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Articolo 227 Codice dell'ambiente

(D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Rifiuti elettrici ed elettronici, rifiuti di pile e accumulatori, rifiuti sanitari, veicoli fuori uso e prodotti contenenti amianto

Dispositivo dell'art. 227 Codice dell'ambiente

1. Fatte salve le disposizioni degli articoli 178 bis e 178 ter ove applicabili, restano in vigore le disposizioni nazionali relative alle altre tipologie di rifiuti, ed in particolare quelle riguardanti:

  1. a) rifiuti elettrici ed elettronici: direttiva 2012/19/UE e direttiva 2011/65/UE e relativi decreti legislativi di attuazione 14 marzo 2014, n. 49 e 4 marzo 2014, n. 27, e direttiva (UE) 2018/849;
  2. b) rifiuti sanitari: decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 2003, n. 254;
  3. c) veicoli fuori uso: direttiva 2000/53/CE e relativo decreto legislativo di attuazione 24 giugno 2003, n. 209 e direttiva (UE) 2018/849;
  4. d) recupero dei rifiuti dei beni e prodotti contenenti amianto: decreto ministeriale 29 luglio 2004, n. 248;
  5. e) rifiuti di pile e accumulatori: direttiva 2006/66/CE e relativo decreto legislativo di attuazione 15 febbraio 2016, n. 27 e direttiva (UE) 2018/849(1).

Note

(1) Tale disposizione è stata modificata dall'art. 3, comma 10, del D. Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

Massime relative all'art. 227 Codice dell'ambiente

Cass. pen. n. 31398/2018

Premesso che il Titolo terzo della parte quarta D.Lgs. n. 152/2006 si occupa della gestione di categorie particolari di rifiuti, con riferimento alla gestione dei rifiuti contenenti amianto, l'art. 227, comma 1, lett. d), D.Lgs. n. 152/2006 menziona il D.M. 29 luglio 2004, n. 248 , che detta disposizioni speciali rispetto a quelle generali in materia di rifiuti, con la conseguenza che la disciplina generale sarà applicabile in tutti i casi non disciplinati in modo specifico.

Cass. pen. n. 11030/2015

In tema di gestione di rifiuti, la natura di rifiuto pericoloso di un veicolo fuori uso non necessita di particolari accertamenti, quando risulti, anche soltanto per le modalità di raccolta e deposito, che lo stesso non è stato sottoposto ad alcuna operazione finalizzata alla rimozione dei liquidi o delle altre componenti pericolose. (Dichiara inammissibile, App. Milano, 22 novembre 2013).

Cass. pen. n. 15447/2015

Per qualificare un materiale di scarto come rifiuto non è rilevante il suo valore economico né il fatto che sia utile a chi potrebbe farne commercio giacché questa impostazione contiene un errore di prospettiva in quanto attribuisce all'attuale detentore, invece che all'originario detentore della cosa, l'assenza della volontà di disfarsi. Ne consegue che la natura di rifiuto non è esclusa neppure dalla presenza nel materiale di metalli nobili perché la loro estrazione configura un trattamento e non un riutilizzo del materiale quale.

Cass. pen. n. 27990/2008

In tema di smaltimento dei rifiuti la sanzione per l'inosservanza dell'ordinanza sindacale di rimozione dei rifiuti e di ripristino dello stato dei luoghi, va applicata a chiunque non ottemperi a tale ordinanza e che sia stato, nella stessa, individuato quale responsabile dell'abbandono dei rifiuti o proprietario del terreno. Compete infatti ai soggetti interessati, al fine di evitare di rendersi responsabili dell'inottemperanza in questione, chiedere l'ottenimento dell'annullamento del provvedimento sindacale o la dimostrazione in sede penale dell'assenza della ritenuta condizione soggettiva. È vero che l'ordinanza del sindaco può essere emessa solo nei confronti dei soggetti che hanno abbandonato i rifiuti e, in solido, nei confronti del proprietario dell'area sulla quale i rifiuti sono stati abbandonati e non anche nei confronti del proprietario, in quanto tale, del rifiuto abbandonato da altri. L'esclusione di responsabilità del proprietario del rifiuto abbandonato da altri va peraltro correlata alla mancanza di concorso materiale o morale con chi l'ha abbandonato.

Cass. pen. n. 26546/2008

Ai sensi dell'art. 3, comma primo, lett. i), del D.Lgs. 24 giugno 2003, n. 209 per operazioni di "pressatura", che secondo le indagini di polizia giudiziaria risultavano essere state già effettuate, si intendono le operazioni di adeguamento volumetrico del veicolo già sottoposto alle operazioni di messa in sicurezza e di demolizione. Pertanto, ai sensi della disposizione citata, le attività di demolizione e messa in sicurezza del veicolo fuori uso devono essere effettuate prima della pressatura.

Cass. pen. n. 2246/2008

La disciplina applicabile allo smaltimento dei rifiuti allo stato liquido derivanti da attività ospedaliera continua ad essere quella relativa agli scarichi di cui alla sez. II, parte terza, del D.Lgs. n. 152 del 2006 e non quella in materia di smaltimento di rifiuti liquidi di cui alla parte quarta del predetto decreto, non rivestendo alcun valore innovativo l'art. 185 del richiamato decreto legislativo che per i "rifiuti liquidi costituiti da acque reflue" prevede l'applicazione della disciplina sui rifiuti, ciò in quanto l'art. 227 del medesimo decreto dichiara applicabile ai rifiuti liquidi ospedalieri la disciplina in materia di scarichi, richiamando l'art. 6 del D.P.R. 15 luglio 2004, n. 254 che rinvia all'abrogato D.Lgs. n. 152 del 1999 sulle acque. (Nella specie, si trattava di reflui provenienti dal lavaggio delle apparecchiature utilizzate per gli esami di laboratorio, contenenti residui biologici miscelati con i reagenti chimici utilizzati per le analisi, reflui convogliati direttamente nell'impianto di depurazione dell'ospedale che recapitava, dietro regolare autorizzazione, nella rete fognaria comunale).

Cass. pen. n. 46643/2007

È vero che, come recentemente rilevato, in tema di gestione dei rifiuti, dopo l'entrata in vigore della legge 31 luglio 2002, n. 179, la qualifica di rifiuto va attribuita ai soli pneumatici fuori uso, come confermato dall'allegato A, voce 160103 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e non ancora ai pneumatici usati ma ancora ricostruibili, tuttavia esulano dalla nozione di rifiuto solo i materiali residuali di produzione o di consumo che siano effettivamente riutilizzati senza subire alcun trattamento preventivo, ovvero subendo un trattamento preventivo che non importi un'operazione di recupero, mentre i pneumatici usati, dei quali il detentore si disfa o che vende a terzi perché siano riutilizzati previa rigeneratura o ricopertura, costituiscono rifiuti, stante la loro destinazione ad un'operazione di recupero.

Cass. pen. n. 2246/2007

La disciplina applicabile allo smaltimento dei rifiuti allo stato liquido derivanti da attività ospedaliera continua ad essere quella relativa agli scarichi di cui alla sez. II, parte terza, del D.Lgs. n. 152 del 2006 e non quella in materia di smaltimento di rifiuti liquidi di cui alla parte quarta del predetto decreto, non rivestendo alcun valore innovativo l'art. 185 del richiamato decreto legislativo che per i "rifiuti liquidi costituiti da acque reflue" prevede l'applicazione della disciplina sui rifiuti, ciò in quanto l'art. 227 del medesimo decreto dichiara applicabile ai rifiuti liquidi ospedalieri la disciplina in materia di scarichi, richiamando l'art. 6 del D.P.R. 15 luglio 2003, n. 254 che rinvia all'abrogato D.Lgs. n. 152 del 1999 sulle acque. (Nella specie, si trattava di rifiuti provenienti dal lavaggio delle apparecchiature utilizzate per gli esami di laboratorio, contenenti residui biologici miscelati con i reagenti chimici utilizzati per le analisi, reflui convogliati direttamente nell'impianto di depurazione dell'ospedale che recapitava, dietro regolare autorizzazione, nella rete fognaria comunale).

In tema di tutela penale delle acque, anche dopo l'entrata in vigore del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, la disciplina applicabile allo smaltimento dei rifiuti allo stato liquido derivanti da attività ospedaliera continua ad essere quella relativa agli scarichi e non quella in materia di smaltimento di rifiuti liquidi, non rivestendo carattere innovativo l'art. 185 che per i "rifiuti liquidi costituiti da acque reflue" prevede l'applicazione della disciplina sui rifiuti, in quanto l'art. 227 del D.Lgs. n. 152 del 2006 dichiara applicabile ai rifiuti ospedalieri la disciplina in materia di scarichi, richiamando l'art. 6 del D.P.R. 15 luglio 2004, n. 254 che rinvia all'abrogato D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152 sulle acque. (Annulla con rinvio, Trib. lib. Trieste, 10 luglio 2007).

Cass. pen. n. 2777/2006

L'entrata in vigore del D.Lgs. 209/2003 sulla gestione dei veicoli fuori uso non ha determinato una abolitio criminis trattandosi invece di successione di leggi nel tempo senza soluzione di continuità ai sensi dell'art. 2, comma terzo c.p. (Nella fattispecie de qua va applicata la norma di cui all'art. 51, 1 comma lett. a) D.Lgs. 22/97, vigente all'epoca dei fatti (04/07/01), in quanto più favorevole all'imputato poiché prevede un trattamento sanzionatorio meno afflittivo rispetto a quello stabilito con l'art. 13, comma 1, D.Lgs. 209/2003).

Cass. pen. n. 33789/2005

La circostanza che un veicolo risulti ancora iscritto negli elenchi del P.R.A. (Pubblico Registro Automobilistico) non ne esclude la natura di rifiuto speciale, nel caso in cui il suo stato di degrado lo renda inidoneo alla circolazione. Pertanto, tenuto conto di quanto sancito alla lettera d) del comma 2 dell'art. 3 D.Lgs. n. 309/03, deve essere considerato "fuori uso" sia il veicolo di cui il proprietario si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi, sia quello destinato alla demolizione, ufficialmente privato delle targhe di immatricolazione, anche prima della materiale consegna a un centro di raccolta, sia quello che - come nella specie - risulti in evidente stato di abbandono, anche se giacente in area privata.

Cass. pen. n. 24934/2005

Lo sversamento di oli usati su suolo non asfaltato o in altro modo protetto configura il reato di cui all'art. 14 D.Lgs. 27 gennaio 1992 n. 95 anche se effettuato in quantità limitata e indipendentemente dalla prova di un danno al suolo, atteso l'obbligo di conferimento del materiale in questione all'apposito consorzio in applicazione del generale principio di prevenzione vigente in materia.

Cons. Stato n. 611/2004

La mancanza nella disciplina di riferimento di una previsione puntuale e vincolante che regoli i tempi dello smaltimento dei rifiuti sanitari non vale, di per sé, come, peraltro, esattamente riconosciuto dal T.A.R., ad impedire all'istituto committente di stabilire, nella lex specialis di gara o, meglio, nella connessa prefigurazione della disciplina del rapporto contrattuale, una regolamentazione specifica di un aspetto del servizio, rimasto sprovvisto di dettami nella normativa primaria. Ne consegue che il giudizio di legalità della prescrizione in esame va compiuto alla stregua degli ordinari criteri di verifica del corretto esercizio della discrezionalità (e, in particolare, dei canoni della ragionevolezza e della proporzionalità), senza, tuttavia, trascurare le indicazioni ricavabili dall'analisi della disciplina positiva di riferimento quali principi di indirizzo dell'attività di scelta riservata alle amministrazioni appaltanti nei settore in questione. Così definito il campo di indagine e chiarito che la mancanza di un parametro positivo del tempo occorrente per lo smaltimento non impedisce l'uso del potere discrezionale di regolare tale aspetto dell'appalto, risulta agevole rilevare che la natura dell'oggetto dell'obbligo sancito dalla clausola controversa - rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo (CER 180103) - e le connesse esigenze di tutela dell'ambiente e della salute pubblica (espressamente valorizzate dall'art. 1 D.M. n. 219/2000, con specifico riferimento alla gestione dei rifiuti sanitari) giustificano senz'altro una misura precauzionale che, in aggiunta alla disciplina primaria (di per sé, come detto, non esaustiva delle cautele sanzionabili dalle amministrazioni committenti), riduca ulteriormente i rischi di contaminazione, mediante la limitazione spaziale e temporale della movimentazione dei rifiuti pericolosi.

Cass. pen. n. 37954/2003

Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 14 D.Lgs. 27 gennaio 1992 n. 95 (sversamento di oli esausti sul suolo) non è sufficiente una quantità limitata di materiale oleoso sparsa sul terreno, atteso che l'art. 3 del citato decreto, cui fa rinvio l'art. 14 nell'individuare i divieti sanzionati, vieta il deposito o lo scarico di oli usati che abbiano effetti nocivi per il suolo, così che va perseguito penalmente non qualsiasi scarico, ma solo quello che abbia un effetto nocivo per il suolo, in coerenza altresì con la prescrizione generale del comma 1 dell'art. 3, per il quale gli oli usati devono essere eliminati evitando danni alla salute ed all'ambiente.

C. giust. UE n. 15/2003

Dall'art. 3, n. 1, della direttiva 75/439, concernente l'eliminazione degli oli usati, come modificata dalla direttiva 87/101, risulta che il riferimento ai «vincoli di carattere tecnico, economico o organizzativo» contemplati dal detto articolo fa parte di una disposizione che esprime in modo globale l'obbligo imposto agli Stati membri e che, con tale indicazione, il legislatore comunitario ha inteso non tanto prevedere eccezioni limitate ad una regola di applicazione generale, bensì definire il campo di applicazione e il contenuto di un obbligo positivo consistente nell'assicurare la priorità al trattamento degli oli usati mediante rigenerazione. Infatti, considerare che la situazione tecnica, economica e organizzativa esistente in uno Stato membro è necessariamente costitutiva di vincoli che sono di ostacolo all'adozione delle misure previste dalla detta disposizione si risolverebbe nel privare quest'ultima di qualsiasi effetto utile, poiché la portata dell'obbligo imposto agli Stati membri verrebbe limitata dal mantenimento dello status quo, di modo che non sussisterebbe alcun obbligo effettivo di adottare le misure necessarie a favore di un trattamento prioritario degli oli usati mediante rigenerazione.

C. Conti n. 15/1996

La scelta dei sistemi, delle tecnologie e dei mezzi tecnici da adottare deve essere effettuata sulla base di una valutazione comparata delle diverse soluzioni tecnicamente ed economicamente realizzabili, che tenga conto in primo luogo dell'esigenza di evitare pericoli per la salute dell'uomo e dell'ambiente. Pertanto, non appare irrazionale ed in contrasto con le disposizioni in materia d'acquisto di contenitori in polietilene rispetto a quelli in cartone, pur adoperati nella prassi di altre USL per lo smaltimento di rifiuti sanitari, mentre configura ipotesi di responsabilità per danno erariale il relativo acquisto, operato ad un prezzo decisamente antieconomico, assolutamente sproporzionato rispetto a quello praticato da altre ditte per contenitori della stessa specie.

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