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Diritto penale -

La doppia faccia dell'omicidio

AUTORE:
ANNO ACCADEMICO: 2024
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
ATENEO: Universitą degli Studi di Napoli
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
Il concetto di omicidio, inteso come l'uccisione di un essere umano da parte di un altro, non ha sempre avuto la stessa rilevanza morale e giuridica che conosciamo oggi. Oggi l'omicidio è universalmente condannato come reato, ma questa percezione è il risultato di un lungo processo evolutivo. Nelle società antiche, come quelle greca e romana, l'omicidio era inizialmente considerato una questione privata, risolta attraverso la vendetta. In un contesto privo di un sistema statale capace di perseguire i crimini, erano le vittime o i loro familiari a prendere l'iniziativa, restituendo il danno subito con la forza. Questa vendetta, spesso legittimata da consuetudini sociali, rifletteva una visione della giustizia basata sulla reciprocità del danno. Tuttavia, i cicli infiniti di vendette minacciavano la stabilità delle città emergenti e del potere politico. Per evitare il caos, si tentò di trasferire la repressione dell'omicidio sotto il controllo statale, trasformandolo da questione privata a crimine di interesse pubblico. Nacquero così i primi tentativi di regolamentare la vendetta, limitandola a casi specifici e introducendo il concetto di "omicidio legittimo", come l'uccisione in caso di adulterio, ammessa sia nel diritto attico che in quello romano. Mentre il controllo statale sulla violenza privata si consolidava, il pensiero filosofico contribuì a una comprensione più sfumata dell'omicidio. Aristotele, nel V libro dell’Etica Nicomachea, distinse tra il giusto naturale, valido ovunque e indipendente dalle opinioni umane, e il giusto legale, stabilito dalle norme sociali. Filosofi come Aristotele e Cicerone iniziarono a differenziare l'omicidio volontario da quello involontario, ponendo le basi per una riflessione più articolata sulla moralità dell'atto e sulle pene proporzionate. Tuttavia, il riconoscimento del diritto alla vita come principio universale e inviolabile non fu immediato. Per secoli, questo diritto fu riservato solo a determinate categorie di persone, sulla base di status sociale, genere o cittadinanza. Solo con l'affermazione dei diritti umani e la loro evoluzione si giunse a una comprensione più ampia e universale del diritto alla vita. Ma, anche oggi, questa protezione non è assoluta. La pena di morte, ancora presente in alcuni ordinamenti, rappresenta una forma di omicidio legittimato dallo Stato, ma la sua esistenza continua a sollevare dibattiti sulla sua efficacia e sulla sua compatibilità con i diritti umani. Sebbene i metodi di esecuzione siano diventati "più umani", resta il dubbio se questa pratica sia davvero una forma di giustizia o, piuttosto, una vendetta di Stato.

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