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Articolo 3 bis Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Principio della riserva di codice

Dispositivo dell'art. 3 bis Codice Penale

Nuove disposizioni che prevedono reati possono essere introdotte nell'ordinamento solo se modificano il codice penale ovvero sono inserite in leggi che disciplinano in modo organico la materia(1).

Note

(1) Il presente articolo è stato inserito dall'art. 1 del D. Lgs. 01/03/2018, n. 21 concernente "Disposizioni di attuazione del principio di delega della riserva di codice nella materia penale a norma dell'articolo 1, comma 85, lettera q), della legge 23 giugno 2017, n. 103", con decorrenza dal 06/04/2018.

Spiegazione dell'art. 3 bis Codice Penale

Tale norma traduce il principio della "riserva di codice". Essa è stata introdotta per dare maggiore coerenza all'ordinamento penale in generale.
Con il termine "codice" contenuto nella rubrica della disposizione, il legislatore non intende riferirsi solo al codice in senso tecnico, ma a qualsiasi raccolta normativa che disciplini in modo organico una certa materia.
Tale norma si colloca nella scia dell'attuazione dell'art. 27 Cost., in virtù del quale, accanto alla funzione repressiva e sanzionatoria, si colloca quella rieducativa della pena.

Ebbene, un consociato che non sia in grado di conoscere esattamente i precetti penali dell'ordinamento statale, e le conseguenze sanzionatorie previste, non subirà una pena che tende alla rieducazione, ma rischierà, viceversa, di essere strumentalizzato dall'ordinamento. Ogni cittadino, per rispondere delle proprie azioni attraverso l'espiazione di una giusta pena, deve innanzitutto essere messo in grado di conoscere esattamente le norme penali, la loro portata e le precise conseguenze di una loro infrazione.
Con la riserva di codice, il legislatore ha avuto di mira una razionalizzazione del sistema penale, inserendo nel codice alcune norme che prima si trovavano nelle leggi speciali, e prevedendo espressamente la possibilità di introdurre nuove disposizioni incriminatrici solo nell'ambito del codice penale stesso o di un corpo normativo organico.

Come accennato, il D. lgs n. 21/2018 si è preoccupato innanzitutto di trasporre nel Codice Penale, quando possibile e opportuno senza creare delle disomogeneità nella disciplina "di partenza" e abrogando contestualmente le previsioni incriminatrici delle corrispondenti leggi speciali, diverse norme. Tra le più rilevanti troviamo: il doping; la disciplina relativa alla discriminazione razziale, etnica, nazionale e religiosa; le disposizioni che puniscono l'interruzione di gravidanza non consensuale, dolosa, colposa e preterintenzionale; il delitto di traffico illecito di rifiuti; le circostanze aggravanti dei delitti commessi avvalendosi delle modalità mafiose ovvero di delitti con finalità di terrorismo.

Tale norma persegue il dichiarato intento di limitare la proliferazione di norme penali, spesso ridondanti, se non addirittura contraddittorie, cercando di dare rilevanza alle norme già esistenti e alle potenzialità dell'ermeneutica giuridica in relazione alle stesse.

Tuttavia, è stato osservato criticamente dalla dottrina come tale riserva di codice, inserita nel Codice Penale, rivesta in fondo il rango di norma ordinaria, potendo di conseguenza essere derogata da una norma successiva di pari grado.
Infatti, pur costituendo un principio generale dell'ordinamento penale, tale norma non riveste la forza di una norma costituzionale, e potrà quindi essere derogata dal legislatore per le più diverse esigenze, discrezionali e tendenzialmente insindacabili.

Appare quindi opportuno qualificare tale disposizione come una "norma di indirizzo", idonea a influenzare la produzione normativa di natura penale in ambito nazionale.








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