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Articolo 426 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Inondazione, frana o valanga

Dispositivo dell'art. 426 Codice Penale

Chiunque cagiona un'inondazione o una frana, ovvero la caduta di una valanga(1), è punito con la reclusione da cinque a dodici anni [449, 450](2).

Note

(1) Si differenzia dal danneggiamento di cui all'art. 427, in quanto non è qui richiesto il dolo specifico del fine di danneggiare la cosa.
(2) Non è previsto il concorso dei reati di inondazione, frana e valanga, dunque nel caso in cui lo stesso soggetto determini una pluralità di fatti tra quelli contemplati nella norma si avrà un unico reato, a patto che costituiscano l'effetto naturale di una stessa condotta.

Ratio Legis

Ciò che viene tutelato è la messa in pericolo di un numero indeterminato di persone, per la potenzialità ed attitudine delle condotte aggressive a proiettare i propri effetti al di là degli individui minacciati o colpiti, protetti non come tali, ma come appartenenti alla comunità.

Spiegazione dell'art. 426 Codice Penale

I delitti contro l'incolumità pubblica sono tutti contraddistinti dalla diffusività del danno, tale da minacciare un numero indeterminato di persone, non individuabili a priori.

Viene dunque a configurarsi un doppio livello di indeterminatezza, riguardante sia il raggio d'azione degli effetti della condotta, sia le persone offese.

La forte anticipazione della soglia del penalmente rilevante viene giustificata dalla natura stessa dei reati contro la pubblica incolumità, in grado di colpire sia la collettività che il singolo individuo (reati plurioffensivi), motivo per il quale la dottrina più avanzata ha descritto i delitti in esame come la proiezione superindividuale di beni individuali.

Anche qui, nonostante non se ne faccia espressa menzione, il pericolo per la pubblica incolumità è insita nella condotta di chi determini una inondazione, un a frana o una valanga.

Ad ogni modo, per la configurabilità del reato non è sufficiente ad esempio un mero smottamento, essendo per contro necessario un evento di danno, di proporzioni ragguardevoli per vastità e difficoltà di contenimento. Il pericolo per la pubblica incolumità non va invece provato.

I medesimi requisito di vastità e difficoltà di contenimento valgono anche per le ipotesi di valanga ed inondazione.

Massime relative all'art. 426 Codice Penale

Cass. pen. n. 4040/2004

L'evento di frana, rilevante agli effetti della legge penale nella fattispecie dolosa prevista dall'art. 426 c.p. ed in quella colposa prevista dall'art. 449 c.p., consiste in un fenomeno di proporzioni ragguardevoli per vastità e difficoltà di contenimento, senza che sia necessario verificare il concreto ed effettivo pericolo per la pubblica incolumità, essendo tale pericolo presunto dalla legge.

Cass. pen. n. 33577/2001

Il fatto che taluno sia titolare di una posizione di garanzia e risulti colposamente venuto meno all'osservanza di adempimenti connessi a detta posizione non implica, di per sè, che egli possa essere automaticamente ritenuto responsabile di ogni evento, rientrante fra quelli teoricamente riconducibili alla suddetta inosservanza, occorrendo invece che risulti positivamente dimostrata la sussistenza di un concreto nesso causale tra l'inosservanza e l'evento effettivamente verificatosi, pur tenendo presente la regola secondo cui, in materia di c.d. «causalità omissiva», al criterio della certezza degli effetti della condotta si può sostituire quello della probabilità, nel senso che il nesso causale può essere ravvisato quando si accerti che la condotta doverosa omessa avrebbe avuto non già la certezza ma serie ed apprezzabili possibilità di evitare l'evento. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la Corte ha annullato con rinvio, per difetto di motivazione, la sentenza del giudice di merito che aveva affermato la penale responsabilità di un prefetto in ordine al reato di omicidio colposo plurimo sulla sola base del fatto che l'imputato, male adempiendo ai compiti che gli erano affidati dalla legge, non si era preoccupato, in presenza di un pericolo imminente di inondazioni dovute ad eventi atmosferici di straordinaria intensità, di informare adeguatamente la popolazione e di vietare la circolazione su strade da ritenere a rischio; dal che, secondo l'accusa, era derivata la morte di alcune persone che si trovavano in viaggio su dette strade).

Cass. pen. n. 750/1994

Non rientra nella fattispecie (inondazione o frana) prevista dall'art. 426 c.p., come pure nell'ipotesi colposa di cui al successivo art. 449, il concreto ed effettivo pericolo per la pubblica incolumità, essendo tale pericolo presunto dalla legge; tuttavia non può costituire inondazione o frana qualsiasi allagamento o smottamento, dovendo il fenomeno assumere, in ogni caso, proporzioni ragguardevoli per vastità e difficoltà di contenimento.

Cass. pen. n. 11486/1990

Per le ipotesi colpose di disastro contemplate dall'art. 449 c.p. vale la medesima presunzione assoluta di pericolo postulata per le ipotesi dolose di cui all'art. 426 c.p., di tal che per la loro integrazione non è necessario il requisito della concreta pericolosità per l'incolumità pubblica.

Cass. pen. n. 6569/1984

Il concetto di «inondazione» inerisce ad un disastro, cagionato dall'elemento liquido di vaste dimensioni per entità ed estensione, con carattere della prorompente diffusione e diffusibilità e coinvolgente un numero indeterminato di persone o tutta una popolazione locale; anche se la vastità del disastro normalmente fa sorgere la pubblica commozione, tale elemento non è richiesto dalla legge per la integrazione dell'illecito.

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