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Articolo 1758 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 31/01/2024]

Pluralità di mediatori

Dispositivo dell'art. 1758 Codice Civile

Se l'affare è concluso per l'intervento di più mediatori(1), ciascuno di essi ha diritto a una quota della provvigione [1755](2).

Note

(1) L'ipotesi considerata dalla norma è quella in cui tutti i mediatori intervangono per mettere in contatto le parti, cioè quella in cui tutti hanno contatto con le parti. Se, invece, uno solo di essi ha un rapporto diretto con le parti e lo stesso, successivamente, incarica altri mediatori, si configura un mero rapporto interno tra i mediatori (c.d. mediazione indiretta), che non dà loro diritto al compenso da parte degli stipulanti.
(2) Si tratta di obbligazione divisibile (1314 c.c.).

Ratio Legis

La norma rappresenta una naturale conseguenza di quanto previsto dall'art. 1755 del c.c..

Spiegazione dell'art. 1758 Codice Civile

Più mediatori. Diritto ad una quota del compenso. Mediatori che agiscono congiuntamente o con autonomia reciproca

La formulazione stessa dell'articolo lascia chiaramente intendere che la quota parte del compenso spetta ai mediatori in quanto abbiano contribuito al risultato utile. Ché se così non fosse, la senseria spetterebbe soltanto a coloro, la cui opera ha prodotto tale risultato. La Relazione avverte, inoltre, che il diritto alla quota si può esercitare nei confronti delle parti contraenti solo se i mediatori sono entrati in relazione con le parti stesse. Altrimenti si tratterà di un semplice rapporto interno tra i mediatori, a cui rimangono estranei i contraenti; e questi saranno liberati pagando la provvigione a quello, o a quelli dei mediatori, con cui hanno trattato.

La disposizione, tuttavia, non risolve esplicitamente altri problemi pratici che possono presentarsi. Può darsi, infatti, che i mediatori agiscano congiuntamente e che il risultato utile sia dovuto appunto a questa cooperazione fra più intermediari. In questa ipotesi la giurisprudenza ha ritenuto che tutti hanno diritto al compenso pro quota, e spetterà naturalmente al giudice, in mancanza di patto, determinare, rispetto a ciascuno, la misura della quota medesima, in relazione all'entità dell'opera prestata. Ma può anche accadere che i mediatori svolgano la loro attività indipendentemente l'uno dall'altro, pur convergendo l'attività stessa a far concludere un unico affare. Si è ritenuto allora dalla giurisprudenza che, constatata l'efficienza dell'apporto di ciascuno, il compenso spetti per intero ad ogni mediatore, quando però vi sia stato l'impegno di corrispondere compensi distinti.

Ora, stando alla formulazione letterale dell'articolo, concepito in termini generali, sembra che, in tutti i casi, salvo naturalmente patto od uso contrario, la provvigione debba essere sempre unica rispetto alle parti: concetto questo già accolto dalla dottrina in relazione alla precedente legislazione.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 1758 Codice Civile

Cass. civ. n. 21758/2016

In tema di mediazione, vige il principio generale per cui da un medesimo rapporto mediatorio, nascente da un contratto cd. di mediazione propria o da un contratto di mandato (cd. mediazione impropria), sorge il diritto ad un unico compenso, e ciò anche se, in successione di tempo, siano intervenute una mediazione tipica ed una atipica; tuttavia, il diritto alla provvigione, per l'espletamento fattivo e con esito positivo di una intermediazione, può coesistere con il diritto a percepire una somma ulteriore per lo stesso affare qualora il cliente non abbia accettato una precedente proposta conforme alle istruzioni date e nell'atto di conferimento dell'incarico sia stato espressamente pattuito il pagamento, in tale caso, di una penale corrispondente alla provvigione o comunque ad essa proporzionata.

Cass. civ. n. 16157/2010

Il diritto alla divisione della provvigione tra più mediatori sorge, a norma dell'art. 1758 c.c., soltanto quando essi abbiamo cooperato simultaneamente e di comune intesa, ovvero autonomamente, ma giovandosi l'uno dell'attività espletata dall'altro, alla conclusione dell'affare, in modo da non potersi negare un nesso di concausalità obiettiva tra i loro interventi e la conclusione dell'affare, e sempre che si sia trattato dello stesso affare, sia sotto il profilo soggettivo, che oggettivo; non sussiste, invece, il diritto al compenso quando, dopo una prima fase di trattative avviate con l'intervento del mediatore senza risultato positivo, le parti siano successivamente pervenute alla conclusione dell'affare per effetto d'iniziative nuove, in nessun modo ricollegabili con le precedenti o da queste condizionate, sicché possa escludersi l'utilità dell'originario intervento del mediatore.

Cass. civ. n. 1507/2007

In tema di mediazione, quando l'affare sia concluso con l'intervento di più mediatori (congiunto o distinto, contemporaneo o successivo, concordato o autonomo, in base allo stesso incarico o a più incarichi) a norma dell'art. 1758 c.c., ciascuno di essi ha diritto ad una quota di provvigione. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva negato l'applicabilità dell'art.1758 c.c. poiché i due mediatori avevano agito l'uno all'insaputa dell'altro, non cooperando di comune intesa fra di loro, né giovandosi ciascuno dell'attività dell'altro per la conclusione dell'affare).

Cass. civ. n. 5766/2005

In caso di pluralità di mediatori, che abbiano operato simultaneamente e di comune intesa alla conclusione dell'affare, ovvero abbiano agito successivamente in modo autonomo ma giovandosi l'uno dell'utile apporto degli altri con contributo di tipo anche meramente integrativo ai fini del raggiungimento dell'accordo, in modo da non potersi negare un nesso di concausalità obiettiva tra i singoli e separati interventi dei vari mediatori e la conclusione dell'affare, occorre distinguere a seconda che tutti o alcuni soltanto siano entrati in relazione con le parti o almeno una di esse, nel primo caso ciascun mediatore avendo azione diretta per il pagamento della provvigione e, nel secondo, il mediatore che non ha preso contatto potendo agire in rivalsa nei confronti del mediatore o dei mediatori che hanno ottenuto il pagamento dell'intera provvigione. Poiché l'art. 1758 c.c. pone la regola della ripartizione pro quota della provvigione, con implicita esclusione della solidarietà, ciascun mediatore ha diritto ad una quota della medesima e l'obbligato può considerarsi liberato solo quando abbia corrisposto a ciascuno la quota spettantegli, a meno che non sia stata pattuita la solidarietà dell'obbligazione dal lato attivo, nel qual caso è liberatorio il pagamento dell'intera provvigione ad uno solo dei mediatori, avendo gli altri azione esclusivamente contro quest'ultimo per ottenere la propria parte; nell'ipotesi, peraltro, in cui solo alcuni siano iscritti al ruolo istituito con legge n. 39 del 1989, non spetta ai non iscritti la provvigione, non potendo pertanto essi ripetere dall'accipiens la quota eccedente al medesimo eventualmente versata (pur non avendo quest'ultimo diritto di riceverla trattandosi di pagamento privo di causa), ma tuttavia, ove l'intermediato deliberatamente versi al mediatore iscritto la quota sua e quella del non iscritto, e l'accipiens rilasci quietanza interamente liberatoria, il mediatore non iscritta può pretendere da colui che l'ha ricevuta e la trattiene senza causa il pagamento della somma versata in suo favore, giacché in tale ipotesi egli non fa valere il diritto alla provvigione, bensì il diritto corrispondente all'obbligo insorgente in capo all'accipiens per avere ricevuto, rilasciandone quietanza liberatoria, (anche) la parte di quota in relazione alla quale è privo di titolo.

Cass. civ. n. 3437/2002

In caso di submediazione, la parte che in origine abbia dato incarico al mediatore ha — in applicazione analogica dell'art. 1595 c.c. — azione diretta nei confronti del submediatore, senza pregiudizio dei suoi diritti verso il mediatore originariamente indicato, che continua, perciò, ad essere tenuto anche alle obbligazioni di informazione, di comunicazione e di avviso, derivanti dall'art. 1759 c.c., se di tale norma sussistano le condizioni di applicabilità in relazione alle circostanze a lui note. 

Posto che né il codice civile né la legge speciale 3 febbraio 1989, n. 39 prevedono l'incompatibilità di una pluralità di mediatori rispetto al medesimo affare, l'affidamento successivo del medesimo incarico ad altro mediatore non concreta un comportamento concludente denotante revoca dell'incarico originario nei confronti del primo, ma solo determina, nell'ipotesi in cui l'affare sia concluso in dipendenza dell'attività svolta da entrambi i mediatori, la parzialità del lato attivo dell'obbligazione relativa alla provvigione (avendo ciascun mediatore diritto al pagamento di una quota di essa in proporzione all'entità e all'importanza dell'opera prestata), fermo restando che ciascuno di essi, essendo singolarmente tenuto agli obblighi specifici di informazione, di comunicazione e di avviso nei confronti del soggetto intermediato, risponde perla totalità dei danni cagionati dalle colpevoli sue omissioni. 

Cass. civ. n. 9350/1991

In assenza di un divieto della legge, è ammissibile con riguardo all'autonomia negoziale la submediazione, cioè un rapporto di mediazione corrente tra il mediatore già incaricato ed un terzo, cui sia deferito dal primo l'incarico afferente alla conclusione dell'affare a lui affidato da altri soggetti. In tal caso, mentre alla parte che in origine abbia dato incarico al mediatore spetta — in applicazione analogica dell'art. 1595 c.c. — la facoltà di agire per la tutela dei suoi diritti anche nei confronti del submediatore, l'obbligo di corrispondere la provvigione al submediatore resta a carico del solo mediatore, che direttamente gli ha conferito l'incarico, senza che possa trovare applicazione la disciplina dell'art. 1758 c.c. che riguarda l'ipotesi di più mediatori incaricati dalla medesima parte.

Cass. civ. n. 2898/1987

In materia di mediazione l'art. 1758 c.c. non ha carattere di disposizione speciale rispetto al precedente art. 1755, per cui, anche quando la conclusione dell'affare sia stata determinata dalla attività intermediatrice di più persone, soggetto obbligato al pagamento della provvigione è sempre e soltanto ciascuna delle parti che hanno concluso l'affare, mentre la pluralità dei mediatori comporta, data la divisibilità dell'obbligazione, l'applicazione della regola di cui all'art. 1314 c.c. Pertanto, poiché ciascuno dei mediatori, ai sensi del citato art. 1758, ha diritto ad una quota della provvigione, l'obbligato può considerarsi liberato solo quando abbia corrisposto a ciascuno la quota spettantegli, salvo che sia stata espressamente pattuita la solidarietà della obbligazione dal lato attivo, nel qual caso è liberatorio il pagamento dell'intera provvigione ad uno solo dei mediatori e gli altri hanno, azione esclusivamente contro quest'ultimo per ottenere la propria parte.

Cass. civ. n. 2657/1974

L'intervento di più mediatori nell'affare non attribuisce ad ognuno di essi il diritto ad una quota eguale di provvigione, dovendo la misura di detta quota essere, invece, rapportata all'entità ed all importanza dell'opera prestata da ciascuno dei mediatori intervenuti.

Cass. civ. n. 3833/1969

In caso di intervento di più intermediari il diritto alla quota di provvigioni, riconosciuto a ciascuno di essi dall'art. 1758 c.c., spetta a coloro che abbiano effettivamente prestato opera di mediazione, che abbiano cioè cooperato a mettere in relazione i soggetti del contratto principale. Chi si limiti a segnalare l'affare ad altri, che poi provveda da solo a ricercare l'altro contraente ed a stabilire il contratto tra le parti, non esplica tale forma di cooperazione, in quanto si limita a porre in relazione una delle parti con un mediatore.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1758 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

J. S. chiede
lunedì 23/05/2022 - Toscana
“Visto il vostro sito chiedo gentilmente il vostro consiglio.
A un agenzia che conosco da circa 10 anni ho portato un cliente danese (sono danese anche Io, e vive qui in Italia da 30 anni).

Il cliente danese aveva visto un casa sul internet che gli piaceva tanto. D’accordo con lui andavo all’agenzia che conoscevo per avere il mio compenso come mediatore.

l’agenzia non aveva questa casa in vendita e insieme la troviamo (fisicamente) e lei si metteva in contatto con l’agenzia che la vendeva, con la quale si mette d’accordo (lei prendeva 3% dal mio cliente danese uguale a 30.000,00 €) ma offriva a me solo 10% del suo compenso uguale a 3.000,00 €

Sentito diverse geometre ho saputo che il giusto compenso ere 1 a 1,5 % della vendita di 1.000000,00.

Dopo un trattativa accetta di pagare 1 % della vendita uguale a 10.000,00 €, che ovviamente deve essere fatturato. Questo era circa mezzo anno fa.

Ore è e stato fatto il contratto e lei ha avuto il suo compenso di 3 % uguale a 30.000,00 €. lei di nuovo è solo disposto a pagare il 10 % del suo compenso uguale a 3.000,00 €.

Tutto fatto a parole, mi fidavo di lei.

Che cosa si può fare ?

Sono registrato con P.I. forfettaria come “gestione bene immobili”, posso fare un fattura per il compenso ?

Distinti saluti”
Consulenza legale i 09/06/2022
L’art. 1754 c.c. definisce il mediatore come “colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza”: ciò si è verificato nel caso descritto nel quesito.
Prima di rispondere alle domande poste, esaminiamo cosa stabilisce la legge riguardo al diritto del mediatore alla provvigione.
In particolare l’art. 1755 c.c. prevede che “il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti, se l'affare è concluso per effetto del suo intervento”. Ora, il diritto del mediatore alla provvigione non sembra contestato, nel nostro caso: ciò che è oggetto di contestazione è l’importo della provvigione. Sul punto, il comma 2 dell’art. 1755 c.c. stabilisce che “la misura della provvigione e la proporzione in cui questa deve gravare su ciascuna delle parti, in mancanza di patto, di tariffe professionali o di usi, sono determinate dal giudice secondo equità”.
Quindi, per quantificare l’importo della provvigione spettante al mediatore, occorre fare innanzitutto riferimento all’accordo intercorso tra le parti. Nel quesito si riferisce che l’agenzia in fase di trattative aveva accettato di pagare una data percentuale del prezzo di vendita dell’immobile; tuttavia si è trattato di un accordo solo verbale, a supporto del quale non esiste alcun tipo di documentazione (neppure via mail, ad esempio).
In proposito, è vero che "ai fini della configurabilità del rapporto di mediazione, non è necessaria l'esistenza di un preventivo conferimento di incarico per la ricerca di un acquirente o di un venditore, ma è sufficiente che la parte abbia accettato l'attività del mediatore avvantaggiandosene" (Cass. n. 25851/2014; 11656/2018). Tuttavia, in mancanza di documentazione appare difficile poter dimostrare l’esistenza di un accordo sulla provvigione in misura maggiore di quella che l’agenzia è ora disposta a riconoscere. Rimane la possibilità di ricorrere (come previsto dall’art. 1755 c.c.) alle tariffe professionali o agli usi (sempre che risultino più vantaggiosi della provvigione già riconosciuta).
Attenzione, però, perché l’art. 1758 c.c. prevede che “se l'affare è concluso per l'intervento di più mediatori, ciascuno di essi ha diritto a una quota della provvigione”.
Ma cosa si intende per “affare concluso per l'intervento di più mediatori”?
La giurisprudenza (Cass. Civ., Sez. III, sentenza n. 16157/2010) ha precisato che “il diritto alla divisione della provvigione tra più mediatori sorge, a norma dell'art. 1758 c.c., soltanto quando essi abbiano cooperato simultaneamente e di comune intesa, ovvero autonomamente, ma giovandosi l'uno dell'attività espletata dall'altro, alla conclusione dell'affare, in modo da non potersi negare un nesso di concausalità obiettiva tra i loro interventi e la conclusione dell'affare, e sempre che si sia trattato dello stesso affare, sia sotto il profilo soggettivo, che oggettivo”.
Nel nostro caso, stando a quanto viene riferito nel quesito, risulta che i mediatori abbiano collaborato nella ricerca della casa (“insieme la troviamo”); per cui si può sostenere che chi pone il quesito abbia diritto a una quota della provvigione percepita dall’agenzia immobiliare.
Quanto al quesito di carattere fiscale, per poter rispondere correttamente bisognerebbe conoscere il codice Ateco con cui è aperta l'attività e visionare il contratto per capire la natura del compenso.
In via generale la fattura deve essere emessa per prestazioni rientranti nell'attività. Se trattasi di provvigione e l'attività dichiarata è solo di "gestione immobili" (intendendo gestione di locazioni e altro), sarebbe più opportuno aprire un nuovo codice Ateco relativo alla "mediazione immobiliare", ma non è cosa complessa.

Forse potrebbe essere il caso di chiedere subito l'intervento di un legale capace e determinato, che possa inviare una lettera all'agenzia, cercando di "spaventarla". Ovviamente va chiesto un preventivo all'avvocato prima di dargli qualunque tipo di incarico. Il gioco deve valere la candela, il costo per la missiva deve essere contenuto.
Si potrebbe cercare, in questo modo, di trovare un accordo "transattivo", a mezza strada, magari sui 5.000 euro.

Giovanni M. G. chiede
sabato 24/08/2019 - Lombardia
“Buonasera, vorrei sottoporvi il seguente quesito:
Sono un mediatore immobiliare iscritto alla C.C.I.A. residente a Milano, ho un certo numero di clienti per i quali ho cercato e trovato immobili che potrebbero essere adatti a loro.
Tutti questi immobili sono venduti tramite agenzie o agenti immobiliari che al primo contatto rispondono che non vogliono" collaborare" e quindi pretendono le provvigioni intere sia dal venditore che dall'acquirente, non riconoscendo la mia attività.
Alla luce dell'art.1758 C.C. mi sembra che portando ai mediatori incaricati con mandato, che sia in esclusiva o meno poco importa, un cliente e facendo conoscere al possibile acquirente l'esistenza di un immobile adatto, ricadrei nella ipotesi della cosiddetta pluralità di mediatori e quindi maturerei il diritto ad una parte della provvigione.
Al momento in cui viene accompagnato il cliente però, il mediatore è solito chiedere all'acquirente la firma del cosiddetto " foglio provvigionale" in cui l'acquirente deve sottoscrivere la percentuale che riconoscerà al mediatore per quella vendita prima ancora di vedere l'immobile, togliendomi di fatto ogni possibilità di chiedere parte della provvigione al mio cliente.
Tra l'altro devo anche fare attenzione a non dire che sono un mediatore, perché altrimenti non mi danno appuntamento. Ho provato a dire che avevo un cliente che mi aveva dato l'incarico a cercare un immobile per lui (property finder) ma mi hanno detto che a loro non interessava nessun tipo di collaborazione.
Per risolvere questo problema avrei pensato di farmi scrivere un mandato alla ricerca di uno specifico immobile, e poi una volta trovatolo, prima di incontrare l'agente immobiliare titolare del mandato, far sottoscrivere al mio cliente un foglio con le referenze dell'immobile in questione.
Tutto ciò però potrei esplicitarlo solo una volta che il mio cliente abbia visitato l'immobile e sottoscritto una eventuale proposta, altrimenti il mediatore si metterebbe di traverso, con tutti i problemi relativi.
Mi potete dare qualche indicazione?
Grazie per il momento

Consulenza legale i 06/09/2019
Fornire una risposta alla domanda posta è, contrariamente a quanto potrebbe sembrare, assai difficile.

La risposta di “mero diritto”, infatti, non soddisferebbe l’esigenza sottesa alla richiesta di parere; quindi, per quanto possibile, ci si spingerà oltre, prendendo in considerazione anche una possibile strategia per far fronte alle difficoltà manifestate dal mediatore che ci ha interpellato.

Le norme del codice civile (peraltro già conosciute dal richiedente il parere) sono molto chiare nello stabilire che al mediatore, in caso di conclusione favorevole dell’affare, spetti la mediazione e che, in caso di pluralità di mediatori, la percentuale spetti per quote (artt. 1754 e ss. c.c.).

Conseguentemente, il primo consiglio è di certo quello di far sottoscrivere ai propri clienti un mandato con cui questi ultimi si impegnano, in caso di esito favorevole dell’affare, al riconoscimento della provvigione e, comunque, delle spese sostenute, per l’eventualità in cui l’affare non si concluda.

Chiaro che, qualora venisse concluso un affare anche con un’agenzia che frappone ostacoli al riconoscimento della quota di percentuale, sarebbe necessario chiedere tutela avanti l’Autorità Giudiziaria con le ripercussioni indubbie che questo, purtroppo, avrebbe sul business. E’ evidente che il mediatore non può rischiare di dover intentare causa a tutti coloro che non gli vogliono riconoscere la percentuale per ottenere il pagamento di quanto dovutogli.
Però ed in ogni caso, la sottoscrizione del mandato da parte del cliente è imprescindibile per garantirsi una prova del ruolo assunto e della prestazione fornita e pone il mediatore al riparo da rischi nei confronti del proprio mandante.

Per quanto riguarda invece, la problematica concernente le agenzie, è evidente che queste ultime difficilmente riconosceranno bonariamente al mediatore esterno la provvigione, quindi, un consiglio, seppure non giuridico, potrebbe essere quello di rintracciare il proprietario dell’immobile d’interesse, chiedere quale è la scadenza del termine concesso all’agenzia di riferimento per l’esclusiva sul procacciamento dell’affare e, poi, scaduto il termine, mettere in contatto le parti, sperando nel buon esito dell’affare.
E’ vero che questo può comportare la perdita di chance ma è anche vero che rischiare di procacciare, indirettamente, clientela alle agenzie che detengono il monopolio sul territorio, con il rischio di non veder neppure riconosciute le spese per l’opera prestata è antieconomico.

Anonimo chiede
lunedì 31/07/2017 - Lombardia
“Buongiorno.
Ecco il mio problema:
io e la mia compagna decidiamo di acquistare casa e quindi ci rechiamo in un' agenzia immobiliare la quale, a luglio del 2016, ci porta a vedere un terreno su cui dice che tempo qualche mese inizieranno i lavori per la costruzione di 4 appartamenti; 2 al piano terra e 2 al primo piano.
Durante la visita di questo terreno l'agente immobiliare ci fa firmare il verbale di visita (di cui non ci ha rilasciato copia)
e alla mia precisa domanda se mi stesse facendo firmare una specie di contratto risponde dicendo di no, che sono solo moduli che servono all'agenzia.
Dopo un paio di mesi ci avvisa dicendoci che sono pronte le planimetrie di progetto degli appartamenti e ci invita a passare in agenzia per visionarle insieme.
A noi colpisce il quadrilocale al piano terra e chiediamo se eventualmente è possibile poter studiare una soluzione che preveda una scala interna all'appartamento che porti direttamente nel box sottostante.
Queste planimetrie nel frattempo ce le invia tramite email.
L'agente ci richiama dopo alcuni giorni per farci visionare le nuove planimetrie, con la modifica della scala.
Purtroppo però il prezzo è fuori dalla nostra portata e quindi diciamo che non possiamo permettercelo.
Ci chiede a questo punto se vogliamo valutare e fare una eventuale proposta per uno dei trilocali, ma rispondiamo che preferiremmo vedere altri quadrilocali prima e pertanto non facciamo nessuna proposta d'acquisto per questi appartamenti.
Visioniamo con questa agenzia ancora alcuni appartamenti nelle settimane successive senza trovarne uno che soddisfi le nostre esigenze.
L'agente immobiliare ci dice che non ha altro da farci vedere e nel caso in cui venisse a conoscenza di altri appartamenti ci contatterà.
Da allora (fine 2016) non l'abbiamo più visto né sentito.
Decidiamo così di affidarci ad una seconda agenzia che ci fa visionare altri appartamenti; per uno addirittura facciamo una proposta d'acquisto che però purtroppo non viene accettata. Continuiamo così la ricerca con questa seconda agenzia finché non ci porta a vedere i famosi 4 appartamenti proposti su carta dalla prima agenzia, che nel frattempo l'impresa ha iniziato a costruire.
Dato che nel corso delle visite dei vari appartamenti durante questi mesi ci siamo resi conto che i quadrilocale sono al di sopra delle nostre possibilità, decidiamo di provare a fare una prima proposta d'acquisto ufficiale (con il rilascio di un assegno da parte nostra) per il trilocale al piano terra che però viene rifiutata dal costruttore.
Facciamo quindi una seconda proposta d'acquisto ufficiale, che viene accettata. Nel giro di un paio di settimane (luglio 2017) firmiamo il preliminare, l'agenzia consegna l'assegno al costruttore e paghiamo per intero la provvigione all'agente immobiliare.
Qualche giorno dopo però riceviamo un' email dalla prima agenzia che ci convoca e ci dice che le spetta la provvigione in quanto è stata la prima a farci vedere questi appartamenti (anche se fisicamente non esistevano ancora; abbiamo visto solo un campo e delle planimetrie) e che l'aver firmato il verbale di visita ci obbliga a corrispondere loro la provvigione e che l'articolo 1755 del Codice Civile prevede questo.
Devo pagare una seconda provvigione per lo stesso appartamento? Ripeto che alla seconda agenzia, quella con cui siamo arrivati a firmare il preliminare, è stata già pagata per intero la provvigione spettante.
L'articolo 1755 non dice che il mediatore ha diritto alla provvigione se l'affare è concluso per effetto del suo intervento?
In questo caso mi sembra sia solo il secondo agente ad aver fatto questo.
Inoltre, oltre a richiederci il pagamento della provvigione, ci avvisa del fatto che aveva avuto dall'impresa costruttrice l'esclusiva per la vendita di questi appartamenti (cosa che a noi non è mai stata detta da nessuno) e che l'impresa per questo gli ha già versato dei soldi come penale, per aver venduto a noi tramite un'altra agenzia.
Possibile che un costruttore commetta un errore del genere e si presenti a firmare un preliminare in'un agenzia diversa da quella a cui avrebbe dato l'esclusiva? E soprattutto la legge prevede che si debbano pagare 2 provvigioni per lo stesso appartamento?
Grazie per la vostra gentile risposta.”
Consulenza legale i 30/08/2017
Gentile Cliente,
Come da lei stesso osservato, l'art. 1755 c.c. prevede che il mediatore abbia diritto alla corresponsione della provvigione solo laddove l'affare si sia concluso per effetto del suo intervento.

La suddetta disposizione va coordinata, poi, con quella di cui all'art. 1758 c.c., che disciplina l'ipotesi in cui l'affare si sia concluso per effetto dell'intervento di una pluralità di mediatori.

In quest'ultimo caso, la norma prevede che ciascun mediatore che sia intervenuto abbia diritto ad una quota di provvigione.

Occorre, tuttavia, chiarire quando, effettivamente, possa dirsi che un affare si sia concluso "per effetto dell'intervento di più mediatori".

In proposito, è utile richiamare quanto stabilito dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, la quale, con la sentenza n. 16157 del 2010, ha precisato che non sussiste il diritto al compenso "quando, dopo una prima fase di trattative avviate con l'intervento del mediatore senza risultato positivo, le parti siano successivamente pervenute alla conclusione dell'affare per effetto d'iniziative nuove, in nessun modo ricollegabili con le precedenti o da queste condizionate, sicché possa escludersi l'utilità dell'originario intervento del mediatore".

Nello stesso senso si è espresso anche il Tribunale di Reggio Emilia, che, in un caso analogo a quello da lei esposto, ha escluso il diritto alla provvigione dell'agenzia che per prima aveva fatto visionare l'immobile, ritenendo che la stessa non avesse apportato "alcun contributo causale nella conclusione dell'affare", poichè quest'ultimo era stato raggiunto solo per effetto della nuova iniziativa posta in essere dalla seconda agenzia.

Il Tribunale, dunque, ha escluso il diritto al compenso della prima agenzia, in quanto l'attività dalla stessa svolta non aveva "costituito nemmeno l'antecedente indispensabile che, attraverso le successive vicende, ha condotto (o ha contribuito a condurre) alla conclusione del contratto" (Tribunale di Reggio Emilia, sentenza n. 1428 del 2010).

Ebbene, nel caso da lei sottoposto, appare di tutta evidenza che la prima trattativa, avviata con l'ausilio della prima agenzia, non ha avuto esito positivo e che l'affare si è, successivamente, concluso per effetto di una nuova trattativa, del tutto svincolata rispetto la precedente e che ha visto l'intervento solo ed esclusivamente della seconda agenzia, la quale è, dunque, l'unica ad aver maturato il diritto al compenso.

Quanto all'eventuale "diritto di esclusiva" pattuito dalla prima agenzia con il costruttore, si tratta di una questione che non la coinvolge direttamente: se lo riterrà opportuno, l'agenzia potrà far valere le proprie ragioni nei confronti del costruttore.


C. C. chiede
venerdì 19/11/2021 - Lombardia
“Buongiorno,
nel maggio 2020 mi sono rivolto ad un'agenzia immobiliare e le ho dato mandato IN ESCLUSIVA per un anno per vendere il mio immobile a 210.000 euro, prezzo suggerito dalla stessa agenzia.
Dopo un anno non ho concluso la vendita.
Il mandato è terminato a maggio 2021.

Ad agosto 2021 ho acquistato un appartamento ad un buon prezzo e pertanto voglio concludere la vendita del mio vecchio appartamento entro un anno dal rogito per evitare di perdere i benefici prima casa.

Non essendo però stato soddisfatto dalla prima agenzia (A), che tra l'altro ritengo mi abbia proposto di vendere ad un prezzo superiore a quello di mercato, mi sono rivolto ad una nuova agenzia (B), dandole l'ESCLUSIVA per un anno, da settembre 2021 a settembre 2022, per vendere il mio appartamento a 170.000 euro.

Il problema è che è venuto a visitare l'appartamento Tizio, che già era venuto con l'agenzia A un anno fa, ma che tuttavia non aveva concretizzato l'acquisto in quanto Tizio aveva offerto 165.000 euro, ma ai tempi io non ero disposto a scendere sotto i 180.000 euro.
Ora, vedendo l'annuncio con un prezzo fortemente ribassato, si è ripresentato con l'agenzia B.


Nel contratto con l'agenzia A, ora scaduto, era inserita la presente clausola: "Per patto espresso il compenso provvigionale sarà altresì dovuto anche nel caso di conclusione dell'affare successiva alla scadenza dell'incarico nei confronti di soggetti messi in relazione con il venditore dall'agente immobiliare, come risultanti da apposita comunicazione scritta".

Il mio dubbio è: se adesso vendessi l'appartamento a Tizio, rischierei di dover pagare la provvigione due volte?
Sia all'agenzia A che all'agenzia B?
Se l'agenzia A volesse la provvigione, farebbe causa a me e sarei io a dover successivamente fare causa all'agenzia B affinché si divida il compenso con l'agenzia A, considerato che l'articolo 1758 Codice Civile precisa che “Se l'affare è concluso per l'intervento di più mediatori, ciascuno di essi ha diritto a una quota della provvigione”?

In caso di contenzioso, quale sarebbe il Giudice competente? Il Giudice ordinario oppure il Giudice di Pace?


L'articolo 1758 Codice Civile precisa che “Se l'affare è concluso per l'intervento di più mediatori, ciascuno di essi ha diritto a una quota della provvigione”

Sul Vostro sito, nella pagina web relativa all'articolo 1758 Codice Civile, si precisa che

- “può anche accadere che i mediatori svolgano la loro attività indipendentemente l'uno dall'altro, pur convergendo l'attività stessa a far concludere un unico affare. Si è ritenuto allora dalla giurisprudenza che, constatata l'efficienza dell'apporto di ciascuno, il compenso spetti per intero ad ogni mediatore, quando però vi sia stato l'impegno di corrispondere compensi distinti”
- non sussiste, invece, il diritto al compenso quando, dopo una prima fase di trattative avviate con l'intervento del mediatore senza risultato positivo, le parti siano successivamente pervenute alla conclusione dell'affare per effetto d'iniziative nuove, in nessun modo ricollegabili con le precedenti o da queste condizionate, sicché possa escludersi l'utilità dell'originario intervento del mediatore (Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 16157 del 8 luglio 2010)

In caso di contenzioso, quale sarebbe il Giudice competente? Il Giudice ordinario oppure il Giudice di Pace?

Grazie”
Consulenza legale i 03/12/2021
In materia di diritto del mediatore alla provvigione, se da un punto di vista teorico è abbastanza facile affermare - come fa l’art. 1755 c.c. - che è necessario un nesso di causalità tra intervento del mediatore e conclusione dell’affare, nella pratica può non essere semplice stabilire quando ciò accada: si tratta, semmai, di una valutazione da compiersi caso per caso.
Ma procediamo con ordine.
Sulle caratteristiche del rapporto di causalità, la recente giurisprudenza della Corte di Cassazione (Sez. II Civ., ordinanza 16/01/2018, n. 869) ha precisato che non occorre “un nesso eziologico diretto ed esclusivo tra l'attività del mediatore e la conclusione dell'affare, poiché è sufficiente che il mediatore - pur in assenza di un suo intervento in tutte le fasi della trattativa ed anche in presenza di un processo di formazione della volontà delle parti complesso ed articolato nel tempo - abbia messo in relazione le stesse, sì da realizzare l'antecedente indispensabile per pervenire alla conclusione del contratto”.
Anche secondo Cass. Civ., Sez. II, 05/12/2014, n. 25799, non è necessario l’intervento del mediatore in tutte le fasi delle trattative, fino all'accordo definitivo. “Ne consegue - prosegue la Corte - che anche la semplice attività consistente nel reperimento e nella indicazione dell'altro contraente, ovvero nella segnalazione dell'affare, legittima il diritto alla provvigione, sempre che la descritta attività costituisca il risultato utile di una ricerca fatta dal mediatore e poi valorizzata dalle parti. Né, una volta concluso l'affare, assume rilevanza, sotto il profilo dell'incidenza sulla efficienza causale esclusiva o concorrente dell'opera dello stesso, l'assoluta identità delle condizioni alle quali la trattativa sia stata portata successivamente a termine e con l'intervento di altro mediatore (come nella specie), non essendo un unico elemento di parziale differenziazione da solo idoneo ad interrompere il nesso eziologico tra l'attività originariamente svolta dal soggetto che per primo ha messo in relazione le parti tra di loro e l'affare tra esse concluso”.
Il nesso di causalità non è interrotto neppure dalla eventualità per cui - come nel nostro caso rispetto al primo mediatore - la conclusione dell’affare avvenga dopo la scadenza dell’incarico. Si veda ad esempio Cass. Civ., Sez. III, 18/09/2008, n. 23842: “ai fini del diritto del mediatore alla provvigione, non rileva che la conclusione dell'affare sia avvenuta dopo la scadenza dell'incarico conferitogli, purché il mediatore abbia messo in relazione i contraenti con un'attività causalmente rilevante ai fini della conclusione del medesimo affare”.
Ed ancora, per Cass. Civ., Sez. III, 11/04/2003, n. 5762, è “sufficiente che il mediatore abbia messo in relazione tra loro acquirente e venditore, in modo che la conclusione dell'affare possa ricollegarsi all'opera da lui svolta, anche se la conclusione è avvenuta dopo la scadenza dell'incarico, senza che le determinazioni interne di una delle parti possano essere ritenute idonee ad incidere sul nesso causale; l'accertamento del nesso causale costituisce apprezzamento di fatto, riservato al giudice di merito e sottratto al sindacato di legittimità se congruamente motivato. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva riconosciuto il diritto alla provvigione all'agenzia immobiliare, il cui incaricato aveva fatto visitare l'immobile, tra gli altri, a persona che, successivamente e dopo la scadenza del mandato all'agenzia, si era determinata ad acquistare contattando direttamente il venditore)”.
Come si vede, dunque, al di là delle affermazioni di principio, non esistono criteri certi per escludere o ammettere in anticipo la sussistenza del nesso di causalità e dunque il diritto del mediatore alla provvigione, anche per gli affari conclusi dopo la scadenza del mandato eventualmente conferito. Si tratta, in sostanza, di una valutazione rimessa all’apprezzamento del giudice. Certo, nel nostro caso potrebbero deporre a sfavore del primo mediatore sia il periodo di tempo (seppur breve) intercorso tra i due successivi incarichi, sia il prezzo, a quanto consta, considerevolmente inferiore all’importo richiesto dalla prima agenzia immobiliare: ma si tratta di elementi che potrebbero non essere considerati decisivi in un eventuale giudizio. Vi è dunque il rischio che l'agenzia incaricata per prima possa richiedere il pagamento della provvigione per la vendita successivamente conclusa.
Quanto alla possibilità di dividere la provvigione tra i due mediatori, va precisato che, secondo la più recente giurisprudenza di legittimità (v. Cass. Civ., Sez. II, 21/06/2000, n. 8443), “il diritto alla divisione della provvigione tra più mediatori sorge, a norma dell'art. 1758 c.c., soltanto quando essi abbiano cooperato simultaneamente e di comune intesa, ovvero autonomamente, ma giovandosi l'uno dell'attività espletata dall'altro, alla conclusione dell'affare, in modo da non potersi negare un nesso di concausalità obiettiva tra i loro interventi e la conclusione dell'affare, e sempre che si sia trattato dello stesso affare, sia sotto il profilo soggettivo, che oggettivo”.
Conforme Cass. Civ., Sez. III, sentenza 08/07/2010, n. 16157, la quale aggiunge però che “non sussiste, invece, il diritto al compenso quando, dopo una prima fase di trattative avviate con l'intervento del mediatore senza risultato positivo, le parti siano successivamente pervenute alla conclusione dell'affare per effetto d'iniziative nuove, in nessun modo ricollegabili con le precedenti o da queste condizionate, sicché possa escludersi l'utilità dell'originario intervento del mediatore”.
Sempre in caso di pluralità di mediatori, Cass. Civ., Sez. III, 17/03/2005, n. 5766 afferma che “occorre distinguere a seconda che tutti o alcuni soltanto siano entrati in relazione con le parti o almeno una di esse, nel primo caso ciascun mediatore avendo azione diretta per il pagamento della provvigione e, nel secondo, il mediatore che non ha preso contatto potendo agire in rivalsa nei confronti del mediatore o dei mediatori che hanno ottenuto il pagamento dell'intera provvigione”.
Anche sotto il profilo della possibilità di suddividere la provvigione tra i due successivi mediatori, dunque, sarà necessario valutare attentamente tutte le circostanze e il contributo causale apportato da ciascuno alla conclusione dell’affare.
Quanto alla competenza per l’eventuale giudizio, essa dipende dal valore della controversia, ovvero, in questo caso, dall’importo della provvigione richiesta (ai sensi dell'art. 7 c.p.c., il giudice di pace è competente per le cause relative a beni mobili di valore non superiore a cinquemila euro).

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