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Articolo 730 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Riconoscimento delle sentenze penali straniere per gli effetti previsti dal codice penale

Dispositivo dell'art. 730 Codice di procedura penale

1. Il Ministro della giustizia, quando riceve una sentenza penale di condanna o di proscioglimento pronunciata all'estero nei confronti di cittadini italiani o di stranieri o di apolidi residenti nello Stato ovvero di persone sottoposte a procedimento penale nello Stato, trasmette senza ritardo al procuratore generale presso la corte di appello, nel distretto della quale ha sede l'ufficio del casellario locale del luogo di nascita della persona cui e riferito il provvedimento giudiziario straniero, o, se questo è sconosciuto, presso la Corte di appello di Roma, copia della sentenza, unitamente alla traduzione in lingua italiana, con gli atti che vi siano allegati, e con le informazioni e la documentazione del caso. Trasmette inoltre l'eventuale richiesta indicata nell'articolo 12 comma 2 del codice penale.

2. Il procuratore generale, se deve essere dato riconoscimento alla sentenza straniera per gli effetti previsti dall'articolo 12 comma 1 numeri 1, 2 e 3 del codice penale, promuove il relativo procedimento con richiesta alla corte di appello. A tale scopo, anche per mezzo del Ministro della giustizia, può chiedere alle autorità estere competenti le informazioni che ritiene opportune.

2-bis. Quando il procuratore generale è informato dall'autorità straniera, anche per il tramite del Ministero della giustizia, dell'esistenza di una sentenza penale di condanna pronunciata all'estero, ne richiede la trasmissione all'autorità straniera con le forme previste dalle convenzioni internazionali in vigore con lo Stato estero ovvero, in mancanza, con rogatoria, ai fini del riconoscimento ai sensi del comma 2.

3. La richiesta alla corte di appello contiene la specificazione degli effetti per i quali il riconoscimento è domandato.

Ratio Legis

L'istituto del riconoscimento della sentenza straniera assolve alla tradizionale esigenza di cui all'art. 12 del codice penale.

Spiegazione dell'art. 730 Codice di procedura penale

Le disposizioni in materia di riconoscimento delle sentenze penali straniere rispondono alla necessità di adeguare la normativa interna alle varie convenzioni ratificate dall'Italia.

Al di là di quanto previsto dall'Accordo di Schengen per il riconoscimento delle sentenze degli Stati membri, alla sentenza penale straniera (passata in giudicato) può essere dato riconoscimento non ai fini dell'esecuzione in Italia della pena stricto sensu intesa, quanto piuttosto per dare esecuzione a misure e pene accessorie alla pena decisa con sentenza in uno Stato estero (non membro dell'UE), ovvero quando viene in rilievo il diritto di chiedere un'azione di condanna civile in Italia per un fatto commesso all'estero (v. art. 12 c.p.).

Premesso dunque che la sentenza straniera assume valore in Italia solo dopo il riconoscimento, la norma in commento riguarda il riconoscimento per gli effetti previsti dal codice penale (l'art. 12 c.p. appunto).

Per quanto concerne la procedura, il Ministro della giustizia, una volta ricevuta una sentenza penale di condanna o di proscioglimento pronunciata all'estero nei confronti di cittadini italiani o di stranieri e apolidi residenti in Italia, o ancora di imputati in un procedimento penale in Italia, trasmette copia della sentenza al procuratore generale competente ai sensi del comma 1, unitamente alla traduzione della sentenza stessa ed alla documentazione relativa al caso specifico. Se il procuratore non riceve la sentenza straniera, ma ne viene solo informato dall'autorità straniera, richiede a quest'ultima la trasmissione della documentazione di cui sopra, con le forme previste dalle convenzioni internazionali.

Qualora la sentenza penale straniera necessiti di riconoscimento per:

  • applicare una pena accessoria;


il procuratore generale promuove il relativo procedimento presso la corte di appello, chiedendo alle autorità estere, per mezzo del Ministro della giustizia e ove necessario, le informazioni che ritiene opportune. La richiesta alla corte d'appello di instaurare il procedimento contiene altresì la specificazione degli effetti per i quali il riconoscimento è domandato (ovvero le ipotesi su elencate).

Massime relative all'art. 730 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 15862/2018

Ai fini del riconoscimento di una sentenza penale straniera, non è obbligatorio che la traduzione in lingua italiana della copia della sentenza sia accompagnata da una specifica certificazione di conformità, essendo solo necessario che possano dirsi accertate la conformità della copia alla sentenza straniera e la corrispondenza della traduzione al contenuto della sentenza.

Cass. pen. n. 50616/2013

Il riconoscimento di una sentenza penale straniera a norma dell'art. 730 c.p.p., che detta la disciplina applicabile in assenza di un accordo in materia con lo Stato da cui proviene il provvedimento, è ammissibile nei confronti di tutti i cittadini italiani, indipendentemente dalla loro residenza nello Stato o dalla loro sottoposizione a procedimento penale in Italia. (Fattispecie relativa a riconoscimento di sentenza emessa negli Stati Uniti d'America ai fini dell'applicazione della recidiva nei confronti di cittadino da tempo residente all'estero).

Cass. pen. n. 27736/2013

È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 12, primo comma, n. 2, c.p., e 730 e seguenti c.p.p., laddove consentono l'applicazione di pene accessorie discrezionali previste esclusivamente dalla legge italiana in conseguenza del riconoscimento di sentenza penale straniera, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., per asserita violazione del diritto di difesa derivante dall'assenza di contraddittorio sul punto davanti all'autorità giudiziaria estera, poiché il condannato può esercitare il suo diritto di difesa, deducendo ogni elemento a lui favorevole, davanti al giudice italiano, la cui cognizione deve estendersi alla valutazione circa l'applicabilità delle riferite sanzioni, in ordine sia all'"an" sia al "quantum" temporale.

Cass. pen. n. 16364/2012

In tema di mandato di arresto europeo, quando la Corte d'appello dispone l'esecuzione nello Stato della pena inflitta nei confronti del cittadino italiano, ai sensi dell'art. 18, comma primo, lett. r), legge n. 69 del 2005, la sentenza pronunciata dall'autorità giudiziaria dello Stato di emissione viene automaticamente riconosciuta e non può applicarsi la speciale disciplina prevista dall'art. 13, comma secondo, D. Lgs. 7 settembre 2010, n. 161, che ha attuato nel nostro ordinamento la Decisione quadro 2008/909/GAI del 27 novembre 2008, relativa al reciproco riconoscimento delle sentenze penali a fini esecutivi. (Fattispecie relativa ad una sentenza contumaciale emessa dall'autorità giudiziaria francese).

Cass. pen. n. 16051/2011

Il riconoscimento di una sentenza penale straniera è legittimamente operato anche in mancanza, agli atti, della copia della sentenza, essendo sufficiente la traduzione in lingua italiana effettuata dal Ministero della Giustizia, della quale deve presumersi l'autenticità e la cui provenienza è certificata dall'attestazione in calce.

Cass. pen. n. 31515/2004

In tema di riconoscimento delle sentenze penali straniere, una volta che il Ministro ha avanzato la richiesta, il Procuratore generale non è obbligato a procedere esclusivamente per i fini individuati dal Ministro, in quanto l'art. 730 comma secondo c.p.p. gli attribuisce autonomia di azione, e la sua richiesta è sufficientemente motivata anche con il richiamo ai fini di cui all'art. 12 c.p. senza la necessità di ulteriore specificazione

Cass. pen. n. 315/1998

Anche in caso di riconoscimento di sentenze straniere, in sede di esecuzione valgono i principi generali in tema di inviolabilità del giudicato in base ai quali in sede di esecuzione sono deducibili esclusivamente i vizi attinenti al titolo esecutivo e non è possibile riproporre eccezioni relative al giudizio, a meno che o si tratti di inesistenza del titolo esecutivo (sentenza emessa a non judice) o di illegittimità intrinseca — e quindi inesigibilità — della pena, allorché la stessa non sia prevista dalla legge o ecceda, per specie o quantità, il limite legale.

Cass. pen. n. 6490/1998

In tema di riconoscimento delle sentenze penali straniere, la norma di cui all'art. 730, terzo comma, c.p.p., impone, per la richiesta del procuratore generale, il requisito indispensabile della specificazione degli effetti per i quali il riconoscimento è domandato, essendo ispirata, rispetto alla previsione del codice abrogato, alla maggior tutela delle esigenze del contraddittorio e della difesa che si realizzano attraverso il procedimento previsto dall'art. 127 c.p.p.; essa si correla, d'altra parte, alla disposizione di cui al primo comma dell'art. 734 c.p.p., la quale, prescrivendo che la sentenza enunci espressamente gli effetti conseguenti al riconoscimento, viene a porre un principio di stretta corrispondenza tra la richiesta del procuratore generale, che è esercizio di azione penale complementare, e la pronuncia del giudice. (In applicazione di tale principio il giudice di legittimità ha annullato la decisione della corte d'appello che aveva deliberato il riconoscimento di una sentenza penale di condanna, pronunciata all'estero, ai fini della recidiva e dell'applicazione della pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici, senza che nella richiesta del procuratore generale fossero stati specificati gli effetti ai quali il riconoscimento doveva riferirsi).

Cass. pen. n. 2137/1995

Ai fini del riconoscimento delle sentenze penali straniere, l'art. 730 c.p.p. impone al procuratore generale presso la corte d'appello di promuovere il relativo procedimento, specificando espressamente gli effetti per i quali il riconoscimento stesso è domandato. In mancanza di tale presupposto, il giudice è carente di giurisdizione. (Fattispecie nella quale la Suprema Corte ha riconosciuto il vizio cosiddetto di ultrapetizione nel provvedimento adottato dalla Corte d'appello di Trento, che aveva determinato la pena da eseguire in Italia, in difetto della richiesta del P.G.).

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