle denunce dei pozzi a norma dell'articolo 10 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275, sono prorogati al 31 dicembre 2007 . In tali casi i canoni demaniali decorrono dal 10 agosto 1999. Nel provvedimento di concessione preferenziale sono contenute le prescrizioni relative ai rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici e quelle prescrizioni necessarie ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico.

8. Il primo comma dell'articolo 21 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è sostituito dal seguente: "Tutte le concessioni di derivazione sono temporanee. La durata delle concessioni, fatto salvo quanto disposto dal secondo comma, non può eccedere i trenta anni ovvero i quaranta per uso irriguo e per la piscicoltura, ad eccezione di quelle di grande derivazione idroelettrica, per le quali resta ferma la disciplina di cui all'articolo 12, commi 6, 7 e 8 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79.".

9. Dopo il terzo comma dell'articolo 21 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 è inserito il seguente: "Le concessioni di derivazioni per uso irriguo devono tener conto delle tipologie delle colture in funzione della disponibilità della risorsa idrica, della quantità minima necessaria alla coltura stessa, prevedendo se necessario specifiche modalità di irrigazione; le stesse sono assentite o rinnovate solo qualora non risulti possibile soddisfare la domanda d'acqua attraverso le strutture consortili già operanti sul territorio.".

10. Fatta salva l'efficacia delle norme più restrittive, tutto il territorio nazionale è assoggettato a tutela ai sensi dell'articolo 94 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.

11. Le regioni disciplinano i procedimenti di rilascio delle concessioni di derivazione di acque pubbliche nel rispetto delle direttive sulla gestione del demanio idrico nelle quali sono indicate anche le possibilità di libero utilizzo di acque superficiali scolanti su suoli o in fossi di canali di proprietà privata. Le regioni, sentite le Autorità di bacino, disciplinano forme di regolazione dei prelievi delle acque sotterranee per gli usi domestici, come definiti dall'articolo 93 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, laddove sia necessario garantire l'equilibrio del bilancio idrico.

Massime relative all'art. 96 Codice dell'ambiente

Cons. Stato n. 3789/2019

Allo Stato è riconosciuta la potestà di stabilire un limite massimo di durata delle concessioni, la quale è correlata all'attività di tutela dell'ambiente, che in materia di concessioni delle acque termali e minerali è fissato in trent'anni.

Cons. Stato n. 3787/2019

Le acque minerali e termali sono sottoposte allo specifico regime autorizzatorio e concessorio di cui all'art. 96, comma 8 del D.Lgs. n. 152/2006 atteso che le stesse sono destinate al consumo, a seguito di imbottigliamento e dello sfruttamento commerciale, o all'utilizzo di massa tramite la creazione di apposite strutture per la fruizione.

Cons. Stato n. 3786/2019

In materia di concessioni la normativa di cui all'art. 96, comma 8 del D.Lgs. n. 152/2006 deve essere interpretata in maniera estensiva con la conseguenza che la stessa è applicabile anche alle concessioni delle acque minerali e termali.

Cons. Stato n. 3785/2019

La durata delle concessioni per lo sfruttamento delle acque termali di cui all'art. 96, comma 8 del D.Lgs. n. 152/2006 è temporanea e può durare al massimo trent'anni, eccezion fatta per alcuni casi specificamente individuati dalla normativa di settore.

Cass. civ. n. 10018/2019

In tema di autorizzazione alla realizzazione di un impianto idroelettrico, il "deflusso minimo vitale" (DMV), di cui all'art. 7 del D.M. 28 luglio 2004, contenente le linee-guida del Ministero dell'Ambiente in forza del D.Lgs. n. 152 del 1999 ed in attuazione della direttiva 2000/60/CE, costituisce un parametro complesso e variabile in relazione a ciascun corso d'acqua a seconda dei suoi diversi tratti, funzionalizzato anzitutto alla tutela della qualità del corpo idrico, oltre che strumento fondamentale per la disciplina delle concessioni di derivazione e di scarico delle acque, sicché dette linee-guida - vincolanti per le Autorità di bacino in quanto, pur contenute in una fonte secondaria atipica, hanno carattere regolamentare - non esauriscono la discrezionalità in fase esecutiva delle P.A. ai fini della determinazione del DMV, potendo essere fissati criteri più rigorosi ove resi necessari dall'esigenza di più elevata tutela della qualità del corpo idrico, siccome imposti dal generale "principio di precauzione" (art. 191 TFUE) e dalla correlativa disciplina sovranazionale e nazionale. (Nella specie, il TSAP aveva illegittimamente sindacato la scelta tecnico-discrezionale dell'Autorità di bacino ritenendo estraneo alla disciplina del DMV il criterio aggiuntivo cd. "2L" - più restrittivo nel delimitare il tratto di alveo da mantenere esente da derivazioni a monte e a valle dell'impianto da realizzare -, giustificato invece dal notevole incremento dello sfruttamento del bacino dovuto al numero elevato di impianti già in essere).

Cass. civ. n. 25619/2017

Con riferimento alla illegittima eduzione di acqua potabile, la presentazione della domanda di concessione in sanatoria è condizionata al pagamento della sanzione inflitta e non esonera dall'obbligo di pagare la detta sanzione, restando irrilevante il diritto a continuare nell'emungimento ed erogazione di acqua, nonché l'assenza di turbamento del buon regime sotterraneo delle acque. In caso di derivazione o utilizzazione di acqua pubblica in tutto o in parte abusiva, la presentazione della domanda di concessione in sanatoria è condizionata, ex art. 17 del R.D. n. 1775 del 1933 (come novellato dall'art. 96 del D.Lgs. n. 152 del 2006), al previo pagamento della sanzione applicata in concreto dall'autorità competente, aumentata di un quinto.

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