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Articolo 2486 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 08/04/2023]

Poteri degli amministratori

Dispositivo dell'art. 2486 Codice Civile

Al verificarsi di una causa di scioglimento e fino al momento della consegna di cui all'articolo 2487 bis, gli amministratori conservano il potere di gestire la società, ai soli fini della conservazione dell'integrità e del valore del patrimonio sociale.

Gli amministratori sono personalmente e solidalmente [1292] responsabili dei danni arrecati alla società, ai soci, ai creditori sociali ed ai terzi, per atti od omissioni compiuti in violazione del precedente comma.

Quando è accertata la responsabilità degli amministratori a norma del presente articolo, e salva la prova di un diverso ammontare, il danno risarcibile si presume pari alla differenza tra il patrimonio netto alla data in cui l'amministratore è cessato dalla carica o, in caso di apertura di una procedura concorsuale, alla data di apertura di tale procedura e il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento di cui all'articolo 2484, detratti i costi sostenuti e da sostenere, secondo un criterio di normalità, dopo il verificarsi della causa di scioglimento e fino al compimento della liquidazione. Se è stata aperta una procedura concorsuale e mancano le scritture contabili o se a causa dell'irregolarità delle stesse o per altre ragioni i netti patrimoniali non possono essere determinati, il danno è liquidato in misura pari alla differenza tra attivo e passivo accertati nella procedura(1).

Note

(1) Comma introdotto dal D. Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14.

Ratio Legis

La norma delinea quali siano le funzioni dell'organo amministrativo dal momento in cui si sia verificata una causa di scioglimento al momento in cui sia intervenuta l'iscrizione nel registro delle imprese della nomina dei liquidatori.

Spiegazione dell'art. 2486 Codice Civile

Gli amministratori conservano il potere di rappresentanza generale, che riguarda i rapporti esterni tra società e terzi, anche dopo che si è verificata una causa di scioglimento della società.
I limiti riguardano il potere di gestione, cioè i rapporti interni tra amministratori e società.
Di conseguenza gli atti compiuti dagli amministratori sono sempre validi, efficaci e vincolanti per la società.
Bisogna distinguere tra atti validi che non comportano responsabilità per l'amministratore e atti validi che comportano responsabilità per l'amministratore.
Gli atti validi che non comportano responsabilità per l'amministratore sono i c.d. atti conservativi, cioè quelli necessari per portare a compimento operazioni in corso e qualsiasi atto che sia diretto a conservare il patrimonio ed a favorire la liquidazione.
Gli atti validi che comportano responsabilità per l'amministratore sono quelli compiuti eccedendo il potere di gestione. In tal caso gli amministratori assumono una responsabilità per i danni eventualmente provocati dal loro illecito, con la conseguente necessità di accertare l'esistenza del nesso di causalità tra il comportamento e il pregiudizio.

Relazione al D.Lgs. 6/2003

(Relazione illustrativa del decreto legislativo recante: "Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366.")

12 Le direttive della delega in tema di scioglimento e liquidazione fondamentalmente prevedevano: a) una accelerazione e semplificazione del procedimento, disciplinandone e chiarendone l'inizio, lo svolgimento ed il termine; b) una disciplina attenta alla possibilità di conservare l'eventuale valore residuo dell'impresa; c) una disciplina che chiarisse la redazione dei bilanci in fase di liquidazione. L'innovazione fondamentale rispetto al sistema vigente consiste nella netta separazione tra il verificarsi di una causa di scioglimento, e la determinazione del momento in cui ha effetto. Le cause di scioglimento previste all'art. 2484 del c.c. sono rimaste sostanzialmente invariate. Il momento in cui la causa di scioglimento prende effetto si è in ogni caso fissato all'iscrizione nel registro della deliberazione del consiglio che l'accerta, ovvero, ovviamente, all'iscrizione della deliberazione assembleare che dispone lo scioglimento. Ciò al fine essenziale di eliminare l'incertezza, per tutti, sul momento in cui lo scioglimento si determina. In coerenza con la nuova disciplina sull'efficacia della causa di scioglimento all'art. 2484 si è precisato l'obbligo degli amministratori di accertarla e di effettuare la relativa iscrizione. Sempre in questa impostazione, si è ritenuto di stabilire, in caso di ritardo od omissione, una responsabilità dell'organo amministrativo per danni conseguenti. In ordine ai poteri degli amministratori all'art. 2486 del c.c. si è ritenuto di porre una limitazione non basata sul concetto, ambiguo, di "nuova operazione", ma sulla strumentalità, o meno, alla conservazione del valore dell'impresa sociale. Conseguentemente la responsabilità in caso di violazione non investe più l'operazione in sé, ma l'eventuale danno conseguente. Conservata l'attuale competenza sulla nomina dei liquidatori, all'art. 2487 del c.c. si è ritenuto di demandare all'assemblea la determinazione dei relativi poteri, prevedendo la possibilità di un, limitato, esercizio dell'impresa sociale, al fine di evitare i danni che una repentina cessazione può apportare al valore di essa. Nel nuovo sistema, all'art. 2487-bis si è chiarita la successione tra amministratori e liquidatori. Si è altresì previsto per gli amministratori uscenti, unitamente alla consegna dei libri sociali, la consegna di una "situazione dei conti" alla data di effetto dello scioglimento, per consentire, sostanzialmente, la possibilità di individuare quanto posto in essere prima e dopo. La revoca dello stato di liquidazione, richiesta dalla delega, è stata consentita all'art. 2487-ter alla condizione che non sia iniziata la distribuzione dell'attivo, distribuzione inconcepibile, come atto liquidatorio, con la continuazione dell'impresa. Naturale e coerente la tutela dei creditori. Sul piano generale, la modifica di base alla disciplina della liquidazione consegue al cambiamento di impostazione già segnalato in premessa relativamente alla disciplina dell'efficacia del verificarsi di una causa di scioglimento. In effetti, l'impianto del codice del 1942 sostanzialmente partiva dal principio che il verificarsi della causa di scioglimento sciogliesse il contratto sociale, e a ciò conseguiva la permanenza di una struttura organizzativa limitata alla funzione di gestire una liquidazione modellata sulla disciplina della liquidazione di società di persone. Si è ritenuto che la delega, anche in funzione dell'esigenza di conservazione del valore dell'impresa, imponesse di valorizzare la permanenza di una organizzazione sociale. Ovvio il richiamo all'art. 2489 del c.c. per individuare i poteri dei liquidatori agli atti "utili", ancorché in via strumentale, per la realizzazione della liquidazione; altrettanto ovvio il richiamo al regime di diligenza e responsabilità degli amministratori. La carenza di una disciplina dei bilanci in fase di liquidazione è fortemente sentita, e del resto, seppure a effetti fiscali, bilanci sono richiesti; si è perciò ritenuto all'art. 2490 del c.c. di affermare espressamente l'esigenza di formazione del bilancio, richiamando in principio le disposizioni vigenti per la società in ordinario funzionamento, con l'ovvio limite della compatibilità con la natura, finalità e stato della liquidazione. Posto che l'intervenuto stato di liquidazione modifica i criteri di valutazione dei beni, si è imposto ai liquidatori di illustrare nella nota integrativa i criteri adottati, criteri in ordine ai quali non si è ritenuto di individuare principi specifici, ritenendo necessario il rinvio ai principi contabili, anche poi diversi da caso a caso. Completa le informazioni che i liquidatori devono offrire, l'esigenza che in relazione essi individuino non solo i criteri adottati, ma anche le prospettive temporali della liquidazione stessa. La nuova impostazione generale, e l'espressa previsione dei bilanci in fase di liquidazione, ha richiesto, nell'art. 2490, al comma 4, che si prevedesse nel primo bilancio (che pressoché fatalmente comprende un periodo di gestione ordinaria), l'indicazione delle variazioni che lo stato di liquidazione ha imposto ai criteri di valutazione fino allora adottati. La possibilità di continuare sia pure parzialmente l'esercizio dell'impresa, al fine esclusivo di non disperderne il valore, ha imposto che le poste di bilancio relative all'azienda o al ramo d'azienda continuato, poste che ovviamente potranno avere un criterio di valutazione diverso, abbiano una indicazione separata. Per la residua disciplina (artt. 2491-2496) si è ritenuto di poter riprodurre sostanzialmente la disciplina esistente, salvo la possibilità, con le opportune cautele, di distribuire acconti durante la liquidazione.

Massime relative all'art. 2486 Codice Civile

Cass. civ. n. 28613/2019

L'azione di responsabilità promossa ai sensi dell'art. 2394, comma 2, c.c. dai creditori sociali (o anche solo da uno di essi in rappresentanza di tutti) nei confronti degli amministratori e/o dei sindaci prescinde dal mancato pagamento di un determinato credito e dall'escussione infruttuosa del patrimonio sociale e presuppone, invece, la dimostrazione che - in conseguenza dell'inadempimento delle obbligazioni ex artt. 2476, comma 1, e 2486 c.c. (incombenti anche sugli organi sociali di una società cooperativa ex art. 2519, comma 2, c.c.) - si sia perduta la garanzia patrimoniale generica e, cioè, che, per l'eccedenza delle passività sulle attività, il patrimonio sociale sia divenuto insufficiente a soddisfare le ragioni del ceto creditorio, situazione non necessariamente coincidente con lo stato di insolvenza o con la perdita integrale del capitale sociale. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione d'appello che, pur avendo correttamente qualificato ex art. 2394 c.c. l'azione esperita dalla creditrice di una cooperativa edilizia, non aveva considerato che gli amministratori, senza rilievi da parte del revisore, avevano dapprima predisposto un bilancio con poste patrimoniali falsificate e così consentito alla società di proseguire l'attività nonostante la causa di scioglimento costituita dalla perdita del capitale sociale e, poi, proceduto all'assegnazione ai soci degli immobili costruiti, compiendo un atto gestorio che, sebbene rientrante nello scopo sociale, era idoneo a pregiudicare l'integrità del patrimonio della società in scioglimento). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 25/10/2017).

Cass. civ. n. 2156/2015

Colui che agisce in giudizio per l'accertamento della responsabilità degli amministratori di una società di capitali, ex art. 2449 cod. civ. (nel testo utilizzabile "ratione temporis", antecedente alle modifiche apportate con il d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6), deve fornire la prova soltanto della novità dell'operazione, dimostrando il compimento di atti negoziali in epoca successiva all'accadimento di un fatto che determini lo scioglimento della società, mentre spetta agli amministratori convenuti provare i fatti estintivi o modificativi del diritto azionato, mediante dimostrazione che quegli atti erano giustificati dalla finalità liquidatoria, in quanto non connessi alla normale attività produttiva dell'azienda, non comportanti un nuovo rischio d'impresa o necessari per portare a compimento attività già iniziate. Nella valutazione di tale prova occorre, peraltro, considerare che gli amministratori non sono solo tenuti all'ordinario (e non anomalo) adempimento delle obbligazioni assunte in epoca antecedente allo scioglimento della società (art. 2449, secondo comma, testo previgente, e attuale art. 2486, secondo comma, cod. civ.), ma hanno anche il potere-dovere di compiere, in epoca successiva al menzionato scioglimento, quegli atti negoziali di gestione della società necessari al fine di preservarne l'integrità del patrimonio (art. 2486, primo comma, cod. civ., nuovo testo).

Cass. civ. n. 7606/2011

In tema di azione di responsabilità promossa dal curatore fallimentare contro gli ex amministratori e sindaci della società fallita, compete a chi agisce dare la prova dell'esistenza del danno, del suo ammontare e del fatto che esso sia stato causato dal comportamento illecito di un determinato soggetto, potendosi configurare un'inversione dell'onere della prova solo quando l'assoluta mancanza ovvero l'irregolare tenuta delle scritture contabili rendano impossibile al curatore fornire la prova del predetto nesso di causalità; in questo caso, infatti, la citata condotta, integrando la violazione di specifici obblighi di legge in capo agli amministratori, è di per sé idonea a tradursi in un pregiudizio per il patrimonio. (Nell'affermare detto principio, la S.C. ha escluso la responsabilità degli organi societari perché, nella specie, i libri sociali non potevano dirsi totalmente assenti e la documentazione, benché incompleta e idonea a determinare l'inattendibilità dei bilanci e dei conti profitti e perdite, non era tale da precludere al curatore la possibilità di provare il nesso di causalità tra il comportamento omissivo degli amministratori ed il citato pregiudizio).

Cass. civ. n. 5876/2011

La totale mancanza di contabilità sociale (o la sua tenuta in modo sommario e non intelligibile) è, di per sé, giustificativa della condanna dell'amministratore al risarcimento del danno, in sede di azione di responsabilità promossa dalla società a norma dell'art. 2392 cod. civ., vertendosi in tema di violazione da parte dell'amministratore medesimo di specifici obblighi di legge, idonea a tradursi in un pregiudizio per il patrimonio sociale; al di fuori di tale ipotesi, che giustifica l'inversione dell'onere della prova, resta a carico del curatore l'onere di provare il rapporto di causalità tra la condotta illecita degli amministratori e il pregiudizio per il patrimonio sociale. (Rigetta, App. Napoli, 08/10/2004).

Cass. civ. n. 2538/2005

Nel caso di esercizio dell'azione di responsabilità nei confronti dei sindaci di una società di capitali, sottoposta a procedura concorsuale (nella specie a liquidazione coatta amministrativa), il danno loro imputabile non può essere identificato nella differenza tra attivo e passivo accertato in sede concorsuale, sia in quanto lo sbilancio patrimoniale della società insolvente può avere cause molteplici, non tutte riconducibili alla condotta illegittima dell'organo di controllo, sia in quanto questo criterio si pone in contrasto con il principio civilistico che impone di accertare l'esistenza del nesso di causalità tra la condotta illegittima ed il danno. Tuttavia, il criterio ancorato alla differenza tra attivo e passivo può costituire un parametro di riferimento per la liquidazione del danno in via equitativa, qualora sia stata accertata l'impossibilità di ricostruire i dati con la analiticità necessaria per individuare le conseguenze dannose riconducibili al comportamento dei sindaci, ma, in tal caso, il giudice del merito deve indicare le ragioni che non hanno permesso l'accertamento degli specifici effetti pregiudizievoli riconducibili alla condotta dei sindaci, nonché, nel caso in cui la condotta illegittima non sia temporalmente vicina alla apertura della procedura concorsuale, la plausibilità logica del ricorso a detto criterio, facendo riferimento alle circostanze del caso concreto.

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