L’articolo 206 disciplina la fase conclusiva della realizzazione delle infrastrutture, ossia quella del
collaudo, momento essenziale per verificare la regolarità tecnica, amministrativa ed economica delle opere.
Il
comma 1 stabilisce che il collaudo delle infrastrutture deve avvenire secondo le modalità e nei termini già previsti dalla normativa sugli appalti di lavori. Si tratta di un rinvio espresso che conferma l’unitarietà della disciplina. Il collaudo, infatti, è un istituto comune a tutte le opere pubbliche e la sua funzione non muta nel contesto delle concessioni. È un atto di natura tecnico-amministrativa che mira a garantire che l’opera sia stata eseguita in conformità al progetto approvato, alle prescrizioni del
contratto e alle normative vigenti.
Il
comma 2 introduce un’integrazione alla regola generale, pensata per le infrastrutture di grande rilevanza o di elevata complessità tecnica. In tali casi, l’ente concedente può autorizzare le commissioni di collaudo a ricorrere a
servizi di supporto e indagine forniti da soggetti specializzati. La possibilità risponde all’esigenza di controlli più approfonditi, specie per opere la cui complessità tecnica o dimensionale rende il collaudo particolarmente impegnativo.
Gli oneri relativi a tali attività di supporto gravano sui fondi a disposizione dell’ente concedente per la realizzazione dell’infrastruttura. La norma, tuttavia, non lascia la gestione di tali spese alla totale discrezionalità dell'ente, ma rinvia a un
decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, adottato di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, che stabilirà modalità e limiti.
Un ulteriore aspetto di rilievo è il
divieto di affidare il supporto al collaudo a soggetti che abbiano
rapporti di collegamento con chi ha progettato, diretto, eseguito o controllato l’opera. La
ratio è prevenire conflitti di interesse e assicurare l’indipendenza e l’imparzialità del collaudo, la cui funzione di tutela e garanzia verrebbe altrimenti compromessa.