Corte costituzionale sentenza n. 249 del 24 luglio 2009

(13 massime)

(massima n. 1)

Sono inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. da 196 a 200, del D.Lgs. 3 aprile 206, n. 152, in relazione all'art. 118 Cost., in quanto tali norme determinerebbero una compressione delle potestà regionali in ordine alla definizione degli indirizzi ed all'organizzazione del sistema governo delle attività di gestione dei rifiuti, nonché delle funzioni provinciali di programmazione e coordinamento delle politiche gestionali nel proprio ambito territoriale, violando il principio di sussidiarietà nonché il principio di differenziazione.

(massima n. 2)

Sono inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 181, commi da 7 a 11, 214, commi 3, 5 e 9 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, per ritenuta violazione degli artt. 3, 97 e 111 Cost., concernenti la gestione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, in quanto i parametri evocati non riguardano il riparto delle competenze, e comunque non sono forniti argomenti a sostegno della incidenza della pretesa violazione degli stessi sulle sfere di attribuzione regionali. Va dichiarata la cessazione della materia del contendere della questione di legittimità costituzionale dell'art. 181, comma 3, secondo periodo, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, nella parte in cui stabilisce che le agevolazioni per le imprese che intendano modificare i propri cicli produttivi, per ridurre la quantità o la pericolosità dei rifiuti prodotti, ovvero per favorire il recupero di materiali, siano erogate sulla base di modalità, tempi e procedure fissati con decreto del Ministro delle attività produttive, di concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio, dell'economia e delle finanze e della salute. La disposizione, in senso satisfattivo delle pretese avanzate, è stata sostituita dall'art. 2, comma 18, del D.Lgs. n. 4 del 2008, che ha determinato l'abrogazione della disposizione censurata e, quindi, della previsione delle agevolazioni alle imprese che intendano modificare i propri cicli produttivi, per ridurre la quantità o la pericolosità dei rifiuti prodotti, ovvero per favorire il recupero di materiali. Inoltre, nel tempo di vigenza della disposizione impugnata, non risultano essere stati adottati provvedimenti di competenza esclusiva statale previsti dalla norma quali presupposti per l'erogazione delle agevolazioni gravanti sul Fondo speciale rotativo per l'innovazione tecnologica, di cui agli artt. 14 e seguenti della legge 17 febbraio 1982, n. 46. Sono manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 181, commi 7, 8, 9, 10 e 11, in combinato con l'art. 183, comma 1, lettera q), nonché in combinato con l'art. 183, comma 1 o con l'art. 214, commi 2, 3 e 5, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 - norme che hanno ad oggetto la possibilità di disciplinare con accordi di programma i metodi di recupero dei rifiuti, nonché l'accesso alle cosiddette procedure semplificate (artt. 214, commi 2, 3 e 5) - sollevate per violazione della normativa comunitaria (e quindi con la legge delega). La violazione delle competenze regionali in materia di tutela del territorio, di tutela igienico-sanitaria e di sicurezza della popolazione è, infatti, prospettata con motivazioni generiche o assertive. È inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 181, commi da 5 a 12, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, in riferimento all'art. 117 Cost., perii carattere estremamente dettagliato delle procedure attraverso le quali perseguire il recupero dei rifiuti. La censura appare prima facie generica, in quanto la ricorrente non contesta la competenza statale a disciplinare la materia, ma solo l'eccessivo dettaglio della disciplina, senza però fornire alcun argomento a sostegno della pretesa lesione delle proprie sfere di competenza. È inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 181, commi da 7 a 11, 183, comma 1, 186, 189, comma 3, e 214, commi 3 e 5, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, che, nel disciplinare la materia "rifiuti", si collocano in un contesto in cui si sovrappongono agli interessi regionali di tutela del territorio, nonché di tutela igienico-sanitaria e di sicurezza della popolazione, sconvolgendo l'assetto normativo ed amministrativo disegnato dalla legislazione regionale, che verrebbe in molte parti abrogata. Lo stesso vale per gli artt. 199, comma 5, nella parte in cui reca una disciplina dettagliata in merito ai piani di bonifica delle aree inquinate, 215, commi 3 e 6, e 216, commi da 3 a 7 e da 10 a 15, nella parte in cui dettano la disciplina di procedure semplificate in tema di auto smaltimento e di operazioni di recupero, censurati dalla Regione Calabria. In tutti questi casi l'asserita violazione dell'art. 117 Cost. viene motivata assumendo, in maniera del tutto apodittica, la lesione delle competenze costituzionali della Regione in materia di tutela dell'ambiente, tutela della salute e governo del territorio. Restano assorbite le istanze di sospensione delle disposizioni impugnate del D.Lgs. n. 152 del 2006 avendo la Corte deciso il merito dei ricorsi.

(massima n. 3)

È inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 189, commi 1 e 3, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, che esonera talune imprese o enti che producono rifiuti non pericolosi dall'obbligo di comunicazione annuale alle Camere di commercio di quantità e caratteristiche dei rifiuti medesimi, sollevata con riferimento agli artt. 6 e 14 della Direttiva n. 75/442/CEE. La motivazione in ordine alla lesione della competenza regionale è generica, essendosi le ricorrenti limitate ad affermare che la dispensa dalla comunicazione annuale al Catasto dei rifiuti andrebbe ad incidere sui poteri di autorizzazione, controllo e pianificazione propri delle Regioni. Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 189, comma 1, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, nella parte in cui detta la disciplina del cosiddetto Catasto dei rifiuti. Quanto alla dedotta violazione dell'art. 76 Cost., sotto il profilo dell'eccesso di delega, va osservato che, contrariamente all'assunto delle ricorrenti, già l'art. 18 del D.Lgs. n. 22 del 1997 prevedeva, alla lettera h), che fosse di competenza dello Stato "la riorganizzazione e la tenuta del Catasto nazionale dei rifiuti". Pertanto la norma censurata non contrasta né con il riparto di competenze delineato nella normativa richiamata dalla legge delega, né con gli artt. 117 e 118 Cost. Infatti, è evidente che, per espressa previsione normativa, il Catasto dei rifiuti intende garantire la formazione di un quadro conoscitivo unitario e costantemente aggiornato dei dati raccolti, anche ai fini della pianificazione delle attività di gestione dei rifiuti. In tal senso, quindi, le funzioni svolte da tale istituto sono prodromiche alla fissazione di livelli uniformi di tutela dell'ambiente, di esclusiva competenza statale. Restano assorbite le istanze di sospensione delle disposizioni impugnate del D.Lgs. n. 152 del 2006 avendo la Corte deciso il merito dei ricorsi. È inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 181, commi da 7 a 11, 183, comma 1, 186, 189, comma 3, e 214, commi 3 e 5, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, che, nel disciplinare la materia "rifiuti", si collocano in un contesto in cui si sovrappongono agli interessi regionali di tutela del territorio, nonché di tutela igienico-sanitaria e di sicurezza della popolazione, sconvolgendo l'assetto normativo ed amministrativo disegnato dalla legislazione regionale, che verrebbe in molte parti abrogata. Lo stesso vale per gli artt. 199, comma 5, nella parte in cui reca una disciplina dettagliata in merito ai piani di bonifica delle aree inquinate, 215, commi 3 e 6, e 216, commi da 3 a 7 e da 10 a 15, nella parte in cui dettano la disciplina di procedure semplificate in tema di auto smaltimento e di operazioni di recupero, censurati dalla Regione Calabria. In tutti questi casi l'asserita violazione dell'art. 117 Cost. viene motivata assumendo, in maniera del tutto apodittica, la lesione delle competenze costituzionali della Regione in materia di tutela dell'ambiente, tutela della salute e governo del territorio.

(massima n. 4)

Sono inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 183, comma 1, 185, comma 1, 186, 194 e 212 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, concernenti l'individuazione dei materiali sottratti alla disciplina dei rifiuti, nonché la definizione di talune operazioni, quali la "raccolta differenziata", oltre che la nozione di sottoprodotto e materia prima secondaria per attività metallurgiche, in quanto prospettate in riferimento alla normativa comunitaria, senza tuttavia addurre una sufficiente motivazione circa le modalità attraverso le quali la dedotta lesione ridonderebbe sulle sfere di competenza regionale. Gli argomenti spesi, per un verso sono generici, per l'altro non attengono al riparto delle competenze, perché ancorati ad un situazione di "incertezza" normativa ovvero all'irragionevolezza delle soluzioni adottate.

(massima n. 5)

Sono inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. da 196 a 200, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, in relazione all'art. 118 Cost., in quanto tali norme determinerebbero una compressione delle potestà regionali in ordine alla definizione degli indirizzi ed all'organizzazione del sistema di governo delle attività di gestione dei rifiuti, nonché delle funzioni provinciali di programmazione e coordinamento delle politiche gestionali nel proprio ambito territoriale, violando il principio di sussidiarietà nonché il principio di differenziazione. L'asserita illegittima compressione delle potestà regionali - in tema di definizione degli indirizzi delle attività di gestione dei rifiuti - non risulta specificata, quantomeno sotto il profilo della necessità di adattamento degli interventi sui diversi contesti territoriali.

(massima n. 6)

Sono inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. da 196 a 200, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, in relazione all'art. 118 Cost., in quanto tali norme determinerebbero una compressione delle potestà regionali in ordine alla definizione degli indirizzi ed all'organizzazione del sistema di governo delle attività di gestione dei rifiuti, nonché delle funzioni provinciali di programmazione e coordinamento delle politiche gestionali nel proprio ambito territoriale, violando il principio di sussidiarietà nonché il principio di differenziazione. L'asserita illegittima compressione delle potestà regionali - in tema di definizione degli indirizzi delle attività di gestione dei rifiuti - non risulta specificata, quantomeno sotto il profilo della necessità di adattamento degli interventi sui diversi contesti territoriali. È inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 197, comma 1, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, nella parte in cui contiene l'elenco delle competenze provinciali, sollevata in relazione all'art. 76 Cost., in quanto le norme censurate sono esaminate in maniera indifferenziata, senza che venga in alcun modo specificato come le singole disposizioni contrastino con il parametro costituzionale indicato.

(massima n. 7)

È inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 201, comma 6, e 203, comma 2, lettera c), del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, nella parte in cui imponendo una durata non inferiore a quindici anni per la gestione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani da parte dei soggetti affidatari, si porrebbero in contrasto con l'obiettivo comunitario di tenere conto delle tecnologie più aggiornate e di utilizzare i metodi più idonei a garantire un alto grado di protezione ambientale e della salute pubblica. I ricorsi non danno conto dell'incidenza di tale violazione sulle sfere di competenza regionali. È inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. da 199 a 207 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, in quanto, nella parte in cui intervengono a disciplinare il servizio di gestione integrata dei rifiuti, non risulterebbero essere stati approvati a seguito di un coinvolgimento degli enti territoriali infra-statuali e dunque in violazione del principio di leale collaborazione. È, infatti, evidente la genericità della questione, non essendo individuate, nel coacervo delle disposizioni richiamate, le singole norme che incidono sulle competenze legislative regionali in riferimento alle quali sarebbe stata necessaria l'intesa.

(massima n. 8)

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 199, comma 8, e 204, comma 3, secondo periodo, del D.Lgs 3 aprile 2006, n. 152, nella parte in cui conferiscono l'esercizio del potere sostitutivo statale nei confronti delle Regioni, rispettivamente in tema di approvazione o adeguamento del piano regionale di gestione dei rifiuti (art. 199, comma 8) ed in tema di disposizione di nuovi affidamenti per la gestione del servizio di gestione integrata dei rifiuti (art. 204, comma 3) al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, anziché all'organo di vertice del Governo nazionale, e (in specie l'art. 204, comma 3) non pongono garanzie per l'ente sostituendo, in contrasto con quanto stabilito dall'art. 120, secondo comma, Cost. Nella specie, gli interventi sostitutivi oggetto delle norme impugnate non sono riconducibili all'ambito di operatività dell'art. 120 Cost., non essendo connessi ad alcuna delle ipotesi di emergenza istituzionale di particolare gravità ivi contemplate (il mancato rispetto degli obblighi internazionali e comunitari, il pregiudizio per l'incolumità e la sicurezza pubblica nonché per l'unità giuridica ed economica, il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali), tali da giustificarne l'attribuzione in via esclusiva al Governo: sicché deve ritenersi priva di fondamento l'asserita lesione della predetta norma costituzionale nella parte in cui assegna esclusivamente al Governo l'esercizio del solo potere ivi previsto. Né può, comunque, accogliersi la censura di violazione delle garanzie prescritte a tutela dell'ente inadempiente, in relazione a quanto previsto dall'art. 204, comma 3, secondo periodo, considerato che, al di là della inconferenza del parametro invocato, la norma impugnata reca modalità procedimentali finalizzate a porre il predetto ente - a sua volta operante in via sostitutiva - nelle condizioni di provvedere, evitando la sostituzione. È inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. da 199 a 207 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, in quanto, nella parte in cui intervengono a disciplinare il servizio di gestione integrata dei rifiuti, non risulterebbero essere stati approvati a seguito di un coinvolgimento degli enti territoriali infra-statuali e dunque in violazione del principio di leale collaborazione. È, infatti, evidente la genericità della questione, non essendo individuate, nel coacervo delle disposizioni richiamate, le singole norme che incidono sulle competenze legislative regionali in riferimento alle quali sarebbe stata necessaria l'intesa.

(massima n. 9)

È inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. da 199 a 207 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, in quanto, nella parte in cui intervengono a disciplinare il servizio di gestione integrata dei rifiuti, non risulterebbero essere stati approvati a seguito di un coinvolgimento degli enti territoriali infra-statuali e dunque in violazione del principio di leale collaborazione. È, infatti, evidente la genericità della questione, non essendo individuate, nel coacervo delle disposizioni richiamate, le singole norme che incidono sulle competenze legislative regionali in riferimento alle quali sarebbe stata necessaria l'intesa. È inammissibile, in relazione all'art. 117 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 205 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, sollevata in relazione all'art. 183, comma 1, lettera f), ed all'art. 205, comma 2, in riferimento al fatto che, identificando nella raccolta differenziata anche operazioni di separazione che avvengono durante la lavorazione del rifiuto, determinerebbero un fittizio incremento delle percentuali di raccolta differenziata senza un sostanziale miglioramento, ponendosi, irragionevolmente, in contrasto con gli obiettivi di tutela ambientale; ciò in quanto si tratta di censure che attengono alla denuncia di meri inconvenienti di fatto, derivanti dall'applicazione delle norme impugnate e, appunto perché tali, inidonei a configurare un contrasto della disposizione impugnata con il parametro costituzionale invocato. È costituzionalmente illegittimo l'art. 205, comma 6, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, nella parte in cui prevede che le Regioni possano indicare maggiori obiettivi di riciclo e di recupero dei rifiuti tramite apposita legge, previa intesa con il Ministro dell'ambiente. La sottoposizione a vincoli procedimentali dell'esercizio della competenza legislativa regionale in tema di individuazione di maggiori obiettivi di riciclo e recupero dei rifiuti determina una lesione della sfera di competenza regionale, posto che l'esercizio dell'attività legislativa sfugge alle procedure di leale collaborazione.

(massima n. 10)

È inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. da 199 a 207 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, in quanto, nella parte in cui intervengono a disciplinare il servizio di gestione integrata dei rifiuti, non risulterebbero essere stati approvati a seguito di un coinvolgimento degli enti territoriali infra-statuali e dunque in violazione del principio di leale collaborazione. È, infatti, evidente la genericità della questione, non essendo individuate, nel coacervo delle disposizioni richiamate, le singole norme che incidono sulle competenze legislative regionali in riferimento alle quali sarebbe stata necessaria l'intesa. Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 206, commi 2 e 3, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152. L'asserita violazione delle attribuzioni regionali è priva di fondamento, trattandosi di un ambito normativo, quello inerente alla disciplina degli accordi e contratti di programma finalizzati a promuovere l'impiego, su tutto il territorio nazionale, di tecniche volte ad assicurare livelli più elevati di tutela dell'ambiente (mediante la promozione dell'utilizzo dei sistemi di certificazione ambientale nonché del ritiro dei beni di consumo al termine del ciclo di utilità), riconducibile, in via prevalente, alla competenza statale esclusiva in tema di tutela dell'ambiente, con conseguente esclusione della necessità di forme di coinvolgimento delle autonomie territoriali. Né, d'altra parte, risulta violato l'art. 118 Cost., tenuto conto che è con la stipulazione dei predetti accordi e contratti che vengono fissati gli standard di tutela dell'ambiente connessi all'impiego delle tecniche richiamate, sicché l'attribuzione agli organi statali della relativa competenza obbedisce all'esigenza unitaria di assicurare che detti livelli siano uniformemente rispettati sull'intero territorio nazionale.

(massima n. 11)

Va dichiarata la cessazione della materia del contendere della questione di legittimità costituzionale dell'art. 207, comma 1, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, nella parte in cui attribuisce allo Stato, in specie all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, il compito di garantire e vigilare in merito all'osservanza dei principi e del perseguimento delle finalità di cui alla parte quarta del decreto, con particolare riferimento all'efficienza, all'efficacia, all'economicità ed alla trasparenza del servizio. Quanto sopra in considerazione della intervenuta abrogazione della disposizione impugnata, ad opera dell'art. 1, comma 5, del decreto legislativo 8 novembre 2006, n. 284, satisfattiva delle pretese avanzate, nonché del fatto che, nel limitato periodo di vigenza della norma impugnata, non risulta che ad essa sia stata data applicazione. È inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. da 199 a 207 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, in quanto, nella parte in cui intervengono a disciplinare il servizio di gestione integrata dei rifiuti, non risulterebbero essere stati approvati a seguito di un coinvolgimento degli enti territoriali infra-statuali e dunque in violazione del principio di leale collaborazione. È, infatti, evidente la genericità della questione, non essendo individuate, nel coacervo delle disposizioni richiamate, le singole norme che incidono sulle competenze legislative regionali in riferimento alle quali sarebbe stata necessaria l'intesa.

(massima n. 12)

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 211, comma 3, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 per violazione degli artt. 118 e 120 della Cost. La disposizione impugnata si colloca nell'ambito della disciplina del procedimento di autorizzazione alla realizzazione ed all'esercizio di impianti di ricerca e sperimentazione per il quale sono stabiliti, al ricorrere di specifiche condizioni, termini di tempo ridotti rispetto a quelli previsti per la generalità degli impianti, proprio in ragione della rilevanza degli stessi in vista della protezione dell'ambiente. Orbene, la possibilità accordata dalla norma censurata all'interessato di adire direttamente l'amministrazione centrale nell'eventualità che la Regione non abbia provveduto ad approvare il progetto o ad autorizzare la realizzazione di uno dei predetti impianti nei termini prescritti costituisce solo il riconoscimento in capo all'interessato di uno strumento di stimolo all'eventuale attivazione del potere sostitutivo statale, che non è peraltro fatto oggetto di disciplina e, comunque, non esclude, anzi impone che l'amministrazione centrale tenga conto delle motivazioni che, in sede istruttoria, hanno indotto la Regione a non emettere il provvedimento richiesto nel termine previsto, non configurandosi pertanto alcuna lesione delle competenze regionali.

(massima n. 13)

È inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 181, commi da 7 a 11, 183, comma 1, 186, 189, comma 3, e 214, commi 3 e 5, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, che, nel disciplinare la materia "rifiuti", si collocano in un contesto in cui si sovrappongono agli interessi regionali di tutela del territorio, nonché di tutela igienico-sanitaria e di sicurezza della popolazione, sconvolgendo l'assetto normativo ed amministrativo disegnato dalla legislazione regionale, che verrebbe in molte parti abrogata. Lo stesso vale per gli artt. 199, comma 5, nella parte in cui reca una disciplina dettagliata in merito ai piani di bonifica delle aree inquinate, 215, commi 3 e 6, e 216, commi da 3 a 7 e da 10 a 15, nella parte in cui dettano la disciplina di procedure semplificate in tema di auto smaltimento e di operazioni di recupero, censurati dalla Regione Calabria. In tutti questi casi l'asserita violazione dell'art. 117 Cost. viene motivata assumendo, in maniera del tutto apodittica, la lesione delle competenze costituzionali della Regione in materia di tutela dell'ambiente, tutela della salute e governo del territorio.

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