Consiglio di Stato Sez. IV sentenza n. 3406 del 6 giugno 2011

(2 massime)

(massima n. 1)

Considerato, quanto al diritto alla udienza pubblica, che la giurisprudenza ha affermato che "il principio della pubblicità del giudizio che si svolge innanzi ad organi giurisdizionali, pur costituendo un cardine dell'ordinamento democratico, fondato sulla sovranità popolare, sulla quale si basa l'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'art. 101, comma 1, Cost., non trova un'applicazione assoluta, potendo essere limitato, oltre che nell'interesse della morale, dell'ordine pubblico, della sicurezza nazionale, dei minori o della vita privata delle stesse parti del processo, anche nell'interesse stesso della giustizia", come peraltro prevede il medesimo art. 6 (Cass., Sez. Un., 20 aprile 2004 n. 7585); che, fatte salve le eccezioni previste dallo stesso art. 6, è sufficiente l'assicurazione che "il processo debba prevedere un momento di trattazione in udienza pubblica".

(massima n. 2)

Considerato che dalle norme riportate si evince che, nella prima ipotesi (cioè quando ravvisi l'inammissibilità o la manifesta infondatezza dell'istanza), il Collegio può decidere, anche in composizione comprendente il o i magistrati ricusati, dovendosi porre il problema del rinvio ad altra udienza ("previa sostituzione del magistrato ricusato"), sia quando non si rinvengano ragioni fondanti la declaratoria di inammissibilità o manifesta infondatezza dell'istanza (e quindi la stessa deve essere compiutamente esaminata), sia quando il Collegio ha delibato l'inammissibilità o la manifesta infondatezza dell'istanza, come si evince dal comma 8, secondo periodo, in base al quale "l'accoglimento dell'istanza di ricusazione rende nulli gli atti compiuti ai sensi del comma 4 con la partecipazione del giudice ricusato", norma che sarebbe priva di senso ove non si prevedesse una decisione successiva, ai sensi del comma 5, alla immediata delibazione di cui al comma 4.

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