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Articolo 19 Testo unico sull'immigrazione

(D.lgs. 25 luglio 1998, n. 286)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Divieti di espulsione e di respingimento. Disposizioni in materia di categorie vulnerabili

Dispositivo dell'art. 19 Testo unico sull'immigrazione

1. In nessun caso può disporsi l'espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di orientamento sessuale, di identità di genere, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione(0).

1.1. Non sono ammessi il respingimento o l'espulsione o l'estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura o a trattamenti inumani o degradanti o qualora ricorrano gli obblighi di cui all'articolo 5, comma 6. Nella valutazione di tali motivi si tiene conto anche dell'esistenza, in tale Stato, di violazioni sistematiche e gravi di diritti umani(1).

1.2. Nelle ipotesi di rigetto della domanda di protezione internazionale, ove ricorrano i requisiti di cui ai commi 1 e 1.1., la Commissione territoriale trasmette, ai sensi dell'articolo 32, comma 3, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, gli atti al Questore per il rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale(4).

1-bis. In nessun caso può disporsi il respingimento alla frontiera di minori stranieri non accompagnati.

2. Non è consentita l'espulsione, salvo che nei casi previsti dall'articolo 13, comma 1, nei confronti:

  1. a) degli stranieri minori di anni diciotto, salvo il diritto a seguire il genitore o l'affidatario espulsi;
  2. b) degli stranieri in possesso della carta di soggiorno, salvo il disposto dell'articolo 9;
  3. c) degli stranieri conviventi con parenti entro il secondo grado o con il coniuge, di nazionalità italiana;
  4. d) delle donne in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio cui provvedono;(2)
  5. d-bis) degli stranieri che versano in condizioni di salute derivanti da patologie di particolare gravità, non adeguatamente curabili nel Paese di origine, accertate mediante idonea documentazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale, tali da determinare un rilevante pregiudizio alla salute degli stessi, in caso di rientro nel Paese di origine o di provenienza. In tali ipotesi, il questore rilascia un permesso di soggiorno per cure mediche, per il tempo attestato dalla certificazione sanitaria, comunque non superiore ad un anno, rinnovabile finché persistono le condizioni di cui al periodo precedente debitamente certificate, valido solo nel territorio nazionale(3).

2-bis. Il respingimento o l'esecuzione dell'espulsione di persone affette da disabilità, degli anziani, dei minori, dei componenti di famiglie monoparentali con figli minori nonché dei minori, ovvero delle vittime di gravi violenze psicologiche, fisiche o sessuali sono effettuate con modalità compatibili con le singole situazioni personali, debitamente accertate.

Note

(0) Comma modificato dal D.L. 21 ottobre 2020, n. 130, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 173, che ha disposto (con l'art. 15, comma 1) che le presenti modifiche si applicano anche ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del D.L. medesimo avanti alle commissioni territoriali, al questore e alle sezioni specializzate dei tribunali, con esclusione dell'ipotesi prevista dall'articolo 384, comma 2, del codice di procedura civile.
(1) Comma modificato, dapprima, dal D.L. 21 ottobre 2020, n. 130, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 173. Il D.L. 21 ottobre 2020, n. 130, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 173, ha disposto (con l'art. 15, comma 1) che le presenti modifiche si applicano anche ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del D.L. medesimo avanti alle commissioni territoriali, al questore e alle sezioni specializzate dei tribunali, con esclusione dell'ipotesi prevista dall'articolo 384, comma 2, del codice di procedura civile.
Successivamente, tale comma è stato modificato dal D.L. 10 marzo 2023, n. 20, convertito con modificazioni dalla L. 5 maggio 2023, n. 50, che ha disposto (con l'art. 7, comma 3) che "I permessi di soggiorno già rilasciati ai sensi del citato articolo 19, comma 1.1, terzo periodo, in corso di validità, sono rinnovati per una sola volta e con durata annuale, a decorrere dalla data di scadenza. Resta ferma la facoltà di conversione del titolo di soggiorno in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, se ne ricorrono i requisiti di legge".
(2) Con sentenza 12 - 27 luglio 2000, n. 376, la Corte costituzionale ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale dell'art. 17, comma 2, lettera d) della legge 6 marzo 1998, n. 40, ora sostituito dall'art. 19, comma 2, lett. d) del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, nella parte in cui non estende il divieto di espulsione al marito convivente della donna in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio".
(3) Tale lettera è stata inserita dall'art. 1 comma 1 lettera g) del D.L. 4 ottobre 2018, n. 113, convertito con modificazioni dalla L. 1 dicembre 2018, n. 132, e modificata dapprima dal D.L. 21 ottobre 2020, n. 130, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 173.
Il D.L. 21 ottobre 2020, n. 130, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 173, ha disposto (con l'art. 15, comma 1) che le presenti modifiche si applicano anche ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del D.L. medesimo avanti alle commissioni territoriali, al questore e alle sezioni specializzate dei tribunali, con esclusione dell'ipotesi prevista dall'articolo 384, comma 2, del codice di procedura civile.
Successivamente, la medesima lettera è stata modificata dal D.L. 10 marzo 2023, n. 20, convertito con modificazioni dalla L. 5 maggio 2023, n. 50.
(4) Comma inserito dal D.L. 21 ottobre 2020, n. 130, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 173.
Il D.L. 21 ottobre 2020, n. 130, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 173, ha disposto (con l'art. 15, comma 1) che le presenti modifiche si applicano anche ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del D.L. medesimo avanti alle commissioni territoriali, al questore e alle sezioni specializzate dei tribunali, con esclusione dell'ipotesi prevista dall'articolo 384, comma 2, del codice di procedura civile.
Successivamente, tale comma è stato modificato dal
D.L. 10 marzo 2023, n. 20, convertito con modificazioni dalla L. 5 maggio 2023, n. 50.

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Consulenze legali
relative all'articolo 19 Testo unico sull'immigrazione

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

A. A. chiede
lunedģ 14/11/2022 - Estero
“Mi è stato vietato di entrare in territorio italiano per 3 anni perché sono venuto in Italia illegalmente.
Volevo sapere c'è un modo per ribaltare questa sentenza.

Voglio sapere come ottenere il permesso di ingresso in Italia dal Ministero dell'Interno italiano”
Consulenza legale i 21/11/2022
Poiché non è stato possibile visionare la documentazione citata nel quesito, si redige il seguente parere indicando genericamente le modalità di ingresso in Italia per cittadini extra europei.

La normativa di riferimento è il Testo unico sull'immigrazione.
Come stabilito dall’art. 4 del T.U. immigrazione, lo straniero che vuole entrare in Italia deve essere munito di passaporto (o documento equipollente) e visto di ingresso.

Il visto di ingresso è l’autorizzazione amministrativa con cui lo Stato italiano permette l’ingresso nel proprio territorio ed è rilasciato dagli organi periferici del Ministero degli affari esteri, autorità diplomatiche o consolari italiane presenti nello stato di origine o nel paese di residenza abituale dello straniero.
Per i soggiorni di breve durata è previsto un visto con validità fino a novanta giorni, per motivi di visite, affari e turismo.

Per la permanenza in Italia invece è necessario ottenere il permesso di soggiorno che viene rilasciato dal Ministero dell’Interno per un motivo identico a quello presente sul visto.

L’art. 5 T.U. Immigrazione indica le tipologie di permessi di soggiorno e le modalità per ottenerlo.

Tra questi ci sono i permessi di soggiorno per motivi di studio (corsi scolastici, universitari o di formazione professionale certificata), per motivi di lavoro o per ricongiungimento familiare.

Il permesso per motivi di studio implica trovare e iscriversi ad un corso che sia certificato e che permetta il rilascio di questo titolo di soggiorno, ricerca non sempre facile perché prevede di essere già in possesso di determinati titoli di studio.

Il permesso di soggiorno per motivi di lavoro è subordinato all’emanazione, una volta all’anno, del decreto flussi da parte del Governo che stabilisce il numero di lavoratori stagionali subordinati o autonomi che riceveranno l’autorizzazione per l’ingresso e il soggiorno in Italia ai fini indicati nel permesso.
Tale emanazione è una mera facoltà del Governo che non ha nessun obbligo di eseguirla.
Nel decreto sono stabilite anche le quote spettanti ai diversi paesi e i tipi di lavoratori ammessi.
Normalmente questi decreti permettono l’ingresso ad un numero molto limitato di persone straniere.

Altra possibilità per chi vuole entrare in Italia è di ottenere il permesso per motivi familiari a seguito di ricongiungimento con un familiare che risiede regolarmente in Italia.

Il ricongiungimento familiare può essere richiesto dallo straniero, regolarmente soggiornante in Italia, per il coniuge, i figli minori, i figli maggiorenni a carico per invalidità totale o per i genitori a carico che non abbiano altri figli nel paese di origine o per i genitori ultrasessantacinquenni che non possono essere mantenuti dagli altri figli per gravi motivi di salute.

Il parente soggiornante in Italia dovrebbe quindi inoltrare la richiesta di nulla osta per i familiari suindicati (coniuge, figli o genitori) alla Prefettura competente in base al luogo di dimora del richiedente, presentando la documentazione necessaria prevista dall’art. 29 del T.U. immigrazione.
A seguito del rilascio del nulla osta, il familiare residente all’estero dovrà farsi rilasciare il permesso di soggiorno dall’autorità diplomatica o consolare italiana nel suo paese di origine o di residenza che verificherà i requisiti di parentela.

Chi ha ricevuto un provvedimento di espulsione ai sensi dell’art. 13 del T.U. immigrazione con divieto di reingresso in Italia per un periodo di tre o cinque anni, può impugnarlo ai sensi dell’13 comma 8 del T.U. Immigrazione e dell’art. 18 d.lgs. 150/2011 entro trenta o sessanta giorni per il residente all’estero.

I limiti all’espulsione previsti dalla legge consistono nell’esigenza di tutelare alcuni principi fondamentali derivanti dal diritto internazionale, dell’Unione Europea e dalla Costituzione.
L’art. 19 del T.U. immigrazione stabilisce i casi in cui l’espulsione è vietata.
Non potrà essere espulso il richiedente asilo o la persona che rischia con il ritorno in patria persecuzioni o torture (19 comma 1 T.U. Immigrazione).
L’19 comma 2 T.U. Immigrazione indica il divieto di espulsione al fine di tutelare i minori, le donne incinte o chi versa in condizioni di salute gravi.

Qualora l’espulsione fosse quindi illegittima lo straniero potrà proporre ricorso come sopra indicato.
Sarà in ogni caso sempre possibile per la persona espulsa proporre ricorso per motivi specifici e personali quali, ad esempio, l’integrità della vita privata o familiare.

Quando invece il provvedimento di espulsione non sia più impugnabile, il divieto di reingresso in Italia rimane vigente e non è possibile annullarlo.
Ci sono però due casi previsti dalla legge in cui il divieto di reingresso può essere revocato: 1) qualora lo straniero abbia ottenuto il ricongiungimento familiare ai sensi dell’art. 29 del T.U. immigrazione; 2) qualora abbia lasciato l’Italia nel termine indicato nel provvedimento di espulsione.

Del ricongiungimento familiare si è già parlato, il secondo punto invece riguarda la possibilità per lo straniero che abbia ricevuto un provvedimento di espulsione con l’indicazione di un termine entro cui lasciare l’Italia, di chiedere la revoca del divieto di reingresso se prova di avere lasciato l’Italia entro il termine stabilito nel provvedimento (13 comma 14 T.U. Immigrazione).

Non si è potuto visionare il provvedimento contenete il divieto di reingresso e non si ha così modo di dire se al presente caso è applicabile questa fattispecie.

Qualora, invece, non ci sia modo di abbreviare il termine di divieto di reingresso in Italia, lo straniero dovrà, dopo tre anni, ottenere un visto di lunga durata -per i motivi suindicati- per entrare in Italia e richiedere entro otto giorni il permesso di soggiorno in Questura per il medesimo motivo.

Si rammenta che è sempre possibile per lo straniero che arriva in Italia richiedere l’asilo politico presentandosi in Questura se un eventuale ritorno nel paese di origine, comporti un rischio di un grave pregiudizio per la vita della persona per motivi di razza, religione, politici o per la situazione di conflitto interno e diffuso.

La richiesta di asilo politico permette allo straniero di aver un permesso di soggiorno, rinnovabile, della durata di sei mesi, in attesa dell’esito della procedura per il riconoscimento o meno dell’asilo politico o di un’altra forma di protezione internazionale.