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Articolo 137 Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza

(D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14)

[Aggiornato al 31/01/2024]

Compenso del curatore

Dispositivo dell'art. 137 Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza

1. Il compenso e le spese dovuti al curatore, anche se la liquidazione giudiziale si chiude con concordato, sono liquidati ad istanza del curatore con decreto del tribunale non soggetto a reclamo, su relazione del giudice delegato, secondo le norme stabilite con decreto del Ministro della giustizia.

2. La liquidazione del compenso è fatta dopo l'approvazione del rendiconto e, se del caso, dopo l'esecuzione del concordato. Al curatore è dovuta anche un'integrazione del compenso per l'attività svolta fino al termine dei giudizi e delle altre operazioni di cui all'articolo 233, comma 2. È in facoltà del tribunale accordare al curatore acconti sul compenso. Salvo che non ricorrano giustificati motivi, ogni liquidazione di acconto deve essere preceduta dalla esecuzione di un progetto di ripartizione parziale.

3. Se nell'incarico si sono succeduti più curatori, il compenso è stabilito secondo criteri di proporzionalità ed è liquidato, in ogni caso, al termine della procedura, salvi eventuali acconti.

4. Nessun compenso, oltre quello liquidato dal tribunale, può essere preteso dal curatore, nemmeno per rimborso di spese. Le promesse e i pagamenti fatti contro questo divieto sono nulli ed è sempre ammessa la ripetizione di ciò che è stato pagato, indipendentemente dall'esercizio dell'azione penale.

5. Quando sono nominati esperti ai sensi dell'articolo 49, comma 3, lettera b), alla liquidazione del compenso si applica il comma 3.

Spiegazione dell'art. 137 Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza

L'articolo in esame disciplina la liquidazione del compenso del curatore, rinviando, per gli elementi di dettaglio, ad un regolamento ministeriale (d.m. 25 gennaio 2012, n. 30: i criteri predisposti da questo decreto si applicano a tutti i compensi da liquidarsi successivamente all'entrata in vigore del decreto medesimo, ivi compresi quelli concernenti le procedure concorsuali ancora pendenti a tale data).
La disposizione in commento attribuisce la competenza a provvedere in tema di compensi al tribunale concorsuale, che mantiene quindi il proprio ruolo fondamentale in tema di nomina, revoca e determinazione del compenso del curatore.

Avverso il decreto emesso dal tribunale, è concesso come rimedio unicamente il ricorso per Cassazione, in quanto provvedimento giudiziario potenzialmente definitivo e idoneo ad incidere su diritti soggettivi, e avente quindi carattere decisorio. Il decreto di liquidazione del compenso del curatore deve essere succintamente motivato.

La norma in esame prevede la possibilità di riconoscere acconti al curatore rispetto al compenso finale. Questa facoltà è lasciata al tribunale (non c'è alcun dovere in riguardo); l'acconto può liquidarsi (solo) se ricorrono giustificati motivi. La norma precisa, poi, che, salvo che non ricorrano giustificati motivi, ogni acconto liquidato dal tribunale dev'essere preceduto dalla presentazione di un progetto di ripartizione parziale. La ratio sottostante tale previsione è quella di indurre il curatore ad accelerare i tempi della liquidazione e così anticipare il soddisfacimento dei creditori, evitando che le attività recuperatorie restino ferme, e incentivando il professionista a disporre dei riparti parziali a favore dei creditori.

Il (nuovo) comma 3° prevede che se nell'incarico si sono succeduti più curatori, il compenso è stabilito in base a criteri di proporzionalità ed è liquidato, in ogni caso, al termine della procedura, salvi eventuali acconti.

In considerazione della possibilità di nominare, insieme al curatore, degli esperti, l'articolo in esame rinvia al comma 3 dell'art. 49 per la liquidazione del compenso di questi esperti.

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