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Articolo 538 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Nuovo incanto

Dispositivo dell'art. 538 Codice di procedura civile

Quando una cosa messa all'incanto resta invenduta, il soggetto a cui e' stata affidata l'esecuzione della vendita fissa un nuovo incanto ad un prezzo base inferiore di un quinto rispetto a quello precedente(1)(2).

Note

(1) L'articolo in esame è stato così modificato dalla Legge 52/2006 con decorrenza dal 1 marzo 2006.
Il testo precedente recitava:"Art. 538. (Nuovo incanto). Quando una cosa messa all'incanto resta invenduta, il cancelliere ne da` notizia alle parti. Se delle cose invendute nessuno dei creditori chiede l'assegnazione per il prezzo fissato a norma dell'art. 535 secondo comma, il giudice dell'esecuzione ordina un nuovo incanto nel quale e` ammessa qualsiasi offerta".
(2) La norma precisa che nel caso in cui i beni messi all'incanto restino invenduti si dovrà procedere ad un nuovo incanto ad un prezzo base inferiore di un quinto, senza la necessità di celebrare una nuova udienza di comparizione delle parti.
Lo stesso iter dovrà essere seguito nel caso in cui anche al secondo incanto i beni restino invenduti.
Se pure gli incanti successivi si dovessero rivelare infruttuosi, il giudice dell'esecuzione potrà fissarne uno in cui sarà ammessa qualsiasi offerta.

Spiegazione dell'art. 538 Codice di procedura civile

La disposizione in esame si occupa di disciplinare le attività che devono essere compiute allorchè l'incanto non si sia concluso con l'aggiudicazione e, quindi, il bene pignorato sia rimasto invenduto (ciò che può verificarsi sia perché la gara è andata deserta, sia perché l'offerta a cui abbia fatto seguito l'aggiudicazione sia stata successivamente dichiarata nulla).

Nella sua originaria formulazione la norma in esame prevedeva che il cancelliere, ricevuto il processo verbale redatto dal pubblico ufficiale incaricato della vendita, dal quale doveva risultare anche l'esito negativo dell'incanto, dovesse comunicare al debitore esecutato ed ai creditori l'insuccesso della vendita con biglietto di cancelleria.
Scopo di tale previsione si riteneva fosse quello di consentire a ciascun creditore di poter formulare istanza di assegnazione dei beni rimasti invenduti per un valore pari al prezzo base stabilito dall'art. 535 del c.p.c..

A seguito della modifica, invece, si ritiene che l’istituto dell’assegnazione sia divenuto inammissibile nell'ambito dell'espropriazione mobiliare, salva esclusivamente l'ipotesi di beni mobili che hanno una quotazione ufficiale risultante da listini di borsa o mercuriali, per i quali il creditore munito di titolo esecutivo può chiedere immediatamente l'assegnazione ex art. 529 del c.p.c. comma 2.

In seguito alla riforma delle esecuzioni mobiliari (operata dalla legge n. 52/2006), nel caso di esito negativo dell'incanto, il soggetto incaricato dello svolgimento delle operazioni di vendita deve fissare un nuovo incanto ad un prezzo inferiore di un quinto rispetto a quello precedente.

E’ stata, dunque, soppressa la previsione della preventiva comunicazione alle parti del processo esecutivo dell'esito negativo dell'incanto e di conseguenza la necessità di investire del procedimento il giudice dell'esecuzione.
Infatti, adesso è lo stesso ufficiale incaricato dell'incanto che deve provvedere d'ufficio alla fissazione del nuovo incanto, il cui prezzo base è predeterminato dalla legge nella misura di 4/5 di quello precedente.

Occorre, peraltro, ricordare che ciascun incanto deve essere preceduto dalle forme di pubblicità stabilite dall' art. 490 del c.p.c..

Massime relative all'art. 538 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 27148/2006

Nell'attuale disciplina normativa dell'esecuzione forzata vige il principio della tassatività delle ipotesi di estinzione del processo esecutivo e, conseguentemente, non è legittimo un provvedimento di c.d. estinzione atipica fondato sulla improseguibilità per «stallo» della procedura di vendita forzata e, quindi, sulla inutilità o non economicità sopravvenuta del processo esecutivo. (Sulla base di tale principio la S.C. ha accolto il ricorso avverso la sentenza, con la quale un giudice dell'esecuzione aveva rigettato l'opposizione agli atti esecutivi, proposta contro l'ordinanza di estinzione parziale di un processo esecutivo, adottata dal giudice dell'esecuzione — dopo un avviso alle parti e nel presupposto dell'impossibilità di dar corso all'amministrazione giudiziaria per mancanza di domanda espressa delle parti — «per riconosciuta impossibilità del medesimo di conseguire alcun risultato in ordine ad un lotto assoggettato ad esecuzione»).

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