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Articolo 11 Codice del processo amministrativo

(D.lgs. 2 luglio 2010, n. 104)

[Aggiornato al 06/10/2023]

Decisione sulle questioni di giurisdizione

Dispositivo dell'art. 11 Codice del processo amministrativo

1. Il giudice amministrativo, quando declina la propria giurisdizione, indica, se esistente, il giudice nazionale che ne è fornito.

2. Quando la giurisdizione è declinata dal giudice amministrativo in favore di altro giudice nazionale o viceversa, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, sono fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda se il processo è riproposto innanzi al giudice indicato nella pronuncia che declina la giurisdizione, entro il termine perentorio di tre mesi dal suo passaggio in giudicato.

3. Quando il giudizio è tempestivamente riproposto davanti al giudice amministrativo, quest'ultimo, alla prima udienza, può sollevare anche d'ufficio il conflitto di giurisdizione.

4. Se in una controversia introdotta davanti ad altro giudice le sezioni unite della Corte di cassazione, investite della questione di giurisdizione, attribuiscono quest'ultima al giudice amministrativo, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, sono fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda, se il giudizio è riproposto dalla parte che vi ha interesse nel termine di tre mesi dalla pubblicazione della decisione delle sezioni unite.

5. Nei giudizi riproposti, il giudice, con riguardo alle preclusioni e decadenze intervenute, può concedere la rimessione in termini per errore scusabile ove ne ricorrano i presupposti.

6. Nel giudizio riproposto davanti al giudice amministrativo, le prove raccolte nel processo davanti al giudice privo di giurisdizione possono essere valutate come argomenti di prova.

7. Le misure cautelari perdono la loro efficacia trenta giorni dopo la pubblicazione del provvedimento che dichiara il difetto di giurisdizione del giudice che le ha emanate. Le parti possono riproporre le domande cautelari al giudice munito di giurisdizione.

Spiegazione dell'art. 11 Codice del processo amministrativo

La norma in esame disciplina le conseguenze processuali delle decisioni sulle questioni di giurisdizione.
Il comma primo dell’art. 11 c.p.a., in particolare, riguarda il declino di giurisdizione. A tale proposito, il legislatore stabilisce che il Giudice Amministrativo che ritenga insussistente la propria competenza giurisdizionale deve indicare il giudice munito di giurisdizione.
I commi seguenti, poi, codificano l’istituto della c.d. translatio iudicii (trasmigrazione della controversia), disciplinato in via generale dall’art. 59 L. 69/2009. Esso si sostanzia nella riproposizione del giudizio innanzi al giudice indicato di modo che si assicuri la prosecuzione del rapporto processuale originariamente instaurato.
Nello specifico, infatti, si prevede che se la riproposizione del processo innanzi al giudice munito di giurisdizione – sia essa conseguente al declino di giurisdizione da parte del giudice (co.2) oppure alla decisione delle Sezioni Unite (co. 4) – avviene entro tre mesi sono fatti salvi gli effetti della domanda giudiziale. In particolare, sono salvi gli effetti di tipo:
  • processuale;
  • sostanziale.
Restano però ferme le preclusioni e le decadenze maturate, salvo il potere del giudice di concedere la rimessione in termini per errore scusabile se ricorrono i presupposti (co. 5). Le prove raccolte nel processo innanzi al giudice che si è rivelato poi privo di giurisdizione, inoltre, possono valere come argomenti di prova nel giudizio riproposto (co. 6).
L’ultimo comma della norma in esame riguarda le misure cautelari: quelle concesse dal giudice giurisdizionalmente incompetente, infatti, perdono efficacia dopo trenta giorni dal provvedimento che dichiara il difetto di giurisdizione, ma le parti possono avanzare nuove istanze cautelari nel giudizio riproposto.
Conclusivamente si segnala che la codificazione di questo meccanismo ha segnato il trionfo del principio della comunicabilità tra giudici appartenenti ad ordini diversi, coerente – come già era stato segnalato dalla pronuncia della Consulta n. 77 del 2007 – con i valori costituzionali tutelati dagli articoli 24 e 111 della Costituzione.

Massime relative all'art. 11 Codice del processo amministrativo

Cass. civ. n. 11219/2019

In tema di impugnazione di un atto nella materia delle acque pubbliche, l'errata indicazione nel provvedimento impugnato del termine e dell'autorità cui è possibile ricorrere, richiesta dall'art. 3, comma 4, della L. n. 241 del 1990, è idonea ad ingenerare un errore scusabile che dà diritto alla rimessione in termini, ai sensi dell'art. 37 del c.p.a., richiamato per il processo dinanzi al TSAP dall'art. 208 del r.d. n. 1775 del 1933, senza che rilevi l'introduzione dell'istituto della "translatio iudici", in quanto, in un sistema di tutela complesso, caratterizzato da una pluralità di giurisdizioni, da normative procedurali differenziate nonché dall'esistenza di brevi termini di decadenza per talune e non per altre, sussiste l'esigenza di dare massima effettività al diritto di difesa, in attuazione degli artt. 24 e 113 Cost. (Fattispecie in cui il ricorso innanzi al TSAP, in presenza di una errata indicazione del TAR come giudice munito di giurisdizione, era stato proposto dopo la scadenza del termine previsto dall'art. 143 del r.d. n. 1775 del 1993).

Cass. civ. n. 9683/2019

Il processo che, a seguito di tempestiva riassunzione conseguente ad una pronuncia declinatoria della giurisdizione, si instaura innanzi al giudice indicato come munito di essa, non è un nuovo ed autonomo procedimento, ma la naturale prosecuzione dell'unico giudizio sicché, mentre nella ricorrenza delle condizioni di cui all'art. 59, comma 3, della L. n. 69 del 2009 (e dell'art. 11, comma 3, del c.p.a.) e sempre che la causa riassunta costituisca la riproposizione di quella originaria, il giudice successivamente adito può sollevare d'ufficio la questione di giurisdizione, al contrario, nel giudizio riassunto non può essere sollevato il regolamento preventivo ex art. 41 c.p.c., giacché la pronuncia declinatoria emessa nella prima fase integra una decisione sulla giurisdizione assunta nell'unitario giudizio e, pertanto, ostativa alla proposizione del regolamento preventivo, il quale è utilizzabile solo nella prima fase del medesimo giudizio, ove tale decisione ancora manca.

Cons. Stato n. 1841/2019

Il processo iniziato davanti ad un giudice, che ha poi dichiarato il proprio difetto di giurisdizione, e riassunto nel termine di legge davanti al giudice, indicato dal primo come dotato di giurisdizione, non costituisce un nuovo ed autonomo procedimento, ma la naturale prosecuzione dell'unico giudizio per quanto inizialmente introdotto davanti a giudice carente della, giurisdizione. Infatti, mediante l'istituto della translatio iudicii si mira proprio a realizzare la conservazione degli effetti processuali e sostanziali della domanda originaria, con esclusione della necessità della riproposizione ex novo della domanda, allorché il giudizio è riattivato innanzi al giudice provvisto di giurisdizione. Dunque, quando l'atto originante la prosecuzione del processo è atto di riassunzione (L. n. 69 del 2009, art. 59) diretto a consentire la permanenza di un unico procedimento, il suo modello non può essere costituito altro che dall'art. 125 disp. att. c.p.c.. Non sussiste alcun obbligo per l'Amministrazione di pronunciarsi su un'istanza volta ad ottenere un provvedimento in via di autotutela, non essendo coercibile ab extra l'attivazione del procedimento di riesame della legittimità degli atti amministrativi mediante l'istituto del silenzio-rifiuto, costituendo l'esercizio del potere di autotutela facoltà ampiamente discrezionale dell'Amministrazione, che non ha alcun dovere giuridico di esercitarla, con la conseguenza che essa non ha alcun obbligo di provvedere su istanze che ne sollecitino l'esercizio, per cui sulle stesse non si forma il silenzio e la relativa azione, volta a dichiararne l'illegittimità, è da ritenersi inammissibile. In virtù dell'art. 11 del D.Lgs. n. 104 del 2010, occorre sempre che la domanda sia nuovamente - e tempestivamente - proposta, ai fini della salvaguardia degli effetti di quella originaria e, affinché si possa discorrere di riproposizione, la domanda, di là dagli adattamenti richiesti con le modalità e secondo le forme previste per il giudizio davanti al giudice adito in relazione al rito applicabile (giusta la L. n. 69 del 2009, art. 59, comma 2 della applicabile in via sussidiaria, stante il silenzio dell'art. 11 D.Lgs 104/2010), non dev'essere nuova e autonoma, di contenuto diverso da quella azionata nel precedente giudizio. Pertanto, la riassunzione che consente la salvaguardia degli effetti della domanda originaria deve avere il medesimo contenuto della stessa.

Cass. civ. n. 3331/2019

È ammissibile il ricorso ex art. 111, comma 8, Cost. proposto immediatamente alle Sezioni Unite avverso la decisione declinatoria della giurisdizione, ancorché successivamente il medesimo ricorrente provveda anche alla riassunzione del giudizio innanzi al giudice dichiarato munito di giurisdizione dalla decisione impugnata, atteso che tale contegno processuale, valutato alla luce delle scansioni temporali che l'hanno caratterizzato, non risulta compatibile con una volontà tesa ad abbandonare il ricorso - prioritariamente proposto - con il quale è stato chiesto alle Sezioni Unite di esaminare la questione di giurisdizione, dovendo l'atto successivo intendersi come rivolto non già a prestare acquiescenza alla statuizione in punto di giurisdizione, precedentemente impugnata innanzi all'organo istituzionalmente deputato a risolvere tale questione, ma unicamente a dare esecuzione alla stessa.(Principio affermato con riferimento ad un d.P.R. che, decidendo un ricorso straordinario al Capo dello Stato, aveva ritenuto la cognizione esclusiva e funzionale del Tribunale superiore delle acque pubbliche, in conformità al parere reso dal Consiglio di Stato, cui era seguita l'immediata impugnazione innanzi alle S.U. sulla statuizione relativa alla giurisdizione e la successiva riassunzione del giudizio innanzi al TSAP, con contestuale richiesta di sospensione del giudizio ovvero di sollevare conflitto negativo di giurisdizione). (Rigetta e dichiara giurisdizione, PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ROMA, 9/8/2016).

Cons. Stato n. 573/2019

In tema di "translatio iudicii", qualora un giudice abbia declinato la propria giurisdizione, l'atto che determina la prosecuzione del giudizio è diversamente regolato a seconda che debba essere proposto davanti ad un giudice la cui giurisdizione abbia o meno le medesime caratteristiche della prima, sicché, ove si passi da un processo di tipo prevalentemente impugnatorio ad uno esclusivamente di cognizione sul rapporto, o viceversa, l'atto di prosecuzione deve assumere la forma di una riproposizione della domanda, stante il necessario adattamento del "petitum", mentre, se il giudizio prosegua verso altro avente le medesime caratteristiche, detto atto assume la forma di un atto di riassunzione, regolato dall'art. 125-bis disp. att. c.p.c.

Cass. civ. n. 33688/2018

In tema di contributi per l'occupazione di spazi pubblici, appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie relative a ogni tipologia di canone che l'ente locale pretenda a fronte della concessione di aree per l'installazione di impianti pubblicitari, ai sensi dell'art. 63 del d.lgs. n. 446 del 1997, in quanto, nell'ambito dei rapporti di concessione di beni pubblici, l'art. 133, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 104 del 2010, nell'attribuire alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in materia tra privato e pubblica amministrazione, fa espressamente salve quelle aventi ad oggetto indennità, canoni ed altri corrispettivi, le quali, pertanto, in base al criterio generale del riparto di giurisdizione fondato sulla situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio, restano soggette alla giurisdizione del giudice ordinario qualora involgano diritti soggettivi a contenuto patrimoniale. (Fattispecie relativa al cd. "contributo di miglioria" per l'installazione di impianti pubblicitari, di cui un imprenditore aveva chiesto il rimborso al Comune, assumendone il carattere indebito).

Cons. Stato n. 656/2012

Integra abuso del processo la contestazione della giurisdizione da parte del soggetto che abbia optato per quella giurisdizione e che, pur soccombente nel merito, sia risultato vittorioso, in forza di una pronuncia esplicita o di una statuizione implicita, proprio sulla questione della giurisdizione. Infatti, la sollevazione di detta autoeccezione in sede di appello, per un verso, integra trasgressione del divieto di venire contra factum proprium e, per altro verso, arreca un irragionevole sacrificio alla controparte, costretta a difendersi nell'ambito del giudizio da incardinare innanzi al nuovo giudice in ipotesi provvisto di giurisdizione, adito secondo le regole in tema di traslatio iudicii dettate dall'art. 11 c.p.a.

Cons. Stato n. 8920/2010

Ai sensi dell'art. 11 comma 2, c.p.a., la riproposizione del ricorso avanti al giudice avente giurisdizione resta condizionata all'osservanza del termine di tre mesi dal passaggio in giudicato della decisione.

Corte cost. n. 77/2007

È costituzionalmente illegittimo l'art. 30, L. 6 dicembre 1971 n. 1034, nella parte in cui non prevede che gli effetti, sostanziali e processuali, prodotti dalla domanda proposta a giudice privo di giurisdizione si conservino, a seguito di declinatoria di giurisdizione, nel processo proseguito davanti al giudice munito di giurisdizione. Premesso che non può addebitarsi al rimettente di non aver valutato la praticabilità di una soluzione costituzionalmente orientata - in quanto non è condivisibile l'assunto, fatto proprio dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, secondo il quale non esisterebbe nel nostro ordinamento un divieto espresso di "translatio iudicii" nei rapporti fra a.g.o. e giudice speciale, dal momento che l'espressa previsione della translatio con esclusivo riferimento alla competenza non può significare altro se non divieto di applicare il medesimo istituto alla giurisdizione -, il principio della incomunicabilità dei giudici appartenenti ad ordini diversi, se comprensibile in altri momenti storici, è certamente incompatibile, oggi, con fondamentali valori costituzionali, non potendo la previsione di una pluralità di giudici risolversi in una minore effettività, o addirittura in una vanificazione, della tutela giurisdizionale; evenienza, questa, che si verifica quando la disciplina dei rapporti tra diverse giurisdizioni, per di più innervantesi su un riparto di competenze complesso ed articolato, è tale per cui l'erronea individuazione del giudice munito di giurisdizione, o l'errore del giudice in tema di giurisdizione, può risolversi in un pregiudizio irreparabile della possibilità stessa di un esame nel merito della domanda, con conseguente pregiudizio per il diritto alla tutela giurisdizionale e ad una ragionevole durata del giudizio. La disciplina legislativa che necessariamente dovrà essere emanata per colmare una lacuna dell'ordinamento processuale sarà vincolata solo nel senso che dovrà dare attuazione al principio della conservazione degli effetti, sostanziali e processuali, prodotti dalla domanda proposta a giudice privo di giurisdizione nel giudizio ritualmente riattivato davanti al giudice che ne è munito, ed il legislatore è libero di disciplinare, nel modo ritenuto più opportuno, il meccanismo della riassunzione.

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