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Articolo 408 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 28/12/2023]

Decisione

Dispositivo dell'art. 408 Codice di procedura civile

Il giudice, se dichiara inammissibile o improcedibile la domanda o la rigetta per infondatezza dei motivi, condanna l'opponente al pagamento di una pena pecuniaria di due euro (1) se la sentenza impugnata è del giudice di pace (2), [di lire quattromila se è del pretore] (3) di due euro (1) se è del tribunale e di due euro (1) in ogni altro caso [disp. att. 127].

Note

(1) Pari a lire quattromila; importi così elevati dall'art. 114 della l. 24-11-1981, n. 689. Importi tradotti in euro a decorrere dal 1-1-2002, ex art. 51, c. 2 e 3, d.lgs. 24-6-1998, n. 213.
(2) L'originaria espressione «conciliatore» deve intendersi così sostituita dall'1-5-1995 ai sensi dell'art. 39, l. 21-11-1991, n. 374.
(3) Le parole in parentesi quadra sono state soppresse ai sensi dell'art. 80, d.lgs. 19-2-1998, n. 51, a decorrere dal 2-6-1999. Anche per questa disposizione si è reso necessario un adeguamento di carattere formale alla situazione venutasi a creare a seguito della soppressione del pretore [v. 8 nota (1)].

Ratio Legis

Con tale norma il legislatore ha voluto evitare la proliferazione di domande incomplete e di giudizi inutili che rallentano ulteriormente il corso della giustizia.

Spiegazione dell'art. 408 Codice di procedura civile

Il giudice investito dell’opposizione di terzo decide con sentenza, la quale ha ad oggetto sia il rescindente che il rescissorio.
Dispone la presente norma che, in caso di inammissibilità, improcedibilità o di rigetto dell'opposizione di terzo, il giudice deve condannare l'opponente al pagamento di una pena pecuniaria.
Nulla viene specificato in relazione a quali possano essere le ipotesi che danno luogo a tali figure.

Si ritiene che le ipotesi di inammissibilità possano essere ricavate dalle norme applicabili davanti al giudice adito ex art. 404 del c.p.c..
Così, l’opposizione andrebbe dichiarata inammissibile in caso di:
  1. inosservanza dell’ordine di integrazione del contraddittorio ex art. 331 del c.p.c.;
  2. inidoneità del provvedimento ad essere impugnato ex art. 404 del c.p.c.;
  3. in caso di opposizione revocatoria proposta dopo la scadenza del termine prescritto;
  4. se proposta nonostante la carenza delle condizioni per la sua proponibilità (ad esempio se l’opponente non ha una posizione di terzo tutelabile).

La dichiarazione di improcedibilità, invece, è ammessa nelle tassative ipotesi previste dalla legge, ovvero:
  1. in caso di opposizione trattata dal giudice d’appello, nei casi previsti dall'art. 348 del c.p.c.;
  2. nelle opposizioni di competenza della Corte di Cassazione, allorchè si verifichino le fattispecie previste dagli artt. 369, 370 e 371 bis c.p.c.

Poiché sia l’inammissibilità che l’improcedibilità rivestono carattere definitivo, vanno dichiarate con sentenza impugnabile.

Se l’opposizione viene accolta, la relativa sentenza avrà un contenuto diverso a seconda del motivo per cui la stessa opposizione è stata avanzata.
Così, si avrà che:
  1. se l'opposizione è proposta dal litisconsorte pretermesso, il giudice adito annulla la decisione impugnata e, in caso di opposizione proposta davanti al giudice d'appello, rimette la causa al giudice di primo grado ex art. 354 del c.p.c.;
  2. se l'opposizione è proposta dal titolare di una situazione autonoma e incompatibile, il suo accoglimento, di regola, non annulla né distrugge il giudicato che si è venuto a formare tra le parti, a meno che il diritto dell'opponente risulti assolutamente incompatibile ed inconciliabile con quello riconosciuto dalla sentenza gravata di opposizione (in dottrina vi è, tuttavia, chi ritiene che l'accoglimento dell'opposizione faccia sempre venir meno la pronuncia impugnata).
  3. in caso di opposizione di terzo revocatoria, il contenuto della sentenza di accoglimento non può essere determinato in via astratta ma deve tenere conto della situazione concreta dedotta in giudizio dal terzo (se l'opposizione è proposta dall'avente causa, l'accoglimento ha effetto anche tra le parti originarie, mentre se è proposta dal creditore, è sufficiente la semplice dichiarazione di inefficacia della sentenza opposta).
La sentenza che decide sull'opposizione di terzo è soggetta alle medesime impugnazioni che sarebbero ammissibili contro la sentenza opposta.
Pertanto, contro tale sentenza è anche proponibile la stessa opposizione di terzo, purchè ovviamente ad opera di altri soggetti.

Massime relative all'art. 408 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 24631/2015

La sentenza che accoglie l'opposizione di terzo revocatoria proposta avverso sentenza passata in giudicato o comunque esecutiva, ovvero avverso decreto ingiuntivo divenuto esecutivo ai sensi dell'art. 647 c.p.c., non comporta soltanto l'inefficacia di quel provvedimento nei confronti del terzo opponente, mantenendolo invece fermo nel rapporto tra le parti originarie, ma la sua totale eliminazione nei confronti delle parti del processo originario, con effetto riflesso e consequenziale nei confronti del terzo opponente. (Nella specie i terzi oppositori in revocazione avevano denunciato il rilascio di un assegno, da parte di propri debitori, ad un inesistente creditore, il quale, in forza di quel titolo, aveva chiesto ed ottenuto un decreto ingiuntivo, reso poi esecutivo ex art. 647 c.p.c., iscrivendo, quindi, ipoteca sui beni dei debitori, cosģ sottraendoli ai creditori effettivi o comunque pregiudicando le loro ragioni).

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