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Articolo 123 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 09/08/2025]

Nomina del traduttore

Dispositivo dell'art. 123 Codice di procedura civile

Quando occorre procedere all'esame di documenti che non sono scritti in lingua italiana (1), il giudice può nominare un traduttore, il quale presta giuramento (2) a norma dell'articolo 193[122](3).

Note

(1) La norma in analisi si riferisce in via implicita alla possibilità di produrre nel processo documenti scritti in una lingua straniera, purchè naturalmente non si tratti di atti processuali in senso proprio, vigendo per questi l'obbligo di redazione in lingua italiana di cui all'articolo precedente.
(2) Qualora vengano prodotti documenti il lingua straniera il giudice può nominare con ordinanza un traduttore, il quale, alla pari dell'interprete, acquista la qualifica di organo ausiliario del giudice. Tuttavia, sussiste una sostanziale differenza rispetto all'interprete in quanto il primo deve tradurre una dichiarazione scritta anziché orale, rendendo comprensibile al giudice il documento scritto in un'altra lingua.
(3) Il comma 1 è stato modificato dall'art. 3, comma 1, lettera g) del D.Lgs. 31 ottobre 2024, n. 164. Il D.Lgs. 31 ottobre 2024, n. 164 ha disposto (con l'art. 7, comma 1) che "Ove non diversamente previsto, le disposizioni del presente decreto si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023".

Spiegazione dell'art. 123 Codice di procedura civile

L’obbligo sancito dall’art. 122 del c.p.c. di usare nel processo solo la lingua italiana deve intendersi riferito ai soli atti processuali in senso proprio, rimanendone di conseguenza escluse le dichiarazioni probatorie raccolte nel processo, le prove documentali che si può rendere necessario acquisire, gli atti preparatori ed in generale tutti quegli atti che non hanno un’influenza immediata sul rapporto processuale, anche se con esso coordinati.

Incombe sulla parte interessata l’onere (comportante una mera facoltà e non un dovere) di chiedere che si proceda alla traduzione degli atti processuali redatti in lingua non italiana, o in alternativa di richiedere l’intervento di un interprete da cui farsi assistere nella partecipazione alle attività processuali (quest’ultimo non assume la posizione di consulente tecnico, ma di mero ausiliario del giudice).

L’irregolarità nella nomina del traduttore è irrilevante se le parti giungono ad una determinazione concorde in ordine al significato da attribuire alle espressioni contenute nel documento ed alla conformità della traduzione al contenuto del documento stesso.

Qualora il giudice sia a conoscenza della lingua straniera e non ne ravvisi la necessità, il medesimo non può ritenersi obbligato ad accogliere la richiesta di nomina dell’interprete e tale sua decisione non può formare oggetto di censura in sede di legittimità.

L’art. 14 della Legge 218/1995, di riforma del sistema di diritto internazionale privato, dispone che, ai fini della conoscenza della lingua straniera, il giudice italiano può avvalersi, oltre che degli strumenti indicati nelle convenzioni internazionali e delle informazioni acquisite tramite il Ministero della Giustizia, anche di quelle assunte tramite esperti o istituzioni specializzate e, per garantire effettività al diritto straniero applicabile, è possibile ricorrere a qualsiasi mezzo, anche informale.

Particolare interesse ha assunto in giurisprudenza il caso di procura alle liti rilasciata in uno Stato straniero per essere utilizzata nell’ambito di un processo soggetto all’applicazione della legge processuale italiana; al riguardo si afferma che la stessa deve essere tradotta nella lingua italiana, anche se non è necessario che tale traduzione esista al momento della costituzione in giudizio della parte, in quanto trattasi pur sempre di un atto preparatorio e non di un atto processuale a tutti gli effetti.

Massime relative all'art. 123 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 18467/2025

La traduzione in lingua italiana delle autentiche notarili rilasciate all'estero non costituisce un requisito di validità della procura, e la sua mancata allegazione non determina alcuna nullità ex art. 122 e 123 cod. proc. civ. Gli atti prodromici al processo, quali la procura speciale alle liti, redatti in lingua straniera, devono considerarsi validamente prodotti, con facoltà del giudice di nominare un traduttore solo se non sia in grado di comprendere il significato degli stessi o vi siano contestazioni sul loro contenuto.

Cass. civ. n. 17876/2025

Ai sensi degli articoli 122 e 123 cod. proc. civ., la lingua italiana è obbligatoria per gli atti processuali in senso proprio e non anche per gli atti prodromici al processo (quali, in particolare, gli atti di conferimento di poteri a soggetti processuali: procura alle liti, nomina di rappresentanti processuali, autorizzazioni a stare in giudizio e correlative certificazioni), che, se redatti in lingua straniera, devono pertanto ritenersi prodotti validamente, avendo il giudice la facoltà, ma non l'obbligo, di procedere alla nomina di un traduttore, del quale può fare a meno allorché sia in grado di comprendere il significato degli stessi documenti o qualora non vi siano contestazioni sul loro contenuto o sulla loro traduzione giurata allegata dalla parte.

Cass. civ. n. 5200/2025

Il principio dell'obbligatorietà della lingua italiana, previsto dall'art. 122 c.p.c., si riferisce agli atti processuali in senso proprio (tra i quali, i provvedimenti del giudice e gli atti dei suoi ausiliari, gli atti introduttivi del giudizio, le comparse e le istanze difensive, i verbali di causa) e non anche ai documenti esibiti dalle parti; ne consegue che, qualora siffatti documenti siano redatti in lingua straniera, il giudice, ai sensi dell'art. 123 c.p.c., ha la facoltà, e non l'obbligo, di procedere alla nomina di un traduttore, della quale può farsi a meno allorché le medesime parti siano concordi sul significato delle espressioni contenute nel documento prodotto ovvero esso sia accompagnato da una traduzione che, allegata dalla parte e ritenuta idonea dal giudice, non sia stata oggetto di specifiche contestazioni della parte avversa. (Nella specie, la S.C. ha affermato la correttezza della motivazione del giudice di merito che, utilizzando la propria conoscenza della lingua inglese, aveva ritenuto idonea ad attestare il subentro di IFIS nella posizione sostanziale e processuale del precedente creditore, Banca Intesa, la documentazione prodotta in lingua inglese dalla parte appellata costituitasi in giudizio ex art. 111 c.p.c.).

Cass. civ. n. 17195/2024

Il principio dell'obbligatorietà della lingua italiana previsto dall'art. 122 cod. proc. civ., si riferisce agli atti processuali in senso proprio e non ai documenti esibiti dalle parti; pertanto, quando tali documenti risultino redatti in lingua straniera, il giudice ha facoltà discrezionale nel decidere se nominare o meno un traduttore ai sensi dell'art. 123 cod. proc. civ., a seconda che sia o meno in grado di comprenderne il significato o che sorgano contrasti tra le parti sul contenuto del documento stesso.

Cass. civ. n. 19900/2023

In materia di atti prodromici al processo (quali in particolare gli atti di conferimento di poteri a soggetti processuali: procura alle liti, nomina di rappresentanti processuali, autorizzazioni a stare in giudizio e correlative certificazioni), redatti in lingua diversa dall'italiano, discende dal principio della facoltatività della traduzione in lingua italiana a mezzo di esperto (art. 123 c.p.c.) che la contestuale produzione di traduzione in lingua italiana non integra requisito di validità dell'atto, laddove il giudice sia in grado di compiere da sé la traduzione.

Cass. civ. n. 12525/2015

Nel processo tributario, come in quello civile, la lingua italiana è obbligatoria per gli atti processuali in senso proprio e non anche per i documenti prodotti dalle parti, relativamente ai quali il giudice ha, pertanto, la facoltà, e non l'obbligo, di procedere alla nomina di un traduttore ex art. 123 cod. proc. civ., di cui si può fare a meno allorché non vi siano contestazioni sul contenuto del documento o sulla traduzione giurata allegata dalla parte e ritenuta idonea dal giudice, mentre, al di fuori di queste ipotesi, è necessario procedere alla nomina di un traduttore, non potendosi ritenere non acquisiti i documenti prodotti in lingua straniera.

Cass. civ. n. 2217/1984

Qualora si renda necessario procedere all'esame di documenti che non sono scritti in lingua italiana, la nomina di un traduttore, ai sensi dell'art. 123 c.p.c., non costituisce un dovere del giudice del merito, ma una sua facoltà discrezionale, sicché la mancata nomina del traduttore (nella specie, per essere stata la traduzione operata da tale giudice) non può formare oggetto di censura in sede di legittimità.

Cass. civ. n. 3400/1973

Quando occorre procedere all'esame di documenti che non siano in lingua italiana, l'art. 123 c.p.c. non obbliga, ma faculta il giudice a nominare un traduttore; del quale, pertanto, può farsi a meno qualora il documento prodotto sia accompagnato da una traduzione che, esibita dalla parte e ritenuta idonea dal giudice di merito, non sia stata oggetto di specifiche contestazioni della controparte. (Nella specie, trattandosi di procura ad lites rilasciata dal legale rappresentante dell'attrice, una «ditta statale» ungherese, con attestazione degli scopi istituzionali di questa e della qualità nonché dei poteri del rappresentante legale, con traduzione da parte di organo ufficiale ungherese e sua certificazione di conformità della traduzione all'originale, la convenuta aveva sollevato solo generiche e soggettive riserve circa la fedeltà della traduzione, ma aveva poi dedotto in cassazione l'inattendibilità della procura predetta sia in ordine alla lingua in cui era redatta, sia con riguardo ai poteri del legale rappresentante che l'aveva rilasciata. La Suprema Corte, nel rigettare tali deduzioni, ha enunciato il principio di cui in massima).

Cass. civ. n. 1991/1969

Quando si tratti di lingua universalmente nota, come il francese, e se il giudice dimostri di averne perfetta conoscenza, non occorre la nomina di un traduttore, prevista dall'art. 123 c.p.c.

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