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Articolo 166 bis Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 07/03/2024]

Divieto di costituzione di dote

Dispositivo dell'art. 166 bis Codice Civile

(1)È nulla(2) ogni convenzione che comunque tenda alla costituzione di beni in dote(3).

Note

(1) L'articolo è stato inserito dall'art. 47 della L. 19 maggio 1975 n. 151.
(2) La nullità qui configurata richiama la fattispecie del negozio in frode alla legge, di cui all'art. 1344 del c.c..
(3) Con l'art. 227 della L. 19 maggio 1975 n. 151 si è statuito, al fine di mantenere le doti già costituite pur nell'impossibilità di crearne di nuove, che "le doti e i patrimoni familiari costituiti prima dell'entrata in vigore della presente legge continuano ad essere disciplinati dalle norme anteriori".

Ratio Legis

La dote era costituita dai beni attribuiti dalla moglie, in godimento al marito per il sostentamento della famiglia; la scarsa applicazione pratica, e la desuetudine dell'istituto (posta l'inalienabilità dei beni oggetto della stessa) hanno condotto all'abrogazione, nel 1975, della stessa.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 166 bis Codice Civile

Cass. civ. n. 4866/2007

Secondo il testo originario dell'art. 182, comma secondo, cod. civ. (poi sostituito dalla legge 19 maggio 1975, n. 151), riferito alla dote in danaro, in beni mobili o immobili stimati, se erano costituiti in dote beni immobili stimati, ma non vi era espressa dichiarazione, che attribuisse la proprietà al marito, nei confronti di detti beni la costituzione in dote non poteva considerarsi sufficiente ad operarne il trasferimento, con la conseguenza che gli stessi non diventavano di proprietà del marito e rimanevano nella titolarità della moglie. (Nella specie, la S.C. ha enunciato il riportato principio per ritenere che, in difetto di prova, nelle forme prescritte, del trasferimento della proprietà in capo al marito dei beni immobili dotali, la moglie, in quanto rimasta proprietaria, si sarebbe dovuta considerare legittimata a resistere con riguardo ad un'azione reale per la riduzione in pristino di una situazione dei luoghi modificata in virtù dell'illegittima edificazione di una sua costruzione e dell'intervenuta deviazione illecita del contiguo corso di un canale). (Rigetta, App. Palermo, 25 Febbraio 2002)

Cass. civ. n. 8952/2000

In tema di dote, la nullità di ogni convenzione che comunque tenda alla costituzione di beni in dote, sancita dall'art. 166 bis c.c., introdotto dall'art. 47 della L. 19 maggio 1975, n. 151 (sulla riforma del diritto di famiglia), opera ex nunc, non ex tunc, come è dato desumere dall'art. 227 della stessa legge di riforma, per il quale le doti (e i patrimoni familiari) costituiti prima della entrata in vigore della legge (21 settembre 1975) continuano ad essere disciplinati dalle norme anteriori (artt. 187 ss. nella originaria formulazione).

Cass. civ. n. 67/1985

In virtù della norma transitoria dettata dall'art. 227 della L. 19 maggio 1975, n. 151 (sulla riforma del diritto di famiglia) — secondo cui le doti e i patrimoni familiari costituiti prima dell'entrata in vigore della legge continuano ad essere disciplinati dalle norme anteriori — la nullità di «ogni convenzione che comunque tenda alla costituzione dei beni in dote», sancita dall'art. 166 bis c.c., aggiunto dall'art. 47 di tale legge, non si estende alle costituzioni di dote anteriori alla stessa legge, con l'ulteriore conseguenza del permanere dell'impignorabilità dei beni che ne formarono oggetto.

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Romano C. chiede
giovedì 16/02/2017 - Puglia
“I beni dotali di mia madre (atto del 1971) ad oggi, con la morte del coniuge (mio padre nel 2004) e con l'abrogazione della stessa con la legge del 1975 ....sono ad oggi rimasti inalienabili e inattaccabili? da banche o enti .....?”
Consulenza legale i 20/02/2017
La dote era un istituto presente nel Codice Civile italiano prima della riforma del diritto di famiglia (legge 19/5/1971 n. 151), la quale ha introdotto nel nostro ordinamento l’art. 166 bis c.c. che sancisce e determina la nullità di qualsiasi convenzione che abbia come oggetto la costituzione di beni in dote.
Nel vecchio ordinamento, la dote veniva costituita a mezzo di un atto da stipularsi dinanzi ad un notaio a pena di nullità e poteva riguardare qualsiasi bene, mobile ed immobile. I beni costituiti in dote non potevano essere alienatiipotecati (salvo patto contrario in sede notarile) a meno che non ci fosse il consenso espresso di entrambi i coniugi e con l’autorizzazione del Tribunale, che, attraverso un decreto, la concedeva solo in caso di necessità o utilità evidente.
Durante il matrimonio, era solo il marito che aveva l’amministrazione dei beni costituiti in dote. In caso di beni mobili, egli ne diveniva proprietario; in caso di beni immobili, il marito non ne diveniva proprietario a meno che ciò non fosse stabilito in sede notarile.

Con la legge del 1975 queste norme vengono tutte abrogate. L’art. 227 di tale legge, però, stabilisce testualmente che “le doti e i patrimoni familiari costituiti prima della entrata in vigore della presente legge continuano ad essere disciplinati dalle norme anteriori”: in altre parole, venendo al caso di specie, i beni che costituivano la dote di Sua mamma continuavano ad essere disciplinati dalle norme del vecchio ordinamento.

La dottrina sostiene che alla morte del marito, i beni costituiti in dote passano nella piena disponibilità della moglie: ciò significa, pertanto, che tali beni sono passati nella piena disponibilità di Sua mamma alla morte di Suo papà.

Sua mamma potrà venderli o donarli o disporne a piacimento. In buona sostanza è come se fosse “caduto” il vincolo della dote su quei particolari beni.
Detto ciò, tali beni saranno "attaccabili" da banche o enti nel caso in cui tali banche o enti siano creditori di Sua mamma attraverso una procedura di pignoramento (esattamente come ogni altro bene di proprietà di un debitore che non adempia il suo debito).