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Articolo 412 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 31/01/2024]

Atti compiuti dal beneficiario o dall'amministratore di sostegno in violazione di norme di legge o delle disposizioni del giudice

Dispositivo dell'art. 412 Codice Civile

Gli atti compiuti dall'amministratore di sostegno in violazione di disposizioni di legge, od in eccesso rispetto all'oggetto dell'incarico o ai poteri conferitigli dal giudice, possono essere annullati su istanza dell'amministratore di sostegno, del pubblico ministero, del beneficiario o dei suoi eredi ed aventi causa.

Possono essere parimenti annullati su istanza dell'amministratore di sostegno, del beneficiario, o dei suoi eredi ed aventi causa, gli atti compiuti personalmente dal beneficiario in violazione delle disposizioni di legge o di quelle contenute nel decreto che istituisce l'amministrazione di sostegno.

Le azioni relative si prescrivono nel termine di cinque anni. Il termine decorre dal momento in cui è cessato lo stato di sottoposizione all'amministrazione di sostegno.

Spiegazione dell'art. 412 Codice Civile

Il nuovo articolo 412 c.c. presenta un duplice profilo di invalidità dell’amministrazione di sostegno: una prima categoria generale è costituita dalla violazione delle disposizioni del giudice, mentre una seconda categoria è quella costituita dagli atti compiuti dall’amministratore di sostegno o dal beneficiario in violazione di disposizioni di legge (categoria facilmente ampliabile).
Più in generale, in merito alla scelta operata nell'articolo in esame, è da rilevarsi come l'annullamento come forma di invalidità per i soggetti incapaci sia del tutto in linea con l’impianto del nostro ordinamento, che commina l'invalidità (nella forma dell'annullabilità di cui all'art. 1425 del c.c. e ss.) qualora difetti il requisito della capacità di agire nel soggetto. Tale invalidità non inficia gli effetti dell'atto, che si producono sino alla sentenza di accoglimento dell’azione costitutiva di annullamento esperita dal soggetto all'uopo legittimato; la portata degli effetti estintivi ottenuti si estende anche agli atti preliminari, accessori e consequenziali rispetto a quelli contemplati nel decreto del giudice.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

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S. G. chiede
martedì 09/06/2020 - Emilia-Romagna
“Buongiorno,
Mia sorella di 85 anni è stata posta da un decennio sotto amministrazione di sostegno per incapacità totale di intendere e volere (morbo di Alzheimer).
Fu nominato ADS il marito, deceduto tre anni orsono, nonostante non vi fosse accordo in tal senso.
Durante il periodo di amministrazione, il marito defunto ha compiuto ripetuti atti a carattere patrimoniale in danno della comunione legale dei beni senza mai presentare rendicontazione annuale o chiedere autorizzazione per i compiuti atti di straordinaria amministrazione. Ovviamente è mancata la vigilanza del giudice tutelare che mai ha contestato la non presentazione per anni di rendicontazione almeno annuale.
Si chiede:
1) In quale sede ed a che titolo far valere i danni patrimoniali occorsi a mia sorella Paola (tutt'ora in vita) stante la non collaborazione del nuovo ADS nominato dopo la morte del marito e dato che il Giudice Tutelare non risponde alle istanze depositate in Cancelleria del tribunale?
2) Ho sentito un parere legale che mi ha manifestato scetticismo in merito alla possibilità che il Tribunale verifichi ed ammetta una mancanza di vigilanza sulla persona sotto tutela.
Vorrei un parere cortesemente non generico in merito.
Grazie
S. Giorgio”
Consulenza legale i 16/06/2020
L’art. 412 del c.c. stabilisce che gli atti compiuti dall'amministratore di sostegno in violazione di disposizioni di legge (od in eccesso rispetto all'oggetto dell'incarico o ai poteri conferitigli dal giudice) possono essere annullati su istanza dell'amministratore di sostegno, del pubblico ministero, del beneficiario o dei suoi eredi ed aventi causa.
La stessa norma stabilisce che possono essere annullati su istanza dell'amministratore di sostegno, del beneficiario, o dei suoi eredi ed aventi causa, gli atti compiuti personalmente dal beneficiario in violazione delle disposizioni di legge o di quelle contenute nel decreto che istituisce l'amministrazione di sostegno.
Tra le disposizione di legge rilevanti vi sono, sicuramente, gli artt. 374 e 375 del c.c., espressamente dichiarati applicabili anche all’amministrazione di sostegno dall’art. 411 del c.c.
In particolare, l’art. 374 c.c. elenca gli atti che non possono essere compiuti senza autorizzazione del giudice tutelare (acquisto di beni, salve alcune eccezioni; riscossione di capitali; consenso alla cancellazione di ipoteche o allo svincolo di pegni; assunzione di obbligazioni, salvo quelle riguardanti le spese necessarie per il mantenimento dell’incapace e per l'ordinaria amministrazione del suo patrimonio; accettazione o rinuncia ad eredità; accettazione di donazioni o legati soggetti a pesi o a condizioni; stipula di contratti di locazione d'immobili oltre il novennio; proposizione di giudizi, salvo che si tratti ditaluni procedimenti cautelari o possessori).
Nel caso dell’amministrazione di sostegno, anche gli atti indicati nell’art. 375 c.c. richiedono l’autorizzazione del giudice tutelare, anziché del tribunale. Si tratta essenzialmente di atti di disposizione del patrimonio (alienazione di beni, eccettuati i frutti e i mobili soggetti a facile deterioramento; costituzione di pegni o ipoteche; stipula di divisioni o proposizione dei relativi giudizi; stipula di compromessi e transazioni o accettazione di concordati).
L’ultimo comma dell’art. 412 c.c. stabilisce che le azioni di annullamento, previste dalla medesima norma, si prescrivono nel termine di cinque anni, termine che decorre dal momento in cui è cessato lo stato di sottoposizione all'amministrazione di sostegno.
In questo caso, lo stato di sottoposizione alla misura di protezione non è affatto cessato; in ogni caso, anche volendo per ipotesi computare il termine a decorrere dall’avvenuta cessazione del precedente amministratore, lo stesso risulta deceduto da tre anni, per cui i termini di prescrizione non sarebbero decorsi.
Essendo deceduto il precedente amministratore, l’azione andrebbe proposta contro gli eredi di quest’ultimo, sempre che vi siano eredi diversi dalla beneficiaria dell’amministrazione di sostegno.
Da notare che, ai sensi dell’art. 410 del c.c.:
- nello svolgimento dei suoi compiti l'amministratore di sostegno deve tener conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario;
- l'amministratore di sostegno deve tempestivamente informare il beneficiario circa gli atti da compiere nonché il giudice tutelare in caso di dissenso con il beneficiario stesso;
- in caso di contrasto, di scelte o di atti dannosi ovvero di negligenza nel perseguire l'interesse o nel soddisfare i bisogni o le richieste del beneficiario, questi, il pubblico ministero o gli altri soggetti di cui all'art. 406 del c.c. possono ricorrere al giudice tutelare, che adotta con decreto motivato gli opportuni provvedimenti.
Ciò vale, naturalmente, anche per il nuovo amministratore di sostegno nominato dopo la morte del precedente (nel quesito si parla di una non meglio specificata mancanza di collaborazione del nuovo amministratore).
Inoltre l’art. 44 disp. att. c.c. stabilisce espressamente che il giudice tutelare può convocare in qualunque momento l'amministratore di sostegno, allo scopo di chiedere informazioni, chiarimenti e notizie sulla gestione dell'amministrazione di sostegno, e di dare istruzioni inerenti agli interessi morali e patrimoniali del beneficiario.
Nel nostro caso, a quanto è dato capire, il vero problema è costituito non solo dalla responsabilità di entrambi gli amministratori di sostegno (il vecchio e il nuovo), ma da un presunto comportamento di omessa vigilanza da parte del giudice tutelare.
Va ricordato che la violazione, da parte di un magistrato, dei propri doveri può essere fonte sia di responsabilità disciplinare del magistrato stesso, secondo le previsioni del D. Lgs. n. 109/2006, sia di responsabilità civile (con conseguente obbligo al risarcimento del danno), ai sensi della legge n. 117/1988, nel caso in cui il comportamento del magistrato sia stato posto in essere con dolo o colpa grave (art. 2 L. n. 117/1988).
Purtroppo, in questa sede, contrariamente a quanto chiesto nel quesito, è possibile fornire una risposta solo in termini generali. sia perché non si conoscono, nel dettaglio, gli atti posti in essere dal’amministratore di sostegno, le eventuali istanze rivolte al giudice tutelare e i provvedimenti di quest’ultimo, sia perché, soprattutto, la responsabilità dei magistrati è questione delicata, che va esaminata con l’assistenza diretta di un legale al fine di verificare tutti i presupposti della relativa azione, previsti dalla L. n. 117/1988.