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Articolo 112 Codice dei beni culturali e del paesaggio

(D.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42)

[Aggiornato al 10/10/2023]

Valorizzazione dei beni culturali di appartenenza pubblica

Dispositivo dell'art. 112 Codice dei beni culturali e del paesaggio

1. Lo Stato, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali assicurano la valorizzazione dei beni presenti negli istituti e nei luoghi indicati all'articolo 101, nel rispetto dei principi fondamentali fissati dal presente codice.

2. Nel rispetto dei principi richiamati al comma 1, la legislazione regionale disciplina le funzioni e le attività di valorizzazione dei beni presenti negli istituti e nei luoghi della cultura non appartenenti allo Stato o dei quali lo Stato abbia trasferito la disponibilità sulla base della normativa vigente.

3. La valorizzazione dei beni culturali pubblici al di fuori degli istituti e dei luoghi di cui all'articolo 101 è assicurata, secondo le disposizioni del presente Titolo, compatibilmente con lo svolgimento degli scopi istituzionali cui detti beni sono destinati.

4. Lo Stato, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali stipulano accordi per definire strategie ed obiettivi comuni di valorizzazione, nonché per elaborare i conseguenti piani strategici di sviluppo culturale e i programmi, relativamente ai beni culturali di pertinenza pubblica. Gli accordi possono essere conclusi su base regionale o subregionale, in rapporto ad ambiti territoriali definiti, e promuovono altresì l'integrazione, nel processo di valorizzazione concordato, delle infrastrutture e dei settori produttivi collegati. Gli accordi medesimi possono riguardare anche beni di proprietà privata, previo consenso degli interessati. Lo Stato stipula gli accordi per il tramite del Ministero, che opera direttamente ovvero d'intesa con le altre amministrazioni statali eventualmente competenti.

5. Lo Stato, per il tramite del Ministero e delle altre amministrazioni statali eventualmente competenti, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali possono costituire, nel rispetto delle vigenti disposizioni, appositi soggetti giuridici cui affidare l'elaborazione e lo sviluppo dei piani di cui al comma 4.

6. In assenza degli accordi di cui al comma 4, ciascun soggetto pubblico è tenuto a garantire la valorizzazione dei beni di cui ha comunque la disponibilità.

7. Con decreto del Ministro sono definiti modalità e criteri in base ai quali il Ministero costituisce i soggetti giuridici indicati al comma 5 o vi partecipa.

8. Ai soggetti di cui al comma 5 possono partecipare privati proprietari di beni culturali suscettibili di essere oggetto di valorizzazione, nonché persone giuridiche private senza fine di lucro, anche quando non dispongano di beni culturali che siano oggetto della valorizzazione, a condizione che l'intervento in tale settore di attività sia per esse previsto dalla legge o dallo statuto.

9. Anche indipendentemente dagli accordi di cui al comma 4, possono essere stipulati accordi tra lo Stato, per il tramite del Ministero e delle altre amministrazioni statali eventualmente competenti, le regioni, gli altri enti pubblici territoriali e i privati interessati, per regolare servizi strumentali comuni destinati alla fruizione e alla valorizzazione di beni culturali. Con gli accordi medesimi possono essere anche istituite forme consortili non imprenditoriali per la gestione di uffici comuni. Per le stesse finalità di cui al primo periodo, ulteriori accordi possono essere stipulati dal Ministero, dalle regioni, dagli altri enti pubblici territoriali, da ogni altro ente pubblico nonché dai soggetti costituiti ai sensi del comma 5, con le associazioni culturali o di volontariato, dotate di adeguati requisiti, che abbiano per statuto finalità di promozione e diffusione della conoscenza dei beni culturali. All'attuazione del presente comma si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Massime relative all'art. 112 Codice dei beni culturali e del paesaggio

Cons. Stato n. 3941/2012

L'art. 115, commi 2 e 3, di detto D.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali) regolamenta la gestione delle attività di valorizzazione dei beni culturali tramite concessione a terzi. Essa può avvenire mediante gestione diretta per mezzo di strutture organizzative interne alle amministrazioni, dotate di adeguata autonomia scientifica, organizzativa, finanziaria e contabile, e provviste di idoneo personale tecnico. Le Amministrazioni medesime possono attuare la gestione diretta anche in forma consortile pubblica. La gestione indiretta delle attività è previsto che venga attuata tramite concessione a terzi delle attività di valorizzazione, anche in forma congiunta e integrata, da parte delle amministrazioni cui i beni pertengono o dei soggetti giuridici costituiti ai sensi dell'articolo 112, comma 5, qualora siano conferitari dei beni ai sensi del comma 7, mediante procedure di evidenza pubblica, sulla base della valutazione comparativa di specifici progetti. Al comma 4 di detto art. 115 è stabilito che la scelta tra le due forme di gestione indicate ai commi 2 e 3 è attuata mediante valutazione comparativa in termini di sostenibilità economico-finanziaria e di efficacia, sulla base di obbiettivi previamente definiti.

Cass. civ. n. 12252/2009

Ai fini dell'ordinamento comunitario la linea di demarcazione tra appalti pubblici di servizi e concessioni di servizi è netta, poiché l'appalto pubblico di servizi, a differenza della concessione di servizi riguarda di regola servizi resi alla pubblica amministrazione e non al pubblico degli utenti, non comporta il trasferimento del diritto di gestione quale controprestazione, ed infine non determina, in ragione delle modalità di remunerazione, l'assunzione del rischio di gestione da parte dell'affidatario. Nel caso di «servizi aggiuntivi» da svolgersi presso luoghi di interesse culturale ed artistico, ex artt. 112 e 113 D.Lgs. n. 490/1999, l'amministrazione concedente non corrisponde alcun prezzo all'affidatario per l'erogazione ed anzi è l'affidatario che deve pagare all'amministrazione per il solo fatto di aver ottenuto la gestione dell'erogazione dei servizi in favore dei visitatori/utenti dell'istituto o del luogo di cultura, «un canone di concessione» (così definito anche dall'art. 117, c. 5, D.Lgs. n. 42/2004). Inoltre il concessionario generalmente eroga a pagamento i servizi nei confronti dei visitatori. I costi, quindi, sono accollati dal concessionario e riversati sugli utenti. L'unica controprestazione dell'amministrazione è il trasferimento al privato del diritto di gestire il servizio. La configurazione della fattispecie, in chiave comunitaria, come «concessione di servizio», non comporta automaticamente che sia risolto il diverso problema che trattasi di concessione di pubblico servizio, per quanto vi sia una certa tendenza ad assimilare i due concetti. Seguendo i criteri fissati dalla più recente dottrina in tema di requisiti del «servizio pubblico» deve ritenersi che gli stessi sussistano nella fattispecie dei «servizi aggiuntivi». Infatti sussiste: a) l'imputabilità e la titolarità del servizio in capo alla P.A., imposta all'Ente pubblico ex lege; b) la destinazione del servizio alla soddisfazione di esigenze della collettività; c) la predisposizione da parte della P.A. di un programma di gestione, vincolante anche per il privato incaricato di erogare il servizio, con obblighi di condotta e livelli di qualità, d) il mantenimento in capo alla P.A. di poteri di indirizzo, vigilanza ed intervento, perché il servizio venga assicurato dal gestore all'utenza nel rispetto del programma. Inoltre l'istituzione da parte della P.A. dei servizi aggiuntivi negli istituti e nei luoghi di cultura sono espressione dell'attività di «valorizzazione» dei beni culturali, ex artt. 111 e 112, D.Lgs. n. 42/2004.

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