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Articolo 184 ter Codice dell'ambiente

(D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Cessazione della qualifica di rifiuto

Dispositivo dell'art. 184 ter Codice dell'ambiente

1. Un rifiuto cessa di essere tale, quando è stato sottoposto a un'operazione di recupero, incluso il riciclaggio, e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni:

  1. a) la sostanza o l'oggetto sono destinati a essere utilizzati per scopi specifici(1);
  2. b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;
  3. c) la sostanza o l'oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;
  4. d) l'utilizzo della sostanza o dell'oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o sulla salute umana.

2. L'operazione di recupero può consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle predette condizioni. I criteri di cui al comma 1 sono adottati in conformità a quanto stabilito dalla disciplina comunitaria ovvero, in mancanza di criteri comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. I criteri includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull'ambiente della sostanza o dell'oggetto.

3. In mancanza di criteri specifici adottati ai sensi del comma 2, le autorizzazioni di cui agli articoli 208, 209 e 211 e di cui al titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, per lo svolgimento di operazioni di recupero ai sensi del presente articolo, sono rilasciate o rinnovate nel rispetto delle condizioni di cui all'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, e sulla base di criteri dettagliati, definiti nell'ambito dei medesimi procedimenti autorizzatori previo parere obbligatorio e vincolante dell'ISPRA o dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale territorialmente competente, che includono:

  1. a) materiali di rifiuto in entrata ammissibili ai fini dell'operazione di recupero;
  2. b) processi e tecniche di trattamento consentiti;
  3. c) criteri di qualità per i materiali di cui è cessata la qualifica di rifiuto ottenuti dall'operazione di recupero in linea con le norme di prodotto applicabili, compresi i valori limite per le sostanze inquinanti, se necessario;
  4. d) requisiti affinché i sistemi di gestione dimostrino il rispetto dei criteri relativi alla cessazione della qualifica di rifiuto, compresi il controllo della qualità, l'automonitoraggio e l'accreditamento, se del caso;
  5. e) un requisito relativo alla dichiarazione di conformità.

In mancanza di criteri specifici adottati ai sensi del comma 2, continuano ad applicarsi, quanto alle procedure semplificate per il recupero dei rifiuti, le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998, e ai regolamenti di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269(2).

3-bis. Le autorità competenti al rilascio delle autorizzazioni di cui al comma 3 comunicano all'ISPRA i nuovi provvedimenti autorizzatori adottati, riesaminati o rinnovati, entro dieci giorni dalla notifica degli stessi al soggetto istante(3).

3-ter. L'ISPRA, o l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente territorialmente competente delegata dal predetto Istituto, controlla a campione, sentita l'autorità competente di cui al comma 3-bis, in contraddittorio con il soggetto interessato, la conformità delle modalità operative e gestionali degli impianti, ivi compresi i rifiuti in ingresso, i processi di recupero e le sostanze o oggetti in uscita, agli atti autorizzatori rilasciati nonché alle condizioni di cui al comma 1, redigendo, in caso di non conformità, apposita relazione. [Il procedimento di controllo si conclude entro sessanta giorni dall'inizio della verifica. L'ISPRA o l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente delegata comunica entro quindici giorni gli esiti della verifica al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.](4) Al fine di assicurare l'armonizzazione, l'efficacia e l'omogeneità dei controlli di cui al presente comma sul territorio nazionale, si applicano gli articoli 4, comma 4, e 6 della legge 28 giugno 2016, n. 132.

3-quater. [Ricevuta la comunicazione di cui al comma 3-ter, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nei sessanta giorni successivi, adotta proprie conclusioni, motivando l'eventuale mancato recepimento degli esiti dell'istruttoria contenuti nella relazione di cui al comma 3-ter, e le trasmette all'autorità competente. L'autorità competente avvia un procedimento finalizzato all'adeguamento degli impianti, da parte del soggetto interessato, alle conclusioni di cui al presente comma, disponendo, in caso di mancato adeguamento, la revoca dell'autorizzazione e dando tempestiva comunicazione della conclusione del procedimento al Ministero medesimo. Resta salva la possibilità per l'autorità competente di adottare provvedimenti di natura cautelare.](5)

3-quinquies. [Decorsi centottanta giorni dalla comunicazione all'autorità competente, ove il procedimento di cui al comma 3-quater non risulti avviato o concluso, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può provvedere, in via sostitutiva e previa diffida, anche mediante un commissario ad acta, all'adozione dei provvedimenti di cui al comma 3-quater. Al commissario non è dovuto alcun compenso per lo svolgimento delle funzioni attribuite ai sensi del presente comma e il medesimo commissario non ha diritto a gettoni, rimborsi di spese o altri emolumenti, comunque denominati.](5)

3-sexies. Con cadenza annuale, l'ISPRA redige una relazione sulle verifiche e i controlli effettuati nel corso dell'anno ai sensi del comma 3-ter e la comunica al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro il 31 gennaio(8).

3-septies. Al fine del rispetto dei principi di trasparenza e di pubblicità, è istituito presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il registro nazionale per la raccolta delle autorizzazioni rilasciate e delle procedure semplificate (RECER) concluse ai sensi del presente articolo. Le autorità competenti, al momento del rilascio, comunicano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare i nuovi provvedimenti autorizzatori emessi, riesaminati e rinnovati nonché gli esiti delle procedure semplificate avviate per l'inizio di operazioni di recupero di rifiuti ai fini del presente articolo. Con decreto non avente natura regolamentare del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono definite le modalità di funzionamento e di organizzazione del registro di cui al presente comma. A far data dall'effettiva operatività del registro di cui al presente comma, la comunicazione di cui al comma 3-bis si intende assolta con la sola comunicazione al registro. Alle attività di cui al presente comma le amministrazioni provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente(6)(8).

4. Un rifiuto che cessa di essere tale ai sensi e per gli effetti del presente articolo è da computarsi ai fini del calcolo del raggiungimento degli obiettivi di recupero e riciclaggio stabiliti dal presente decreto, dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n 209, dal decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, e dal decreto legislativo 120 novembre 2008, n. 188, ovvero dagli atti di recepimento di ulteriori normative comunitarie, qualora e a condizione che siano soddisfatti i requisiti in materia di riciclaggio o recupero in essi stabiliti.

5. La disciplina in materia di gestione dei rifiuti si applica fino alla cessazione della qualifica di rifiuto.

5-bis. La persona fisica o giuridica che utilizza, per la prima volta, un materiale che ha cessato di essere considerato rifiuto e che non è stato immesso sul mercato o che immette un materiale sul mercato per la prima volta dopo che cessa di essere considerato rifiuto, provvede affinché il materiale soddisfi i pertinenti requisiti ai sensi della normativa applicabile in materia di sostanze chimiche e prodotti collegati. Le condizioni di cui al comma 1 devono essere soddisfatte prima che la normativa sulle sostanze chimiche e sui prodotti si applichi al materiale che ha cessato di essere considerato un rifiuto(7).

Note

(1) Tale lettera è stata modificata dall'art. 14-bis comma 1 del D.L. 3 settembre 2019, n. 101, convertito con modificazioni dalla L. 2 novembre 2019, n. 128.
(2) Tale comma è stato modificato dall'art. 14-bis comma 2 del D.L. 3 settembre 2019, n. 101, convertito con modificazioni dalla L. 2 novembre 2019, n. 128.
(3) Tale comma è stato modificato dall'art. 14-bis comma 9 del D.L. 3 settembre 2019, n. 101, convertito con modificazioni dalla L. 2 novembre 2019, n. 128.
(4) Periodo soppresso dal D.L. 31 maggio 2021, n. 77.
(5) Comma soppresso dal D.L. 31 maggio 2021, n. 77.
(6) I commi 3-bis, 3-ter, 3-quater, 3-quinquies, 3-sexies e 3-septies sono stati inseriti dall'art. 14-bis comma 3 del D.L. 3 settembre 2019, n. 101, convertito con modificazioni dalla L. 2 novembre 2019, n. 128.
(7) Comma inserito dall'art. 1, comma 12, lett. b) del D. Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.
(8) I commi 3-sexies e 3-septies sono stati modificati dall'art. 1, comma 6, lettere a) e b) del D. Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

Massime relative all'art. 184 ter Codice dell'ambiente

Cass. pen. n. 47712/2018

In tema di trattamento di rotaie dismesse, continua ad applicarsi il D.M. 5 febbraio 1998, in uno con il richiamo alle specifiche CECA, che prescrive per il recupero di questi rifiuti che l'operazione di "cesoiatura" avvenga rispettando il limite di lunghezza massima di 1,5 m (nella specie, si trattava della gestione di notevoli quantitativi di rotaie dismesse da R.F.I., sottoposte a operazione di "cesoiatura" per una lunghezza superiore a quel la prevista dal D.M. 5 febbraio 1998 e dalle specifiche CECA da questo richiamate).

Il Regolamento n. 333/2011 non può ritenersi abrogativo del decreto 5/2/1998, come si ricava distintamente dal comma 3 dell'art. 184-ter citato, che tale ultimo provvedimento richiama in modo espresso, ammettendone la perdurante vigenza (sia pur fino all'adozione di nuovi decreti ministeriali). Al contempo, peraltro, il medesimo provvedimento comunitario prevede - tra le caratteristiche che i rottami di ferro debbono avere per perdere la qualità di rifiuto - l'avvenuta cesoiatura, senza specificazioni tecniche. Queste ultime, tuttavia, a giudizio del Collegio debbono essere comunque previste, e debbono essere normate, al fine di evitare, per un verso, che rifiuti con caratteristiche molto diverse possano esser sottoposti alla medesima, rilevante disciplina in tema di end of waste, e, per altro verso, che l'assenza di regole dettagliate - specie in una materia ad alto tecnicismo - stravolga la ratio ed il significato delle disposizioni (comunitarie) medesime (ad esempio, poter vendere come usate le rotaie solo in apparenza recuperate, ma in realtà caratterizzate da cesoiatura di ampia portata). Ecco, dunque, che la necessità di accompagnare una disciplina così tecnica con specifiche disposizioni esecutive comporta, in assenza di espressa previsione, che queste siano comunque ricavate dalla normativa vigente, da individuare nel caso in esame nelle specifiche CECA, alle quali il D.M. 5 febbraio 1998 fa diretto rinvio in punto di lunghezza massima delle parti "cesoiate" (lunghezza che, per emergenza pacifica, non è stata rispettata nella vicenda di cui trattasi). Sì da ravvisarsi, tra i due testi, quella "totale sintonia quanto a strumenti e finalità" che la Corte di appello ha correttamente evidenziato.

Cons. Stato n. 1229/2018

Il Ministero dell'ambiente è il solo ente nazionale competente a individuare, a integrazione di quanto già previsto dalle direttive comunitarie, gli ulteriori "tipi" di materiale che possono essere considerati come "non rifiuto", in quanto riciclabile, sulla base di un'analisi da svolgersi caso per caso. Le Regioni non hanno competenza in materia. In linea generale, la disciplina della cessazione della qualifica di "rifiuto" è riservata alla normativa comunitaria. Posto che: 1) la direttiva 2008/98/CE, relativa ai rifiuti, che disciplina la cessazione della qualifica di "rifiuto" riservandola alla normativa comunitaria, non riconosce il potere di valutazione "caso per caso" ad enti e/o organizzazioni interne allo Stato, ma solo allo Stato medesimo, che assume anche l'obbligo di interlocuzione con la commissione; 2) la predetta valutazione non può che intervenire, ragionevolmente, se non con riferimento all'intero territorio di uno Stato membro, le regioni non hanno il potere di definire cosa è da intendersi o meno come rifiuto.

Cass. pen. n. 29652/2017

In tema di rifiuti, i materiali dragati di cui all'art. 184-quater, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, sottoposti ad operazioni di recupero in casse di colmata o in altri impianti autorizzati, cessano di essere rifiuti (c.d. End of Waste) qualora, all'esito di operazioni di recupero (che possono consistere anche in operazioni di cernita e selezione) soddisfino una serie di requisiti e siano utilizzati in conformità a determinate condizioni, diverse a seconda che essi siano utilizzati in un sito o direttamente all'interno di un ciclo produttivo; ne consegue che, in mancanza del verificarsi di dette condizioni, il trasporto dei fanghi di dragaggio al di fuori dello stabilimento necessita del FIR e della dichiarazione di conformità. (Annulla con rinvio, Trib. Gorizia, 23 maggio 2017).

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relative all'articolo 184 ter Codice dell'ambiente

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Leonardo M. chiede
lunedì 24/02/2020 - Toscana
“In un'area autorizzata dal comune per lo stoccaggio di materie prime di inerti di cava possono essere stoccate nella stessa area materie prime certificate derivate dalla lavorazione di rifiuti inerti quali macerie da demolizione?”
Consulenza legale i 18/03/2020
I materiali edili derivanti dalle attività di demolizione e costruzione vengono normalmente classificati, ai sensi dell’art. 184, D. Lgs. n. 156/2006, come rifiuti speciali, con tutto quello che ne consegue in materia di disciplina per il loro trattamento e deposito e di applicazione delle sanzioni (anche penali) per i soggetti che violino le disposizioni di riferimento in materia.

Tuttavia, tali materiali possono perdere tale qualifica nel caso siano sottoposti alle operazioni di recupero svolte nel rispetto delle condizioni previste dall’art. 184 ter, D. Lgs. n. 156/2006.
Detta norma, in particolare, indica sia i criteri generali che devono soddisfare una sostanza o un oggetto per essere avviati al recupero, che vengono stabiliti in dettaglio per ogni categoria di materiali con appositi Decreti ministeriali, sia il regime per il rilascio dell’autorizzazione necessaria ai soggetti che intendano svolgere tale attività.
È importante notare che, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 184 ter, “la disciplina in materia di gestione dei rifiuti si applica fino alla cessazione della qualifica di rifiuto”.
Tale disposizione viene intesa in modo rigoroso dalla giurisprudenza, che esclude che un materiale possa perdere la qualificazione giuridica di rifiuto in tutti i casi in cui il recupero non venga svolto da un soggetto specificamente autorizzato allo svolgimento di tale attività (Cassazione penale, sez. III, 01 ottobre 2015, n.41075; Cassazione penale, sez. III, 20 febbraio 2014, n.16423; Cassazione penale, sez. III, 16 maggio 2012, n.25206).
Inoltre, la perdita della qualifica di rifiuto si verifica soltanto una volta che sia stato completato positivamente il ciclo di recupero di cui all’art. 184 ter (Cassazione penale, sez. III, 22 novembre 2017, n.18891).
Va poi ricordato l’art. 3, D.M. 5 febbraio 1998, che equipara i rifiuti recuperati nel rispetto di tutte le disposizioni suddette a materie prime e a materie prime secondarie, purché essi vengano destinati “in modo effettivo ed oggettivo all'utilizzo nei cicli di consumo o di produzione”.

Alla luce di quanto detto e considerato che lo scrivente non ha potuto esaminare la specifica autorizzazione richiamata nel quesito, né gli è noto se essa preveda limiti quantitativi o qualitativi relativi al materiale che il titolare può trattare, sembra potersi concludere per una risposta positiva circa la possibilità di stoccare gli inerti derivanti da lavorazioni edili in un sito destinato ad ospitare materie prime di cava.
Tuttavia, tale attività può essere legittimamente svolta soltanto a patto che sia possibile documentare in modo particolarmente rigoroso l’avvenuto completamento delle operazioni di recupero presso un soggetto autorizzato, nonché la destinazione di tali materiali al riutilizzo nei cicli di consumo o produzione.
In mancanza anche di una sola di tali condizioni, infatti, gli inerti mantengono la loro qualificazione giuridica di rifiuto, con la conseguenza che il loro deposito e stoccaggio può dare luogo alla responsabilità penale per i reati previsti dal Codice dell’Ambiente, con il rischio di incorrere anche in sanzioni amministrative incidenti sull’autorizzazione già rilasciata dal Comune.