Cassazione civile Sez. Unite sentenza n. 12252 del 27 maggio 2009

(3 massime)

(massima n. 1)

Il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione può essere notificato sia presso l'Avvocatura generale dello Stato sia presso la sede dell'Avvocatura distrettuale dello Stato nel cui distretto ha sede l'autorità giudiziaria presso cui pende la causa (che è tenuta a rimettere il ricorso, sulla base delle norme che regolano i rapporti tra uffici dello stesso organismo, all'Avvocatura generale dello Stato, abilitata al patrocinio in cassazione). Infatti, dalla natura e dalle funzioni del regolamento di giurisdizione, quale procedimento incidentale ed eventuale che sorge all'interno del giudizio di primo grado in corso, consegue che la notifica del ricorso va effettuata a norma del secondo comma dell'art. 11 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611; ciò non esclude che la notifica possa validamente effettuarsi ai sensi del primo comma dello stesso articolo, in applicazione del principio della ragionevole durata del processo, in base al quale vanno ridotte all'essenziale le ipotesi di nullità per vizi formali e va ampliata la doverosa collaborazione tra giudicante e procuratore costituito, in funzione di una sollecita definizione della controversia.

(massima n. 2)

Ai fini dell'ordinamento comunitario la linea di demarcazione tra appalti pubblici di servizi e concessioni di servizi è netta, poiché l'appalto pubblico di servizi, a differenza della concessione di servizi riguarda di regola servizi resi alla pubblica amministrazione e non al pubblico degli utenti, non comporta il trasferimento del diritto di gestione quale controprestazione, ed infine non determina, in ragione delle modalità di remunerazione, l'assunzione del rischio di gestione da parte dell'affidatario. Nel caso di «servizi aggiuntivi» da svolgersi presso luoghi di interesse culturale ed artistico, ex artt. 112 e 113 D.Lgs. n. 490/1999, l'amministrazione concedente non corrisponde alcun prezzo all'affidatario per l'erogazione ed anzi è l'affidatario che deve pagare all'amministrazione per il solo fatto di aver ottenuto la gestione dell'erogazione dei servizi in favore dei visitatori/utenti dell'istituto o del luogo di cultura, «un canone di concessione» (così definito anche dall'art. 117, c. 5, D.Lgs. n. 42/2004). Inoltre il concessionario generalmente eroga a pagamento i servizi nei confronti dei visitatori. I costi, quindi, sono accollati dal concessionario e riversati sugli utenti. L'unica controprestazione dell'amministrazione è il trasferimento al privato del diritto di gestire il servizio. La configurazione della fattispecie, in chiave comunitaria, come «concessione di servizio», non comporta automaticamente che sia risolto il diverso problema che trattasi di concessione di pubblico servizio, per quanto vi sia una certa tendenza ad assimilare i due concetti. Seguendo i criteri fissati dalla più recente dottrina in tema di requisiti del «servizio pubblico» deve ritenersi che gli stessi sussistano nella fattispecie dei «servizi aggiuntivi». Infatti sussiste: a) l'imputabilità e la titolarità del servizio in capo alla P.A., imposta all'Ente pubblico ex lege; b) la destinazione del servizio alla soddisfazione di esigenze della collettività; c) la predisposizione da parte della P.A. di un programma di gestione, vincolante anche per il privato incaricato di erogare il servizio, con obblighi di condotta e livelli di qualità, d) il mantenimento in capo alla P.A. di poteri di indirizzo, vigilanza ed intervento, perché il servizio venga assicurato dal gestore all'utenza nel rispetto del programma. Inoltre l'istituzione da parte della P.A. dei servizi aggiuntivi negli istituti e nei luoghi di cultura sono espressione dell'attività di «valorizzazione» dei beni culturali, ex artt. 111 e 112, D.Lgs. n. 42/2004.

(massima n. 3)

L'affidamento da parte della P.A. ad imprese private di servizi aggiuntivi di assistenza agli utenti (quali servizi di caffetteria, ristorazione e guardaroba, di vendita di riproduzioni di beni culturali, ecc.), da effettuarsi presso luoghi di interesse culturale ed artistico, integrati dal servizio di biglietteria - ai sensi degli artt. 112 e 113 del D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, richiamati dall'art. 115 del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 - si configura come concessione di servizio pubblico rispetto ai servizi aggiuntivi, e come appalto di servizio pubblico in riferimento al servizio di biglietteria. Infatti, la costante qualificazione normativa come "concessione" dell'affidamento della gestione a terzi dei servizi aggiuntivi è conforme alle definizioni delle direttive comunitarie (92/50/CE e 2004/18/CE), oltre che coerente con la struttura dei suddetti servizi, atteso che l'Amministrazione trasferisce il diritto di gestire il servizio in favore dei visitatori/utenti dietro pagamento di un canone, e che sussistono, altresì, i caratteri del pubblico servizio, per la valorizzazione dei beni culturali, in presenza: a) della titolarità del servizio in capo alla P.A.; b) della destinazione dello stesso alla soddisfazione di esigenze della collettività; c) della predisposizione da parte della P.A. di un programma di gestione, con obblighi di condotta e livelli qualitativi vincolanti per il privato; d) del mantenimento da parte della P.A. dei corrispondenti poteri di indirizzo, vigilanza e intervento. L'affidamento dei servizi di biglietteria (oltre che di pulizia e vigilanza), che possono integrare la suddetta concessione, è invece configurabile come appalto di servizio pubblico, rilevando l'assunzione da parte della P.A. della veste di acquirente dal privato, anche a favore di terzi individuati, di determinate "utilitates" contro il pagamento di un corrispettivo.

Hai un dubbio o un problema su questo argomento?

Scrivi alla nostra redazione giuridica

e ricevi la tua risposta entro 5 giorni a soli 29,90 €

Nel caso si necessiti di allegare documentazione o altro materiale informativo relativo al quesito posto, basterà seguire le indicazioni che verranno fornite via email una volta effettuato il pagamento.