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Articolo 391 ter Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Altri casi di revocazione ed opposizione di terzo

Dispositivo dell'art. 391 ter Codice di procedura civile

Il provvedimento con il quale la Corte ha deciso la causa nel merito è, altresì, impugnabile per revocazione per i motivi di cui ai numeri 1, 2, 3 e 6 del primo comma dell'articolo 395 e per opposizione di terzo. I relativi ricorsi si propongono alla stessa Corte e debbono contenere gli elementi, rispettivamente, degli articoli 398, commi secondo e terzo, e 405, comma secondo.

Quando pronuncia la revocazione o accoglie l'opposizione di terzo, la Corte decide la causa nel merito qualora non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto; altrimenti, pronunciata la revocazione ovvero dichiarata ammissibile l'opposizione di terzo, rinvia la causa al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata.

Ratio Legis

Articolo aggiunto dal D. lgs. 40/2006.

Spiegazione dell'art. 391 ter Codice di procedura civile

Principio fondamentale che riguarda le sentenze pronunciate dalla Corte di Cassazione è quello della loro non impugnabilità, considerato che la Corte si pone al vertice dell'organizzazione giudiziaria quale organo supremo di giustizia.

E’ proprio nell'ottica di valorizzare maggiormente il ruolo della Suprema Corte che il D.Lgs. 2.2.2006, n. 40 ha introdotto la norma in esame, consentendo alla Corte di Cassazione di emettere una pronuncia sostitutiva di quella impugnata, allorquando il giudizio di diritto formulato dal giudice di merito debba essere annullato perché non conforme alla legge, ma sussista, comunque, la possibilità di formulare un nuovo e corretto giudizio di diritto idoneo a risolvere la controversia in base ai medesimi apprezzamenti di fatto.

In tal caso, ferma restando la competenza della Suprema Corte a provvedere sulla revocazione o l'opposizione di terzo, la stessa Corte, una volta pronunciata la revocazione o accolta l'opposizione, deciderà nel merito allorchè non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto; in caso contrario, al fine di evitare un'attività istruttoria, che potrebbe anche rivelarsi complessa, oltre che estranea ai compiti della cassazione, la causa dovrà essere rinviata al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata.

Massime relative all'art. 391 ter Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 24334/2014

L'art. 330 cod. proc. civ. - secondo cui l'impugnazione deve essere notificata, in mancanza di diversa indicazione contenuta nell'atto di notificazione della sentenza, presso il procuratore costituito o nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per il giudizio - si applica anche alla revocazione per errore di fatto contro le sentenze della Corte di cassazione, rientrando questa tra i mezzi di impugnazione.

Cass. civ. n. 862/2011

La scelta del legislatore, espressa dalla norma di cui all'art. 391 ter c.p.c., di non assoggettare a revocazione anche le sentenze di mera legittimità della Corte di cassazione, oltre a quelle che decidono anche il merito, emesse ai sensi dell'art. 384, secondo comma, c.p.c., non comporta vizi d'incostituzionalità della norma di cui al citato art. 391 ter, sia perchè l'estensione delle ipotesi di revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione può essere operata solo dal legislatore, nell'ambito delle valutazioni discrezionali di sua competenza, alle quali non rimane estranea l'esigenza, costituzionalizzata nell'art. 111 Cost. di evitare che i giudizi si protraggano all'infinito, sia perché un'eventuale difforme interpretazione della norma richiederebbe al giudice delle leggi un'inammissibile addizione, ponendo in essere un significativo mutamento dell'intero sistema processuale vigente.

Cass. civ. n. 10867/2008

Avverso le sentenze di mera legittimità della Corte di cassazione non è ammissibile l'impugnazione per revocazione per contrasto di giudicati, ai sensi dell'art. 395, n. 5, c.p.c., non essendo tale ipotesi espressamente contemplata nella disciplina anteriore al D.L.vo n. 40 del 2006 (applicabile nella specie ), né in quella successiva ( artt. 391 bis e 391 ter c.p.c. ), secondo una scelta discrezionale del legislatore non in contrasto con alcun principio e norma costituzionale, atteso che il diritto di difesa e altri diritti costituzionalmente garantiti non risultano violati dalla disciplina delle condizioni e dei limiti entro i quali può essere fatto valere il giudicato, la cui stabilità rappresenta un valore costituzionale condivisibile anche alla luce della circostanza che l'ammissibilità di tale impugnazione sarebbe logicamente e giuridicamente incompatibile con la natura delle sentenze di mera illegittimità, che danno luogo solo al giudicato in senso formale e non a quello sostanziale.

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