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Articolo 261 Codice dell'ambiente

(D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Imballaggi

Dispositivo dell'art. 261 Codice dell'ambiente

1. I produttori e gli utilizzatori che non adempiono all'obbligo di raccolta di cui all'articolo 221, comma 2, o non adottano, in alternativa, sistemi gestionali ai sensi del medesimo articolo 221, comma 3, lettere a) e c), sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 5.000.

2. I produttori di imballaggi che non provvedono ad organizzare un sistema per l'adempimento degli obblighi di cui all'articolo 221, comma 3, e non aderiscono ai consorzi di cui all'articolo 223, né adottano un sistema di restituzione dei propri imballaggi ai sensi dell'articolo 221, comma 3, lettere a) e c), sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a quarantaseimilacinquecento euro. La stessa pena si applica agli utilizzatori che non adempiono all'obbligo di cui alì all'articolo 221, comma 4.

3. La violazione dei divieti di cui all'articolo 226, commi 1 e 4, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da cinquemiladuecento euro a quarantamila euro. La stessa pena si applica a chiunque immette nel mercato interno imballaggi privi dei requisiti di cui all'articolo 219, comma 5.

4. La violazione del disposto di cui all'articolo 226, comma 3, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro.

4-bis. La violazione delle disposizioni di cui agli articoli 226 bis e 226 ter è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 25.000 euro.

4-ter. La sanzione amministrativa di cui al comma 4-bis è aumentata fino al quadruplo del massimo se la violazione del divieto riguarda ingenti quantitativi di borse di plastica oppure un valore di queste ultime superiore al 10 per cento del fatturato del trasgressore, nonché in caso di utilizzo di diciture o altri mezzi elusivi degli obblighi di cui agli articoli 226 bis e 226 ter.

4-quater. Le sanzioni di cui ai commi 4-bis e 4-ter sono applicate ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689; all'accertamento delle violazioni provvedono, d'ufficio o su denunzia, gli organi di polizia amministrativa, fermo restando quanto previsto dall'articolo 13 della citata legge n. 689 del 1981.

Massime relative all'art. 261 Codice dell'ambiente

Cass. pen. n. 38674/2017

Sussiste continuità normativa tra le fattispecie previste dall'articolo 19 del D.Lgs. n. 133 del 2005, abrogato dall'art. 34 del D.Lgs. n. 46 del 2014, e quelle di cui all'articolo 261-bis del D.Lgs. n. 152 del 2006 - introdotto dall'articolo 16 del medesimo decreto - in quanto i commi 1 e 2 del citato art. 261-bis contemplano le medesime identiche condotte, sanzionate con le medesime pene, di cui al previgente articolo 19. (Annulla senza rinvio, App. Firenze, 12 maggio 2015). In tema di attività di incenerimento di rifiuti, è necessario che la verifica dell'impatto ambientale (V.I.A.), non effettuata in fase di prima autorizzazione, preceda il rinnovo di quest'ultima che sia successivo all'entrata in vigore del D.Lgs. n. 22 del 1997. (Annulla senza rinvio, App. Firenze, 12 maggio 2015). Il reato di svolgimento di attività di incenerimento di rifiuti senza autorizzazione, previsto dall'articolo 261-bis del D.Lgs. n.152 del 2006, è un reato formale di pericolo che si configura per il solo fatto della mancanza della prescritta autorizzazione, rimanendo del tutto irrilevante l'assenza in concreto, successivamente riscontrata, di qualsivoglia lesione. (Annulla senza rinvio, App. Firenze, 12 maggio 2015).

Cass. pen. n. 48737/2013

Integra il reato previsto dall'art. 256 del D.Lgs. n. 152 del 2006 lo smaltimento di rifiuti di imballaggio (nella specie, polistirolo) mediante incenerimento in assenza della prescritta autorizzazione. (Rigetta, Trib. Trani, 26 settembre 2012).

Cass. pen. n. 40964/2006

La condotta del reato di cui all'art. 25, D.P.R. n. 203/1988 (esercizio di impianto senza richiesta di autorizzazione) è incriminata soltanto quando esista il presupposto previsto dalla legge, che si tratti cioè di un impianto capace di produrre emissioni nell'atmosfera. Mancando questo presupposto, la gestione dell'impianto non è soggetta alla richiesta di autorizzazione. Queste considerazioni diventano ancora più cogenti dopo l'entrata in vigore del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (norme in materia ambientale), che con l'art. 280 ha abrogato il D.P.R. n. 203/1988, riordinando, coordinando e integrando la disciplina abrogata in una nuova normativa contenuta nella Parte Quinta (norme in materia di tutela dell'aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera). Invero l'art. 267, comma 1, definisce in modo più rigoroso e restrittivo il presupposto del reato, che non è più la generica possibilità (come nella disciplina previgente), ma la concreta attività di produzione delle emissioni da parte dell'impianto.

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