Cassazione civile Sez. III sentenza n. 23847 del 18 settembre 2008

(3 massime)

(massima n. 1)

Il creditore, in forza del medesimo titolo esecutivo, può procedere a più pignoramenti dello stesso bene in tempi successivi, senza dover attendere che il processo di espropriazione aperto dal primo pignoramento si concluda, atteso che il diritto di agire in esecuzione forzata non si esaurisce che con la piena soddisfazione del credito portato dal titolo esecutivo. In tal caso non si ha una situazione di litispendenza nel senso previsto dall'art. 39 cod. proc. civ. - la cui applicazione postula la pendenza di più cause, aventi in comune le parti, la "causa petendi" ed il "petitum", incardinate dinanzi a distinte autorità giudiziarie e non davanti allo stesso giudice - ed alla pluralità di procedure così instaurate può ovviarsi con la loro riunione "ex" art. 493 cod. proc. civ., senza che ciò comporti un pregiudizio per il debitore, poiché, in presenza di un pignoramento reiterato senza necessità, il giudice dell'esecuzione, applicando l'art. 92 cod. proc. civ., può escludere come superflue le spese sostenute dal creditore procedente per reiterarlo ed il debitore può proporre opposizione contro una liquidazione delle spese che si estenda al secondo pignoramento.

(massima n. 2)

L'omesso rilievo, nella sentenza che decide sull'opposizione esecutiva, dell'erronea qualificazione, da parte del ricorrente, dell'opposizione proposta come opposizione agli atti esecutivi e non come opposizione all'esecuzione (nella specie per avere il ricorrente contestato il diritto del creditore procedente ad introdurre nei suoi confronti un secondo procedimento esecutivo quale esatto duplicato di altro precedentemente introdotto), integra un vizio di violazione di norme sul procedimento, decisivo soltanto nei limiti in cui comporti concrete conseguenze sul contenuto della decisione, per aver impedito l'esame nel merito della domanda, ma non quando il merito sia stato esaminato e la relativa decisione sia conforme a diritto. (Nella specie, la S.C. ha escluso la rilevanza dell'omissione, per avere la sentenza affrontato e risolto con logica ed adeguata motivazione il merito dell'opposizione, evidenziando la sostanziale legittimità di più pignoramenti gravanti sugli stessi beni).

(massima n. 3)

La competenza a conoscere della opposizione agli atti esecutivi, appartenente, nella disciplina anteriore alla modifica dell'art. 618, secondo comma, cod. proc. civ., da parte dell'art. 15 della legge 24 febbraio 2006, n. 52, al giudice dell'esecuzione, spetta all'ufficio giudiziario come tale, sicché, esaurita la fase di comparizione delle parti finalizzata alla emissione dei provvedimenti indilazionabili, non è individuabile una legittimazione del giudice dell'esecuzione all'istruzione della causa, dovendosi riconoscere per questa parte all'art. 618, secondo comma, cod. proc. civ., la portata di una norma ordinatoria, la cui violazione, con la cognizione di altro magistrato addetto allo stesso ufficio giudiziario, non ridonda né in nullità della sentenza, nè in vizio di incompetenza; lo stesso principio vale con riferimento a tutte le opposizioni esecutive.

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