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Articolo 837 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Ammassi

Dispositivo dell'art. 837 Codice Civile

Allo scopo di regolare la distribuzione di determinati prodotti agricoli o industriali nell'interesse della produzione nazionale sono costituiti gli ammassi.

Le norme per il conferimento dei prodotti negli ammassi sono contenute in leggi speciali.

Spiegazione dell'art. 837 Codice Civile

Precedenti legislative e funzione degli ammassi

Gli ammassi furono dapprima costituiti, specialmente per il grano, dai produttori volontariamente, come mezzo di difesa contro gli speculatori che facevano incetta nelle campagne e mettevano insieme grandi quantità di grano che vendevano a prezzi notevolmente più elevati di quelli d'acquisto. Essi furono disciplinati, come ammassi volontari, dal R .D.L. 24 giugno 1935, n. 104.9 convertito nella L. 2 aprile 1936. n. 727. Divennero obbligatori in seguito al R.D.L. 16 marzo 1936, n. 392 convertito nella L. 28 maggio 1936, n. 1228. Infine vennero organicamente disciplinati con R.D.L. 15 giugno 1936, n. 1273 convertito nella L. 18 gennaio 1937, n. 223. Le disposizioni relative all'ammasso obbligatorio del grano sono fondamentali, perché le altre leggi speciali spesso vi fanno riferimento: esse contengono la disciplina più organica degli ammassi, mentre le altre leggi hanno per lo più carattere estensivo, e contengono norme speciali per certi prodotti.

L'istituto si è progressivamente esteso, ma ha conservato il carattere di specialità, nel senso che i prodotti da conferire agli ammassi sono sempre « determinati » dalla legge. Soltanto deve ritenersi che abbia perduto, anche l'ammasso, il carattere di eccezionalità. Del resto ciò si deduce, oltre che dall'inserzione di una norma generale nel codice, anche dalle numerose leggi speciali relative ai prodotti pia svariati. Si possono citare: il R.D.L. 8 novembre 1936, n. 1955 convertito nella L. IS gennaio 1937, n. 243 per la canapa; il R.D.L. 8 marzo 1937, n. 521 convertito nella L. 10 giugno 1937, n. 1286, nonché il R . D. L. II aprile 1938, n. 968, per la lava; il R.D.L. 5 aprile 1937, n. 812, per i bozzoli; il R.D.L. 3 febbraio 1936 n. 278 per l'essenza di bergamotto; il R.D.L. 5 novembre 1937 n. 2119 convertito nella L. 28 aprile 1938, n. 724 per 1a manna; il R. D.L. 5 novembre 1937 n. 2169 per lo zafferano; la L. 13 giugno 1939, n. 986 per il cotone; il R.D.L. 12 ottobre 1939 n. 1682 per il risone; la L. 2 dicembre 19.4o, n. 1792 per gli olii, ed altri provvedimenti emanati in tempo di guerra.

La situazione alla quale dà luogo l'ammasso si inquadra fra quei casi nei quali « le cose che formano oggetto del diritto di proprietà sono legate, oltre che all'interesse privato del singolo proprietario, a particolari interessi pubblici ». La disposizione in esame ha il pregio di determinare l'interesse che si vuole perseguire mediante gli ammassi, e quindi, in sostanza, la funzione dell'istituto é quella di « regolare la distribuzione di determinati prodotti agricoli nell'interesse della produzione nazionale ».

Lo Stato, dunque, non ha un diretto interesse all'acquisto dei prodotti, non mira a ricavare dalla gestione un utile economico in senso stretto; perciò le leggi speciali ribadiscono il concetto secondo cui il produttore rimane proprietario del prodotto. Questo, soltanto, viene sottoposto ad uno speciale vincolo, e cioè l'inalienabilità assoluta, a causa della sua destinazione specifica, della quantità di prodotto destinato al soddisfacimento dei bisogni del produttore o della sua famiglia; mentre per il rimanente, cioè per il prodotto da conferire all'ammasso, il produttore é privato dell'esercizio della facoltà di disposizione. In altre parole, se egli dispone della cosa, l'atto di disposizione dovrà considerarsi come atto illecito, improduttivo delle sue conseguenze normali (trasferimento della proprietà) e produttivo di conseguenze di altro ordine (contravvenzione, confisca) a carico del disponente e dell'acquirente (salvi, di fronte a quest'ultimo, gli effetti del la buona fede o della mancanza di dolo, nel limiti in cui la legge li fa salvi).


Cenni sulla natura del conferimento all'ammasso e sulla posizione dell' Ente ammassatore

Il procedimento normale al quale da luogo l'ammasso si può distinguere in due fasi: nella prima, i prodotti vengono consegnati all'Ente ammassatore, il quale esercita una semplice funzione di custodia, nella seconda l'Ente procede alle vendite.

Si è sostenuto l'Ente va considerato come rappresentante legale dei singoli proprietari (la legge speciale lo qualifica mandatario irrevocabile, con una terminologia che non può ritenersi adeguata), collegando questa rappresentanza con la incapacità (se si vuole: mancanza di legittimazione) dei singoli produttori di alienare validamente i prodotti di loro proprietà. È stato opposto, con riferimento ai casi di gestione coattiva in genere, che mancherebbe la contemplatio domini, poiché il gestore agisce in nome proprio. Ma tale affermazione ha tutto il sapore di una petizione di principio; comunque pare difficilmente sostenibile rispetto a tutti i casi di gestione coattiva (non è facile, ad esempio, sostenere che il sequestratario di beni sottoposti ad esecuzione forzata, se li da in locazione dietro autorizzazione del tribunale, agisce in nome proprio e non in rappresentanza del debitore esecutato). Nè vale a rafforzare la riferita affermazione la preminenza accordata all'interesse pubblico, per evidenti ragioni: a) anzitutto l'interesse pubblico attorno al quale la funzione dell'istituto si circoscrive riguarda la distribuzione dei prodotti agricoli, non le vendite singole, per mezzo delle quali si attua il trapasso di proprietà dai produttori ai terzi attraverso l'attività dell'Ente; b) in secondo luogo, la rappresentanza legale è anch'essa predisposta per la realizzazione di un interesse pubblico: la tutela degli incapaci.

Insomma l'interesse pubblico (distribuzione dei prodotti agricoli, tutela degli incapaci) si può realizzare con mezzi tecnici di diversa natura, tra i quali la rappresentanza legale. Né l'impiego di questa può dirsi limitato ai casi nei quali l'interesse pubblico é legato a quello privato (per altro anche negli ammassi ha luogo questa combinazione), o ai casi nei quali l'interesse privato prevalga su quello pubblico. Questa prevalenza sarebbe difficile a dimostrare, perché la tutela dell'interesse pubblico è sempre prevalente, nel senso che se tale interesse non si imponesse non si avrebbe neanche tutela, e il diritto tutelerebbe soltanto l'interesse privato; e, inoltre, è autonoma poiché e destinata direttamente ed esclusivamente a quel pubblico interesse che se ne mostra degno. Insomma, con la rappresentanza legale si mira a tutelare l'interesse pubblico; il rappresentante legale, con la sua attività, realizza l'interesse privato e, insieme, esercita una funzione pubblica.

Ma a prescindere da ciò, non rimane che una soluzione, se si scarta quella della rappresentanza legale: il trasferimento coattivo. Essa può prospettarsi in due modi: a) espropriazione del produttore a favore dell'Ente; b) trasferimento coattivo dal produttore al consumatore per mezzo dell'Ente. La prima tendenza contrasta colla legge, secondo la quale il produttore che consegna i prodotti all'Ente ne rimane proprietario. La seconda tendenza dovrebbe dimostrare che l'Ente ha un potere di trasferire coattivamente e che questo si concreti nell'emissione di provvedimenti specifici per ogni atto di vendita, analoghi a quelli della sentenza di vendita immobiliare o del decreto di espropriazione per pubblico interesse. Non basta delineare la figura dell'Ente ammassatore come esercente una pubblica funzione, perché questo inquadramento generico potrebbe persino comprendere il tutore dell'interdetto (che pure è un rappresentante legale).

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

408 Le disposizioni generali contenute nel primo capo del secondo titolo del presente libro, con le quali s'inizia la disciplina della proprietà privata, riflettono la nuova concezione dell'istituto. L'art. 833 del c.c. pone il divieto degli atti emulativi. Tale divieto afferma un principio solidarietà tra privati e nel tempo stesso pone una regola conforme all'interesse della collettività nella utilizzazione dei beni. Quanto alla nozione dell'atto vietato ho creduto opportuno, per evitare eccessi pericolosi nell'applicazione della norma, esigere espressamente il concorso dell'animus nocendi. Nell'art. 834 del c.c. è richiamato il principio tradizionale dell'espropriazione per pubblico interesse e ne sono fissati i momenti fondamentali. La più vasta configurazione, che questo istituto è andata assumendo negli ultimi anni, trova nel nuovo codice ulteriori applicazioni, tra le quali precipua è quella fattane nell'art. 838 del c.c. in corrispondenza ai nuovi orientamenti in materia di proprietà, i quali non consentono che il privato sottragga i beni alle generali utilità del paese, abbandonandone la conservazione, la coltivazione o l'esercizio. Così, mediante l'istituto dell'espropriazione, lo Stato interviene quando l'iniziativa privata è assente. Non ho limitato questo principio al campo della produzione: altri interessi generali, degni di protezione e connessi con l'uso di beni di proprietà privata, sono il decoro delle città; le ragioni della sanità pubblica, quelle dell'arte e della storia. Non deve il proprietario lasciar deperire i suoi beni per mancanza delle debite cure, con l'effetto di deturpare l'aspetto delle città, di creare condizioni contrarie all'igiene, di compromettere monumenti che interessano l'arte o la storia, patrimonio morale di tutta la Nazione. In tutti questi casi un pubblico interesse da tutelare giustifica l'espropriazione, che avviene previo accertamento del concorso delle condizioni fissate dalla legge. E' appena il caso di ricordare come le finalità a cui tende la nuova disposizione siano prese in considerazione, sotto altro aspetto, dalle disposizioni degli articoli 499, 733 e 734 del codice penale, e come al raggiungimento delle finalità stesse tenda, per le vie sue proprie, l'ordinamento corporativo. L'art. 835 del c.c. regola un istituto sostanzialmente affine all'esprapriazione, conferendo all'autorità pubblica, quando ricorrono gravi e urgenti necessità, militari o civili, di disporre, contro il pagamento di una giusta indennità, la requisizione dei beni mobili o immobili. Del pari, per gravi e urgenti necessità pubbliche, possono essere sottoposti dall'autorità amministrativa a particolari vincoli od obblighi di carattere temporaneo le aziende commerciali e le aziende agricole (art. 836 del c.c.). Si rivela, così, uno dei tratti caratteristici della nuova disciplina della proprietà: il legame indissolubile che intercede tra interesse individuale e interesse sociale e la incondizionata subordinazione di quello a questo. L'art. 837 del c.c. riguarda la costituzione degli ammassi dei prodotti agricoli o industriali allo scopo di regolarne la distribuzione nell'interesse della produzione nazionale: quanto alle norme per il conferimento dei prodotti si fa rinvio alle leggi speciali. Chiude il capo il richiamo ai vincoli sulle cose che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnografico (art. 839 del c.c.).

Massime relative all'art. 837 Codice Civile

Cass. civ. n. 16395/2007

In tema di crediti maturati dai consorzi agrari nelle gestioni, per conto e nell'interesse dello Stato, di ammasso obbligatorio e di commercializzazione dei prodotti agricoli nazionali, la disciplina di cui all'art. 8 della legge 28 ottobre 1999, n. 410 (come integrata e modificata dall'art. 130 della legge 23 dicembre 2000, n. 388) che ha previsto l'estinzione d'ufficio, con compensazione delle spese tra le parti, delle controversie relative ai predetti crediti ed accessori pendenti al momento di entrata in vigore della legge, si applica anche nelle controversie aventi ad oggetto un diritto di credito riveniente da una gestione di ammassi che è stata svolta e ha esaurito i suoi effetti prima dell'abrogazione ad opera del d.l. 18 maggio 2006, n. 181, art. 9 bis, atteso che, in tema di successione di norme giuridiche nel tempo, il principio dell'irretroattività, fissato dall'art. 11 disp. gen., comporta che la norma sopravvenuta è inapplicabile, oltre che ai rapporti giuridici già esauriti, anche a quelli ancora in vita alla data della sua entrata in vigore, ove tale applicazione si traduca nel disconoscimento di effetti già verificatisi ad opera del pregresso fatto generatore del rapporto, ovvero in una modifica della disciplina giuridica del fatto stesso. (Rigetta, App. Roma, 14 Luglio 2003).

Cass. civ. n. 18381/2003

In tema di consorzi agrari, l'art. 8 della legge 28 ottobre 1999, n. 410 (come integrato dall'art. 130 della legge 23 dicembre 2000, n. 388) rappresenta un vero e proprio "ius superveniens" volto a disciplinare compiutamente ed esaustivamente i rapporti fra i singoli consorzi agrari ed il Ministero delle politiche agricole in ordine alla definizione delle pretese creditorie dei consorzi medesimi collegate alla avvenuta gestione, per conto e nell'interesse dello Stato, degli ammassi agrari, ed applicabile, in luogo della ordinaria regolamentazione sostanziale codicistica, tutte le volte in cui, all'atto dell'entrata in vigore di detta disposizione, non fosse già intervenuto il giudicato sulle spettanze dei detti consorzi.

Corte cost. n. 24/1964

La legge 4 luglio 1950 n. 454, concernente l'ammasso del grano della campagna agraria 1949-50, attuò il passaggio dal regime di ammasso obbligatorio a quello facoltativo come inequivocabilmente risulta dalla formulazione letterale delle disposizioni contenute negli artt. 2 e 6 della legge medesima nei quali rispettivamente si parla di contingenti di grano che "possono essere conferiti" e di "facoltà" di conferimento riconosciuta a ciascun produttore.

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale delle leggi che hanno disposto ammassi facoltativi in riferimento all'art. 41 della Costituzione in quanto, in tale regime di ammassi, la libertà economica e dei produttori e degli esercenti l'attività molitoria non risulta in alcun modo limitata, avendo i primi semplice facoltà e non obbligo di conferire il prodotto all'ammasso, e potendo i secondi liberamente acquistare il grano, secondo la loro convenienza, o dalla gestione di Stato o direttamente dai produttori.

Corte cost. n. 46/1963

Si deve ritenere che il sistema dell'ammasso obbligatorio possa avere giustificazione anche quale strumento idoneo a realizzare i limiti, i programmi e i controlli consentiti dalle norme contenute nell'art. 41 Cost. Anche su questo punto la Corte ha avuto occasione di manifestare il proprio pensiero, e nella sentenza n. 5 del 1962 già citata e nell'altra n. 54 del 5 giugno 1962. Né può essere considerata in contrasto con l'art. 41 Cost. la norma, contenuta nell'art. 2617 c.c., la quale stabilisce che, quando la legge prescriva l'ammasso di prodotti agricoli, la gestione collettiva di questi deve essere fatta per conto degli imprenditori interessati a mezzo di consorzi obbligatori, secondo le disposizioni delle leggi speciali: alla condizione, s'intende, che queste leggi speciali non violino, nel dettare la disciplina dei consorzi e degli ammassi, norme della Costituzione. Ne consegue che occorre dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale del ricordato art. 2617 c.c.

Corte cost. n. 54/1962

Il principio della libera iniziativa economica privata, nettamente riaffermato nel 1° comma del citato art. 41 Cost., va inteso con i limiti fissati dal secondo e terzo comma per cui l'iniziativa privata non può svolgersi in contrasto con la utilità sociale, o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà ed alla dignità umana, e l'attività pubblica e privata può essere indirizzata e coordinata a fini sociali mercé programmi e controlli determinati dalla legge. In particolare il conferimento obbligatorio dei prodotti costituisce una misura di direzione pubblica dell'economia, rientrante fra quelle consentite dall'art. 41 nel rispetto delle condizioni disposte dal terzo comma della citata norma costituzionale. La finalità sociale non può essere esclusa in via di principio in vista del carattere particolare o localmente limitato della categoria di operatori economici e nemmeno in considerazione della natura voluttuaria del prodotto, dato che anche una produzione limitata e relativa a prodotti di non largo consumo può avere apprezzabili riflessi sull'economia generale ed assumere quel carattere, più o meno intenso di socialità che è idoneo a giustificare l'intervento direttivo e coordinatore della legge.

Corte cost. n. 5/1962

A norma dell'art. 41 Cost., limiti, programmi e controlli all'attività economica, allo scopo di rendere possibile la realizzazione di finalità di ordine sociale, non possono venire imposti se non sulla base di una legge. Pertanto, rappresentando l'obbligo del conferimento all'ammasso di prodotti agricoli ai fini di tutela della produzione nell'interesse generale della collettività nazionale, un limite imposto all'attività economica dei produttori per ragioni di utilità sociale, il principio della riserva di legge deve essere osservato in ordine ai criteri per la classificazione e la determinazione dei prezzi delle singole qualità di risone conferite all'ammasso e per la distribuzione del prodotto ammassato. In mancanza quindi di disposizioni dotate di portata specificativa adeguata per soddisfare la garanzia del detto principio, è costituzionalmente illegittimo l'art. 19 del D.Lgs.C.P.S. 30 maggio 1947, n. 439, e di conseguenza, tutte le altre norme per la parte che si riferiscono al vincolo ed all'ammasso del risone.

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