Consiglio di Stato Sez. III sentenza n. 1841 del 20 marzo 2019

(1 massima)

(massima n. 1)

Il processo iniziato davanti ad un giudice, che ha poi dichiarato il proprio difetto di giurisdizione, e riassunto nel termine di legge davanti al giudice, indicato dal primo come dotato di giurisdizione, non costituisce un nuovo ed autonomo procedimento, ma la naturale prosecuzione dell'unico giudizio per quanto inizialmente introdotto davanti a giudice carente della, giurisdizione. Infatti, mediante l'istituto della translatio iudicii si mira proprio a realizzare la conservazione degli effetti processuali e sostanziali della domanda originaria, con esclusione della necessità della riproposizione ex novo della domanda, allorché il giudizio è riattivato innanzi al giudice provvisto di giurisdizione. Dunque, quando l'atto originante la prosecuzione del processo è atto di riassunzione (L. n. 69 del 2009, art. 59) diretto a consentire la permanenza di un unico procedimento, il suo modello non può essere costituito altro che dall'art. 125 disp. att. c.p.c.. Non sussiste alcun obbligo per l'Amministrazione di pronunciarsi su un'istanza volta ad ottenere un provvedimento in via di autotutela, non essendo coercibile ab extra l'attivazione del procedimento di riesame della legittimità degli atti amministrativi mediante l'istituto del silenzio-rifiuto, costituendo l'esercizio del potere di autotutela facoltà ampiamente discrezionale dell'Amministrazione, che non ha alcun dovere giuridico di esercitarla, con la conseguenza che essa non ha alcun obbligo di provvedere su istanze che ne sollecitino l'esercizio, per cui sulle stesse non si forma il silenzio e la relativa azione, volta a dichiararne l'illegittimità, è da ritenersi inammissibile. In virtù dell'art. 11 del D.Lgs. n. 104 del 2010, occorre sempre che la domanda sia nuovamente - e tempestivamente - proposta, ai fini della salvaguardia degli effetti di quella originaria e, affinché si possa discorrere di riproposizione, la domanda, di là dagli adattamenti richiesti con le modalità e secondo le forme previste per il giudizio davanti al giudice adito in relazione al rito applicabile (giusta la L. n. 69 del 2009, art. 59, comma 2 della applicabile in via sussidiaria, stante il silenzio dell'art. 11 D.Lgs 104/2010), non dev'essere nuova e autonoma, di contenuto diverso da quella azionata nel precedente giudizio. Pertanto, la riassunzione che consente la salvaguardia degli effetti della domanda originaria deve avere il medesimo contenuto della stessa.

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