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Amministrazione di sostegno: il beneficiario è legittimato ad impugnare autonomamente i provvedimenti del giudice

Amministrazione di sostegno: il beneficiario è legittimato ad impugnare autonomamente i provvedimenti del giudice
I provvedimenti del giudice tutelare emanati nel procedimento per l'istituzione dell'amministrazione di sostegno possono essere impugnati dal beneficiario senza alcuna assistenza né previa autorizzazione del giudice.
Il caso aveva preso avvio dal decreto con cui il Giudice Tutelare aveva disposto nei confronti di due soggetti la misura dell’amministrazione di sostegno, stabilendo la necessità dell’intervento dell’amministratore di sostegno anche per il compimento degli atti di ordinaria amministrazione.
I due beneficiari avevano proposto reclamo avverso tale decisione dinanzi al tribunale, il quale, con sentenza, l’aveva dichiarato inammissibile, ritenendo che i ricorrenti difettassero di legittimazione processuale, poiché avevano instaurato direttamente il giudizio, senza la necessaria assistenza dell’amministratore di sostegno e senza l’autorizzazione del giudice tutelare, richiesta invece ai sensi del combinato disposto dell’art. 374 c.c., n. 5 e dell’art. 411 c.c.
I due beneficiari avevano pertanto proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che, dato che lo stesso art. 406 comma 1 c.c. prevede per i beneficiari di un’amministrazione di sostegno la possibilità di proporre il ricorso per l’apertura di tale procedura, allo stesso modo, se essi ritengono che i provvedimenti emessi dal Giudice tutelare in quello stesso procedimento siano lesivi dei loro interessi, dovrebbero essere legittimati ad impugnarli, conservando in quell’ambito la capacità d'agire.
Oltretutto, i ricorrenti hanno evidenziato che, ai sensi dell’art. 739 c.c., le impugnazioni avverso i decreti pronunciati dal Giudice Tutelare non sono soggette a preventiva autorizzazione dello stesso giudice, che, altrimenti, si troverebbe ad autorizzare un provvedimento da lui stesso emesso, in violazione del principio di imparzialità e terzietà del giudice.
La Corte di Cassazione si è pronunciata con l’ordinanza n. 5380/2020, accogliendo il ricorso.
Innanzitutto, la Suprema Corte ha rilevato che il decreto del Giudice Tutelare che impone ai beneficiari di essere coadiuvati dall’amministratore di sostegno anche per il compimento di atti di ordinaria amministrazione è ricorribile in Cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost, in quanto atto avente natura decisoria ed incidente sullo status e sui diritti fondamentali dei beneficiari.
Inoltre, nonostante il combinato disposto degli artt. 374 c.c., n. 5 e 411 c.c. sancisca che, per promuovere un’azione nei confronti di terzi, i beneficiari di un’amministrazione di sostegno debbano essere autorizzati dal giudice tutelare, questi, ai fini dell’istituzione di un’amministrazione di sostegno e dell'impugnazione di provvedimenti adottati nel corso di tale procedura, godono di un’autonoma legittimazione processuale. Pertanto, anche questi soggetti possono autonomamente impugnare un provvedimento del giudice tutelare, non essendo necessaria la sua preventiva autorizzazione.
Infatti, come affermato dai ricorrenti, anche la Cassazione ha evidenziato che lo stesso art. 406 c.c. stabilisce, per il ricorso per l'istituzione dell'amministrazione di sostegno, una deroga a quanto previsto dall’art. 75 c.p.c., includendo tra i soggetti legittimati a proporre il ricorso lo stesso beneficiario anche se minore, interdetto o inabilitato; dunque, la capacità processuale in questo caso spetta anche a soggetti che sono normalmente privi della capacità d’agire.
Inoltre, l’art. 411 comma 4 c.c. prevede che il beneficiario possa presentare ricorso anche successivamente al provvedimento di nomina dell'amministratore di sostegno, e che possa farlo "direttamente", quindi senza che sia necessaria alcuna assistenza o l’autorizzazione del giudice. Di conseguenza, è chiaro che il beneficiario sia legittimato non solo a proporre ricorso per istituire un’amministrazione di sostegno, ma anche per impugnare il provvedimento con cui il Giudice Tutelare abbia deciso a seguito di tale ricorso.
Alla luce di queste considerazioni, la Suprema Corte ha cassato il decreto impugnato e rinviato il giudizio al tribunale per una nuova valutazione.


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