Questo articolo risolve una questione che sotto il vecchio codice del 1865 era oggetto di gravi dubbi in dottrina e in giurisprudenza. La tradizione romanistica, il carattere della donazione di atto personale, l’intrasmissibilità dell’animus donandi, sono le ragioni decisive che escludono che possa affidarsi ad un altro soggetto l’incarico di donare i propri beni; inoltre, la necessità di ovviare al pericolo che il donante possa, d'un tratto, vedersi spogliato dei suoi beni, spiega la nullità dell’incarico a taluno affidato di donare quae voles.
A questi principi sembrano segnare due eccezioni i commi 2 e 3: il comma 2 consente la donazione a favore di una persona che il terzo sceglierà tra più persone designate dal donante o appartenenti a determinate categorie o a favore di una persona giuridica tra quelle indicate dal donante stesso; il comma 3 consente la donazione di una cosa da determinarsi da un terzo tra più cose indicate dal donante ed entro i limiti del valore dal donante stesso stabiliti. In verità non si tratta di eccezioni, poiché non è un mandato a donare et quae voles che quei commi autorizzano: essi consentono soltanto che sia affidata al terzo una scelta che questi farà tenendo presenti i particolari criteri già fissati dal donante; in altri termini, il terzo non è l’arbiter dei motivi di affetto o di gratitudine che costituiscono il movente della donazione; il donante ha già da sé valutato quei motivi e solamente affida all’arbitrium boni viri del mandatario o la determinazione della persona che possiede quelle date qualità da lui volute o sia più meritevole fra quelle verso le quali egli nutre in pari grado spirito di filantropia, oppure gli affida la determinazione concreta dell’oggetto della donazione, nella sua entità già valutato approssimativamente. E, non trattandosi di arbitrium merae voluntatis, ma di arbitrium boni viri, l’operato del terzo non si sottrae al controllo del giudice di merito.
Il mandato, nelle ipotesi di cui ai capoversi, deve essere speciale, deve esser redatto per atto pubblico e deve contenere l’indicazione del donatario e della cosa da donare.
La disposizione degli ultimi due capoversi ha una rispondenza in quella contenuta nel secondo comma dell’art.
631, relativa alla determinazione, da parte del terzo, della persona dell'erede o del legatario; ma, in materia di donazione, non torna applicabile, per ovvi motivi, la norma di cui all’ultimo capoverso dell’art.
631 che, in caso di mancata designazione da parte del terzo, affida questa all’autorità giudiziaria.