Cassazione civile Sez. Unite sentenza n. 10018 del 10 aprile 2019

(1 massima)

(massima n. 1)

In tema di autorizzazione alla realizzazione di un impianto idroelettrico, il "deflusso minimo vitale" (DMV), di cui all'art. 7 del D.M. 28 luglio 2004, contenente le linee-guida del Ministero dell'Ambiente in forza del D.Lgs. n. 152 del 1999 ed in attuazione della direttiva 2000/60/CE, costituisce un parametro complesso e variabile in relazione a ciascun corso d'acqua a seconda dei suoi diversi tratti, funzionalizzato anzitutto alla tutela della qualità del corpo idrico, oltre che strumento fondamentale per la disciplina delle concessioni di derivazione e di scarico delle acque, sicché dette linee-guida - vincolanti per le Autorità di bacino in quanto, pur contenute in una fonte secondaria atipica, hanno carattere regolamentare - non esauriscono la discrezionalità in fase esecutiva delle P.A. ai fini della determinazione del DMV, potendo essere fissati criteri più rigorosi ove resi necessari dall'esigenza di più elevata tutela della qualità del corpo idrico, siccome imposti dal generale "principio di precauzione" (art. 191 TFUE) e dalla correlativa disciplina sovranazionale e nazionale. (Nella specie, il TSAP aveva illegittimamente sindacato la scelta tecnico-discrezionale dell'Autorità di bacino ritenendo estraneo alla disciplina del DMV il criterio aggiuntivo cd. "2L" - più restrittivo nel delimitare il tratto di alveo da mantenere esente da derivazioni a monte e a valle dell'impianto da realizzare -, giustificato invece dal notevole incremento dello sfruttamento del bacino dovuto al numero elevato di impianti già in essere).

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