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Articolo 18 Codice del processo amministrativo

(D.lgs. 2 luglio 2010, n. 104)

[Aggiornato al 06/10/2023]

Ricusazione

Dispositivo dell'art. 18 Codice del processo amministrativo

1. Al giudice amministrativo si applicano le cause di ricusazione previste dal codice di procedura civile.

2. La ricusazione si propone, almeno tre giorni prima dell'udienza designata, con domanda diretta al presidente, quando sono noti i magistrati che devono prendere parte all'udienza; in caso contrario, può proporsi oralmente all'udienza medesima prima della discussione.

3. La domanda deve indicare i motivi ed i mezzi di prova ed essere firmata dalla parte o dall'avvocato munito di procura speciale.

4. Proposta la ricusazione, il collegio investito della controversia può disporre la prosecuzione del giudizio, se ad un sommario esame ritiene l'istanza inammissibile o manifestamente infondata.

5. In ogni caso la decisione definitiva sull'istanza è adottata, entro trenta giorni dalla sua proposizione, dal collegio previa sostituzione del magistrato ricusato, che deve essere sentito.

6. I componenti del collegio chiamato a decidere sulla ricusazione non sono ricusabili.

7. Il giudice, con l'ordinanza con cui dichiara inammissibile o respinge l'istanza di ricusazione, provvede sulle spese e può condannare la parte che l'ha proposta ad una sanzione pecuniaria non superiore ad euro cinquecento.

8. La ricusazione non ha effetto sugli atti anteriori. L'accoglimento dell'istanza di ricusazione rende nulli gli atti compiuti ai sensi del comma 4 con la partecipazione del giudice ricusato.

Spiegazione dell'art. 18 Codice del processo amministrativo

L’art. 18 disciplina la ricusazione del giudice. Essa viene, in particolare, definita dalla giurisprudenza di legittimità come uno strumento per mezzo del quale la parte che vi ha interesse può denunciare l’esistenza di una delle situazioni che possono fondare il sospetto della parzialità del giudice (sulle quali si veda sub art. 17 c.p.a.) ed ha carattere strumentale rispetto alla decisione di merito (ovviamente, qualora nel frattempo venga rimossa la causa su cui si fonda, l’istanza di ricusazione sarà inammissibile).
Il legislatore, nel disciplinare la ricusazione del Giudice Amministrativo, rimanda alla disciplina dell’art. 52c.p.c. e tuttavia prevede un procedimento in parte differente.
La ricusazione si chiede infatti
  • con istanza scritta inoltrata al Presidente almeno tre giorni (e non due come disposto dal c.p.c.) prima dell’udienza, se sono noti i magistrati designati;
  • oralmente in udienza, se non sono noti.
L’istanza, in particolare, deve indicare i motivi e i mezzi di prova e deve essere sottoscritta dalla parte o dall’avvocato munito di procura speciale.
La proposizione dell’istanza non sospende automaticamente il giudizio, potendo questo proseguire nel caso in cui risulti la manifesta infondatezza o la inammissibilità della stessa. Da tale previsione, contenuta nel co. 4 della norma in esame, emerge quindi che l’istanza di ricusazione non produce effetto sospensivo automatico sul processo pendente innanzi al Giudice Amministrativo e questa costituisce un’ulteriore differenza rispetto alla ricusazione nel processo civile.

Altra differenza, poi, è prevista dal co. 5, che impone al collegio un termine massimo (nello specifico di trenta giorni) dalla proposizione dell’istanza per la decisione sulla ricusazione, previa sostituzione del magistrato ricusato, il quale deve essere sentito.

Circa la decisione sull’istanza, va conclusivamente segnalato che essa può avere un duplice esito:
  • in caso di rigetto (co.7), l’ordinanza provvede sulle spese e può anche condannare l’istante ad una sanzione pecuniaria. Siffatta ordinanza, non avendo il procedimento di impugnazione natura giurisdizionale, non è impugnabile;
  • in caso di accoglimento (co. 8), il processo proseguirà senza il giudice ritenuto non imparziale ma sono salvi gli atti anteriori.

Massime relative all'art. 18 Codice del processo amministrativo

Cons. Stato n. 3985/2015

Il principio per cui il giudice ricusato non può partecipare alla decisione sulla sua ricusazione deve trovare applicazione tutte le volte che la questione abbia un nucleo minimo di consistenza personale, né può valorizzarsi, per giungere a conclusioni contrarie, il tenore letterale dell'art. 18 D.Lgs. n. 104/2010 (CPA), nella parte in cui, persino in ipotesi di istanze manifestamente inammissibili o infondate sembrerebbe imporre un'autonoma decisione da parte di un giudice diverso (Conferma della sentenza del T.a.r. Lazio, Roma, sez. II, n. 1884/2013).

Cass. civ. n. 27847/2013

In ipotesi di ricusazione del giudice amministrativo, l'applicazione dell'art. 18, comma 4, del codice del processo amministrativo - che consente che il collegio investito della controversia possa disporre la prosecuzione del giudizio se ad un sommario esame ritenga l'istanza inammissibile o manifestamente infondata - appartiene alle regole del processo amministrativo, sicché sono configurabili solo eventuali "errores in procedendo" che non ridondano in possibili vizi di giurisdizione censurabili con ricorso per cassazione ex art. 362, primo comma, cod. proc. civ., salvo che non risulti la mancata (o meramente apparente o abnorme) applicazione di tali regole processuali, che, invece, integra un vizio deducibile sotto il profilo dell'eccesso di potere giurisdizionale per violazione dei limiti esterni della giurisdizione stessa, (nella specie, il giudizio amministrativo, avente ad oggetto la legittimità della procedura concorsuale di nomina a consigliere di stato, era stato definito con sentenza nonostante la ricusazione di tutti i componenti del collegio perché consiglieri di stato al pari dei controinteressati e, dunque, per asserito difetto di terzietà; la s.c., nel rigettare il ricorso, ha affermato il principio su esteso) (Rigetta, Cons. St. Roma, 2/4/2012).

Cons. Stato n. 6186/2012

Nel giudizio amministrativo l'applicazione dell'art. 18 CPA (d.lgs. n. 104/2010) - ed in particolare l'obbligo, ivi previsto, di sostituzione dei magistrati ricusati e l'adozione, da parte del nuovo collegio, di una decisione specifica sull'istanza di ricusazione - è riservata alle sole ipotesi di ricusazione enucleate dall'art. 51 c.p.c., e non a quelle che, in ragione del loro oggetto, totalmente estraneo all'elenco dell'art. 51, né in alcun modo partecipe della natura delle cause ivi prese in considerazione, costituiscono un anomalo utilizzo dell'istituto processuale, foriero di inutile dispendio di energie processuali o addirittura di effetti paralizzanti per l'attività decisoria dell'organo giurisdizionale (Conferma della sentenza del T.a.r. Sardegna - Cagliari, sez. I, n. 1850/2005).

L'art. 51 c.p.c. circoscrive i casi di astensione (speculari a quelli di ricusazione) agli interessi personali, familiari o professionali che minano la terzietà del giudice, in un logica di fondo di natura deduttiva, che ricava dalla preesistenza dell'interesse il pericolo di una decisione ingiusta. La preesistenza dell'interesse del giudice ed il suo coinvolgimento personale che giustifica il principio, recepito dall'art. 18 CPA (d.lgs. n. 104/2010), per il quale il giudice ricusato non può decidere della propria ricusazione (Conferma della sentenza del T.a.r. Sardegna - Cagliari, sez. I, n. 1850/2005).

Cons. Stato n. 5377/2012

Nel giudizio amministrativo, l'art. 18 CPA (d.lgs. n. 104/2010) prevede, in ordine alla decisione dell'istanza di ricusazione, tra l'altro che: a) "il collegio investito della controversia può disporre la prosecuzione del giudizio, se ad un sommario esame ritiene l'istanza inammissibile o manifestamente infondata" (comma 4); b) che "in ogni caso la decisione definitiva sull'istanza è adottata, entro trenta giorni dalla sua proposizione, dal collegio previa sostituzione del magistrato ricusato, che deve essere sentito" (comma 5) (Conferma della sentenza del T.a.r. Sardegna - Cagliari, n. 1493/2001).

Cons. Stato n. 3406/2011

Considerato che dalle norme riportate si evince che, nella prima ipotesi (cioè quando ravvisi l'inammissibilità o la manifesta infondatezza dell'istanza), il Collegio può decidere, anche in composizione comprendente il o i magistrati ricusati, dovendosi porre il problema del rinvio ad altra udienza ("previa sostituzione del magistrato ricusato"), sia quando non si rinvengano ragioni fondanti la declaratoria di inammissibilità o manifesta infondatezza dell'istanza (e quindi la stessa deve essere compiutamente esaminata), sia quando il Collegio ha delibato l'inammissibilità o la manifesta infondatezza dell'istanza, come si evince dal comma 8, secondo periodo, in base al quale "l'accoglimento dell'istanza di ricusazione rende nulli gli atti compiuti ai sensi del comma 4 con la partecipazione del giudice ricusato", norma che sarebbe priva di senso ove non si prevedesse una decisione successiva, ai sensi del comma 5, alla immediata delibazione di cui al comma 4.

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