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Articolo 8 Testo Unico sulle successioni e donazioni

(D.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346)

[Aggiornato al 13/01/2024]

Base imponibile

Dispositivo dell'art. 8 Testo Unico sulle successioni e donazioni

1. Il valore globale netto dell'asse ereditario è costituito dalla differenza tra il valore complessivo, alla data dell'apertura della successione, dei beni e dei diritti che compongono l'attivo ereditario, determinato secondo le disposizioni degli articoli da 14 a 19, e l'ammontare complessivo delle passività deducibili e degli oneri diversi da quelli indicati nell'art. 46, comma 3.

1-bis. Resta comunque ferma l'esclusione dell'avviamento nella determinazione della base imponibile delle aziende, delle azioni, delle quote sociali.

2. In caso di fallimento del defunto si tiene conto delle sole attività che pervengono agli eredi e ai legatari a seguito della chiusura del fallimento.

3. Il valore dell'eredità o delle quote ereditarie è determinato al netto dei legati e degli altri oneri che le gravano, quello dei legati al netto degli oneri da cui sono gravati.

4. Il valore globale netto dell'asse ereditario è maggiorato, ai soli fini della determinazione delle aliquote applicabili a norma dell'art. 7, di un importo pari al valore attuale complessivo di tutte le donazioni fatte dal defunto agli eredi e ai legatari, comprese quelle presunte di cui all'art. 1, comma 3, ed escluse quelle indicate all'art. 1, comma 4, e quelle registrate gratuitamente o con pagamento dell'imposta in misura fissa a norma degli articoli 55 e 59; il valore delle singole quote ereditarie o dei singoli legati è maggiorato, agli stessi fini, di un importo pari al valore attuale delle donazioni fatte a ciascun erede o legatario. Per valore attuale delle donazioni anteriori si intende il valore dei beni e dei diritti donati alla data dell'apertura della successione, riferito alla piena proprietà anche per i beni donati con riserva di usufrutto o altro diritto reale di godimento.

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Consulenze legali
relative all'articolo 8 Testo Unico sulle successioni e donazioni

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

M. R. chiede
mercoledì 26/01/2022 - Calabria
“Buongiorno, chiedo delle ulteriori informazioni in merito alla successione ereditaria accennata nel quesito Q202129137.

In pratica vorrei sapere : nella stesura della dichiarazione di successione si inseriscono i valori degli immobili e delle aziende appartenenti all'asse ereditario del de cuius, ma il problema è che mentre per gli immobili si può inserire il valore catastale degli immobili, per l'azienda, in questo caso una Tabaccheria, quale valore va inserito? Nel senso che il valore dell'azienda lo conosciamo gia', ma non c'e' accordo tra fratelli sul valore da inserire nella dichiarazione di successione.
Considerate che la tabaccheria era stata donata a mia sorella nel 1996. E, nel caso non ci fosse accordo sul valore da attribuire alla tabaccheria, come si prosegue con la dichiarazione di successione?
E, considerato che ci sono anche degli altri immobili avuti in donazione negli anni passati, se ora voglio dividerli per evitare la comproprietà, che devo fare? E se mia sorella non volesse togliere la comproprietà?
Grazie

Consulenza legale i 31/01/2022
Nella precedente consulenza 29137, richiamata nel quesito, viene espressamente chiarito quale valore deve essere indicato nella dichiarazione di successione qualora il de cuius abbia in vita posto in essere una donazione di azienda.
Occorre a questo proposito precisare che è nel quadro ES della dichiarazione di successione che devono essere indicate tutte le donazioni e le liberalità effettuate in vita dal defunto ad eredi e legatari, mentre non vanno indicate le donazioni che siano state effettuate a favore di soggetti non partecipanti alla successione.

Il valore da dichiarare è quello del bene o diritto oggetto di donazione attualizzato alla data di apertura della successione, dovendosi a tal proposito precisare che per i beni immobili si potrà utilizzare il valore catastale riferito a tale data, mentre nel caso di donazione di azienda vale quanto già detto nella consulenza sopra richiamata.
In particolare, tralasciando il discorso sulla natura giuridica dell’azienda, si ritiene opportuno qui richiamare la sentenza della Corte di Cassazione n. n. 502 del 15.01.2003, la quale, seppure pronunciata in tema di collazione, fa esplicito riferimento alla valutazione di un complesso aziendale, stabilendo che la valutazione dell’azienda “resta sottratta ai criteri concernenti i singoli beni, mobili o immobili, che compongono l’azienda medesima”, posto che “devesi aver riguardo, non già al valore dei singoli beni, mobili o immobili, che compongono l’azienda, bensì al valore assunto dall’azienda quale complesso unitario organizzato per fini produttivi, al tempo dell’apertura della successione”.

Si tenga presente che il valore totale delle donazioni e delle liberalità inserite nel quadro ES viene preso in considerazione per il c.d. "coacervo", tramite il quale stabilire, ai fini del calcolo dell'imposta di successione, lo scaglione esente di ogni singolo erede.
In realtà su questo specifico tema si è pronunciata di recente la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 22738 del 2020, nella quale la S.C. conferma l'orientamento espresso per la prima volta con le sentenze nn. 24940 e 26050 del 2016, secondo cui il coacervo delle donazioni pregresse non si applica con riferimento all'imposta di successione, dovendosi ritenere tacitamente abrogato l'art. 8, comma 4, del D. Lgs. 346/1990 (Testo Unico dell'imposta sulle successioni e donazioni) per effetto della successiva Legge n. 342/2000.
Di contrario avviso, tuttavia, sembra essere l'Agenzia delle Entrate, la quale ha sempre ritenuto che l'istituto del coacervo dovesse comunque applicarsi, seppur limitatamente al calcolo della franchigia residua (circolari 207/E del 2000 e 3/E del 2008), ribadendolo anche nelle istruzioni al modello di dichiarazione di successione e domanda di volture catastali telematico.

Pertanto, seguendo l’orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione sembrerebbe che le donazioni non debbano essere inserite nel modello di dichiarazione, mentre qualora ci si voglia attenere all'indirizzo dell'amministrazione finanziaria, sembra opportuno indicare anche le donazioni in dichiarazione.
Qualora si volesse optare per questa seconda soluzione, ciò che si può consigliare è di allegare alla dichiarazione la richiesta di non tenerne conto in sede di liquidazione dell'imposta di successione, richiesta che dovrebbe essere fatta in forza dell'abrogazione tacita dell'art. 8, comma 4, del D. Lgs. 346/1990, richiamando anche le sentenze della Corte di Cassazione a cui sopra si è fatto riferimento.

Per quanto concerne la problematica relativa alla mancanza di accordo sul valore da attribuire alla tabaccheria, l’unico consiglio che può darsi, invece, è quello di rivolgersi ad un commercialista di comune fiducia, il quale sarà sicuramente in grado di determinare il corretto valore da attribuire all’azienda, tenendo conto dei documenti contabili della stessa.
Come già prima evidenziato, infatti, la valutazione andrà effettuata tenendo conto dei valori correnti dei singoli elementi che costituiscono l’azienda ma, altresì, in funzione del valore assunto dal complesso unitario dei beni. Ci si riferisce al cossiddetto avviamento, per la cui determinazione sussitono diversi metodi anche se, quello maggiormente accreditato fa riferimento ai redditi prodotti negli ultimi anni.
È evidente che, la determinazione dei predetti valori esige un esame dell’impianto contabile del complesso aziendale che è impossibile effettuare in questa sede e per il quale, appunto, si consiglia di affidarsi ad un professionista di fiducia.

L’ultima domanda, infine, concerne l’esigenza di procedere allo scioglimento della comunione venutasi a creare a seguito della donazione della proprietà indivisa di alcuni immobili.
Qualora l’altro comproprietario (ovvero la sorella) dovesse rifiutarsi di sciogliere la comunione, non può che farsi ricorso al disposto dell’art. 1111 del c.c. norma che, dettata in tema di comunione in generale, sancisce il principio secondo cui ciascuno dei partecipanti può sempre domandare lo scioglimento della comunione.
Secondo una tesi si tratterebbe di un diritto di natura potestativa, mentre secondo altra tesi il diritto di domandare la divisione va configurato come una facoltà compresa nel diritto di ciascun partecipante, da esercitarsi senza necessità del consenso degli altri.
Pertanto, in mancanza di accordo tra i comproprietari (e più precisamente in mancanza di consenso da parte dell’altra sorella), si potrà egualmente conseguire lo scioglimento della comunione, ma soltanto facendo ricorso all’autorità giudiziaria (ovvero sarà un giudice a poter disporre la divisione a seguito di un processo di cognizione ordinaria).

T. V. chiede
domenica 23/01/2022 - Campania
“buongiorno

Un gruppo di 16 edifici totalmente indipendenti, ha accesso da un viale lungo circa 200 m.
ll viale è di proprietà di un gruppo di frontisti (10) con reciproca servitù di passaggio; la medesima servitù è estesa agli altri 6 frontisti (non proprietari della strada) e ad altri edifici presenti su un viale laterale a quello principale.

Tutti gli edifici (viale principale e viale secondario) sono serviti da un cancello posto sul viale principale di accesso, dai citofoni e dall'illuminazione.

- Il complesso costituisce supercondominio? o solo comunione di servizi?
- Si applicano le norme che disciplinano il condominio di fabbricati?
- Come si ripartiscono le spese di manutenzione e ripartizione della strada tra proprietari della medesima (e degli edifici prospicienti ) e titolari della servitù di passaggio passaggio?

attendo cortese riscontro e saluto cordialmente”
Consulenza legale i 31/01/2022
Da tempo oramai la giurisprudenza ha esteso in maniera considerevole l’ambito di applicazione della normativa condominiale a scapito di quella riguardante la comunione ordinaria. Si ha quindi un condominio anche in un complesso edile composto da edifici strutturalmente autonomi appartenenti a diversi proprietari che hanno però in comune determinati beni e servizi, come ad esempio un parco, viale di accesso e fogne destinate al miglior godimento degli edifici principali. Tale principio che è divenuto ormai da tempo pacifico in giurisprudenza è stato poi accolto dalla riforma del condominio del 2012 con l’introduzione dell’art. 1117 bis del c.c. il quale ci dice che le norme disciplinanti il condominio: "… si applicano, in quanto compatibili, in tutti i casi in cui... più edifici… o più condomini di edifici abbiano parti comuni ai sensi dell’art.1117 del c.c.".

Il complesso descritto nel quesito deve dunque pacificamente considerarsi un condominio e la gestione dei beni e servizi comuni deve seguire la relativa disciplina.

Il regolamento dato in visione è perfettamente conforme alle norme sopra tratteggiate in quanto indica chiaramente i beni comuni del complesso (art. 2), ma anche beni che seppur attribuiti in proprietà esclusiva ad alcuni partecipanti sono gravati da un uso comune a favore della intera collettività: questo è appunto il caso dei viali di ingresso (art. 3 beni di proprietà esclusiva e di uso comune).

Quanto alla suddivisione degli oneri condominiali relativi alle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria del viale la norma a cui fare riferimento è sicuramente l’art. 25 del regolamento di condominio dato in visione. L’art. 25 fa rinvio alle tabelle generali per la ripartizione degli oneri attinenti alla manutenzione ordinaria e straordinaria dei beni che seppur di proprietà privata sono gravati di uso comune a favore della collettività condominiale (come sono appunto i viali). Esaminando la documentazione allegata si evince come le tabelle a cui far riferimento per la ripartizione degli oneri attinenti ai viali sono quelle sub lettera A ed in particolare quelle dalla lettera A1 alla lettera A5.

L’art. 25 citato prevale sulla normativa del codice civile dettata sia in materia di suddivisione degli oneri condominiali che in materia di servitù prediali poiché quanto in esso previsto è contenuto all’interno di un regolamento di condominio avente natura contrattuale poiché, a quanto pare, all’epoca della sua formazione fu firmato da tutti i proprietari dell’intero complesso.

In merito alla efficacia di tale regolamento però è giusto dare alcune precisazioni in più. Il regolamento infatti è stato redatto senza l’intervento del notaio su scrittura privata solamente registrata presso l’Agenzia delle Entrate ma però non trascritta presso la Conservatoria dei RR.II.

Ciò fa sì che le disposizioni contenute nel regolamento siano sicuramente efficaci nei confronti di chi firmò tale documento a suo tempo, ma potrebbero non essere opponibili a coloro che hanno acquistato le abitazioni in epoca successiva alla sua formazione.