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Articolo 281 quater Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Decisione del tribunale in composizione monocratica

Dispositivo dell'art. 281 quater Codice di procedura civile

Le cause nelle quali il tribunale giudica in composizione monocratica sono decise, con tutti i poteri del collegio, dal giudice designato a norma dell'articolo 168bis o dell'articolo 484, secondo comma (1).

Note

(1) Si tratta di un articolo superfluo, perché ribadisce il principio in base al quale, nelle materie sottratte alla competenza del collegio, il giudice monocratico decide con poteri pieni ed identici a quelli che spettano all'organo collegiale.

Spiegazione dell'art. 281 quater Codice di procedura civile

Questa norma costituisce un completamento dell'art. 281 bis del c.p.c., stabilendo che le cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica sono decise con tutti i poteri del collegio dal giudice designato a norma dell'art. 168 bis del c.p.c. o dell'art. 484 del c.p.c. comma 2.
La disposizione in commento, pur essendo stata oggetto di contrastanti interpretazioni, è stata comunque accolta con favore, avendo ottenuto l'effetto di rafforzare il precetto dell'art. 174 del c.p.c., secondo cui è la stessa persona che ha istruito la causa a dover decidere di essa.
Sotto l’aspetto del rinvio operato all'art. 484 c.p.c., si è osservato che esso debba essere compiuto con cautela; infatti, il giudice dell'esecuzione è dotato di poteri prevalentemente ordinatori, per cui il conferimento dei poteri del collegio deve intendersi riferito al giudice dell'esecuzione soltanto nei casi in cui sia adito per la risoluzione delle cause di opposizione all'esecuzione (artt. 615-621 c.p.c.) o delle controversie sorte ai sensi degli artt. 548, 512 c.p.c.

Fino al momento in cui la causa viene rimessa in decisione, il giudice unico può esercitare solo i poteri propri dell'istruttore, con la conseguenza che, finché non viene disposto il passaggio alla fase decisoria, egli non può pronunciare provvedimenti aventi forma e sostanza di sentenza.
Tuttavia, il passaggio alla fase della decisione non è segnato da un provvedimento formale di rimessione, ma scaturisce ex se dall'invito a precisare le conclusioni e dalla conseguente precisazione delle stesse.

Poiché la norma in commento stabilisce che le cause nelle quali il tribunale giudica in composizione monocratica sono decise con “tutti i poteri del collegio” dal giudice unico, questi, anche se non opera alcuna rimessione al collegio, quando decide di passare dalla fase istruttoria a quella decisoria è tenuto ad applicare le norme dei primi tre commi dell'art. 187 del c.p.c..

Pertanto, anche il giudice monocratico, al pari del collegio, può pronunciare, in sede di rimessione immediata ex art. 187, 2° e 3° co., sentenza non definitiva e contestuale ordinanza di rimessione sul proprio ruolo; infatti, non si può escludere che il giudice, anche dopo l'esame delle memorie conclusive depositate dalle parti, si convinca della necessità o anche semplice opportunità di acquisire ulteriore materiale istruttorio ovvero dell'infondatezza della questione preliminare precedentemente ritenuta assorbente, con conseguente possibilità che sia pronunciata sentenza non definitiva e contestuale ordinanza di rimessione della causa in istruttoria.

Massime relative all'art. 281 quater Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 14136/2013

Nelle cause attribuite alla competenza del tribunale in composizione monocratica, il giudice unico, che assuma in sé le funzioni di istruzione e di decisione, può stabilire di decidere separatamente dal merito le questioni di giurisdizione e di competenza ovvero altre questioni pregiudiziali di rito, ma è tenuto - ai sensi degli artt. 187 e 281 bis cod. proc. civ. - ad invitare le parti a precisare le conclusioni, in quanto una decisione sulla competenza, ancorché implicita, può essere contenuta solo in provvedimenti che abbiano natura di sentenza. Ne deriva che, quando ci si trovi davanti ad un provvedimento relativo all'ordine del processo e, tuttavia, contenente affermazioni relative alla competenza (come quella secondo cui "l'eccezione pregiudiziale non è idonea a definire il giudizio"), alle stesse si deve attribuire un valore di mero provvedimento sulla gestione dell'istruttoria, con conseguente esclusione della sua impugnabilità.

Cass. civ. n. 22737/2012

Ai fini dell'ammissibilità del regolamento di competenza, il principio secondo il quale, nelle cause attribuite al tribunale in composizione monocratica, il giudice unico, assommando le funzioni di istruzione e decisione, ove ritenga di emettere una pronuncia definitiva sulla competenza, è tenuto, ai sensi degli artt. 187 e 281-bis cod. proc. civ., ad invitare le parti a precisare le conclusioni, in tal modo scandendo la separazione fra la fase istruttoria e quella decisoria, trova applicazione anche quando egli intenda pronunciare sulla litispendenza, sicché, in mancanza dell'invito alla precisazione delle conclusioni, l'ordinanza assunta in tema di litispendenza non esaurisce la "potestas iudicandi" sul punto e non è impugnabile con regolamento di competenza. (Dichiara inammissibile, Trib. Nola, 20/10/2011).

Cass. civ. n. 5929/2012

In tema di istanza di verificazione della scrittura privata in via incidentale, poichè l'art. 220 cod. proc. civ. è norma che, in quanto compresa nella disciplina del procedimento davanti al tribunale in sede collegiale, quando impone la decisione del collegio vuole solo stabilire che si applica la regola comune a quel procedimento per i poteri decisori, che è quella della sua spettanza non all'istruttore, ma al collegio, mentre la regola di competenza sull'istanza è quella implicitamente desumibile dal primo comma dell'art. 216 cod. proc. civ., laddove sottende che la decisione deve farsi dallo stesso tribunale investito della causa in cui la verificazione viene chiesta. Ne deriva che, quando l'incidente di verificazione insorga davanti al tribunale in composizione monocratica o davanti al giudice di pace, la regola di competenza resta identica, in forza dei rinvii di cui all'art. 281 bis e 311 cod. proc. civ., e, pertanto, il tribunale in composizione monocratica o il giudice di pace non possono rimettere la decisione sull'incidente al tribunale in composizione collegiale invocando l'art. 220 cod. proc. civ., che non esprime una regola di competenza.

Cass. civ. n. 4986/2011

In tema di regolamento di competenza, anche dopo il mutamento della forma della decisione sulla competenza per effetto della l. 18 giugno 2009 n. 69, la decisione affermativa della competenza presuppone sempre la rimessione in decisione della causa ai sensi degli artt. 189 e 275 cod. proc. civ. (ed ai sensi dello stesso art. 189 cod. proc. civ. in relazione all'art. 281 quinquies cod. proc. civ. per il procedimento di decisione del giudice monocratico) preceduta dall'invito a precisare le conclusioni. Ne discende che, ove nel procedimento davanti al giudice monocratico quest'ultimo esterni espressamente od implicitamente in un'ordinanza, senza aver provveduto agli adempimenti sopra indicati, un convincimento sulla competenza e dia provvedimenti sulla prosecuzione del giudizio, tale ordinanza non ha natura di decisione affermativa sulla competenza impugnabile ai sensi dell'art. 42 cod. proc. civ., sicchè il ricorso per regolamento di competenza avverso detto atto deve ritenersi inammissibile. (Dichiara inammissibile il regolamento di competenza).

Cass. civ. n. 25883/2010

Nelle cause attribuite alla competenza del tribunale in composizione monocratica, il giudice unico, quando ritenga di emettere una decisione definitiva sulla competenza, è tenuto ad invitare le parti a precisare le conclusioni, in tal modo scandendo la separazione fra la fase istruttoria e quella di decisione. Pertanto, il provvedimento col quale detto giudice - ritenendo che la prospettata eccezione di incompetenza sia inidonea a definire il giudizio - assegni alle parti i termini di cui all'art. 183, sesto comma, cod. proc. civ., non integra una decisione sulla competenza, avendo soltanto il valore di una giustificazione della scelta del giudice di risolvere la questione di competenza unitamente al merito; ne consegue che avverso tale provvedimento non è esperibile il regolamento di competenza, né può profilarsi, al riguardo, alcun dubbio di legittimità costituzionale, posto che il sistema delineato dall'art. 187 cod. proc. civ. è in armonia con il criterio della celerità del giudizio e con la necessità di evitare inutili stasi nello svolgimento del processo. (Dichiara inammissibile il regolamento di competenza, Trib. Avellino, 12/08/2009).

Cass. civ. n. 12504/2007

La previsione contenuta nell'art. 220 cod. proc. civ. con riferimento alla rimessione al collegio della pronuncia sull'istanza di verificazione dell'autenticità di scrittura privata deve essere coordinata con le disposizioni del d. lgs. n. 51 del 1998 che ha istituito il tribunale in composizione monocratica, con la conseguenza che, nelle controversie attribuite a detto giudice (e sottratte alla c.d. riserva di collegialità, di cui all'art. 50 bis cod. proc. civ.), esso è legittimato, ai sensi del nuovo art. 281 quater cod. proc. civ., a decidere le cause, in persona del giudice designato in virtù dell'art. 168 bis cod. proc. civ., con tutti i poteri del collegio. (Rigetta, App. Milano, 30 Luglio 2002).

Cass. civ. n. 9742/2005

L'eccezione di incompetenza per materia, ritualmente sollevata, non comporta per il giudice l'obbligo di promuoverne la decisione separata ed immediata, ai sensi degli artt. 187, secondo e terzo comma, 189 e 281 quater c.p.c., potendo egli differirne la decisione ad un momento successivo o addirittura, — specie se ritenga infondata prima facie l'eccezione —, all'esito dell'istruzione, disponendo la definizione congiunta della competenza e del merito (art. 187, terzo comma u.p. c.p.c.); nè, in tale ultimo caso, la parte ha l'onere di riproporre l'eccezione espressamente ad ogni udienza, potendosene desumere l'abbandono tacito soltanto in presenza di condotte processuali inequivocamente incompatibili con la volontà di coltivarla (nella specie la Corte Suprema ha ritenuto che la richiesta di fissazione dell'udienza di trattazione o, nel corso della stessa, la discussione di un profilo di merito non costituissero rinuncia all'eccezione di competenza).

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