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Diritto del lavoro e previdenza sociale -

Il contratto di lavoro a tempo determinato

AUTORE:
ANNO ACCADEMICO: 2019
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
ATENEO: Universitą degli Studi di Catanzaro Magna Grecia
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
Il contratto a tempo determinato è una tipologia di contratto di lavoro subordinato o dipendente che ha obbligatoriamente un termine di inizio e di fine.
Questa particolare tipologia di contratto di lavoro viene utilizzata dalle aziende per assumere lavoratori solo per un periodo limitato, nel caso in cui si abbiano necessità immediate o per testare un lavoratore prima di procedere alla stipula di un contratto a tempo indeterminato. Per tale motivo il contratto di lavoro a termine è uno strumento efficace e valido nell’ambito del mercato del lavoro, consentendo una crescita occupazionale anche per tutte quelle imprese che non hanno necessità permanenti di personale o che vivono flussi finanziari poco stabili.
Nel corso del tempo, il contratto a tempo determinato, è stato oggetto di numerose riforme, sia sulla spinta di quella parte dell’imprenditoria alla ricerca di uno strumento che ne garantisse maggiore flessibilità per fare fronte alle esigenze aziendali, sia sulla spinta di nuovi orientamenti governativi, succedutesi nel tempo che fanno dell’occupazione e della lotta al precariato le fondamenta delle proprie campagne elettorali.Lo scopo di questo lavoro è pertanto quello di illustrare il percorso normativo del contratto a termine in Italia, partendo dalle prime disposizioni in merito nel Codice Civile del 1865, il quale vedeva di buon grado l’uso di tale contratto onde evitare rapporti di lavoro servili attraverso l’assoggettamento perpetuo del lavoratore al datore di lavoro. Tale visione era destinata a mutare con il nuovo Codice Civile del 1942, il quale considerava il rapporto a termine come ostacolo all’interesse dell’occupazione, favorendo il contratto a tempo indeterminato, il quale garantiva maggiori tutele al lavoratore.
Nel 1962, con la legge n. 230, il contatto a termine subisce una forte limitazione del suo impiego per il tramite di un elenco ristretto e tassativo di cause di ammissibilità, nonostante il legislatore del ‘87 cercò di ammorbidire la rigidità di tale assetto, delegando alla contrattazione collettiva la possibilità di individuare nuovi casi (legge 56/1987). L’impianto normativo nazionale subisce però un forte cambiamento con il d.lgs 368/2001, il quale da attuazione alla Direttiva Comunitaria 99/70/CE, statuendo che il contratto a termine potesse essere stipulato solo a fronte di ragioni tecniche, produttive, organizzative o sostitutive. L’elaborato si occupa poi degli interventi scaturenti dal c.d. “Collegato lavoro”, in materia di illegittima apposizione del termine al contratto.
Particolare attenzione viene riservata alla riforma del 2012, la quale modifica nuovamente la disciplina, introducendo la regola della acausalità per il primo contratto a termine, della durata di 12 mesi, fino alla rivoluzione del 2015 apportata dal “Jobs Act” dove la causale non è più elemento essenziale del contratto a tempo determinato. La tesi si conclude poi con l’ultimo intervento normativo del 2018, una riforma nata con l’intento di ridare al lavoro (e al lavoratore) la “dignità” perduta. Il “Decreto Dignità” per l’appunto, si prefissa lo scopo di ridurre il lavoro precario, limitando l’uso dei contratti a tempo determinato, a favore dei rapporti a tempo indeterminato, riservando la contrattazione a termine ai casi di reale necessità da parte del datore di lavoro.

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Norme di riferimento

  • L. n. 56/1987;
    Direttiva Europea n. 99/70;
    Jobs Act.
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