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Articolo 932 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Tesoro

Dispositivo dell'art. 932 Codice Civile

Tesoro è qualunque cosa mobile di pregio, nascosta o sotterrata, di cui nessuno può provare di essere proprietario.

Il tesoro appartiene al proprietario del fondo(1) in cui si trova. Se il tesoro è trovato nel fondo altrui, purché sia stato scoperto per solo effetto del caso(2), spetta per metà al proprietario del fondo e per metà al ritrovatore(3). La stessa disposizione si applica se il tesoro è scoperto in una cosa mobile altrui(4).

Per il ritrovamento degli oggetti d'interesse storico, archeologico, paletnologico, paleontologico e artistico si osservano le disposizioni delle leggi speciali(5).

Note

(1) Se il fondo è oggetto di un'enfiteusi (957) l'enfiteuta può esercitare sul tesoro gli stessi diritti del proprietario. Se sul fondo è stato, invece, costituito un usufrutto, (art. 978 del c.c.) si deve prendere in considerazione l'art. 988.
(2) L'art. 647 del c.p. punisce chi "avendo trovato un tesoro, si appropria, in tutto o in parte, la quota dovuta al proprietario del fondo".
(3) Il ritrovamento del tesoro deve essere frutto del caso, non deve, cioè, essere il risultato di un'attività finalizzata al ritrovamento.
(4) Ne può costituire esempio un gioiello trovato casualmente dentro una statua.
(5) Le cose di particolare interesse storico fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato.
Vedasi D. Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 (Testo unico sui beni culturali e ambientali).

Ratio Legis

La disposizione è un retaggio del diritto romano e regolamenta un vero e proprio caso di scuola, relativamente al quale non si registrano, infatti, applicazioni di rilievo.

Brocardi

Inventio thesauri
Thesaurus est vetus quaedam depositio pecuniae, cuius non exstat memoria, ut iam dominum non habeat

Spiegazione dell'art. 932 Codice Civile

Importanza storica dell'istituto

Nella Relazione del Ministro Guardasigilli al Re Imperatore è stato osservato che l'istituto giuridico del tesoro ha ormai un'importanza pratica assai ridotta per effetto delle leggi speciali sul ritrovamento degli oggetti di interesse storico, archeologico, paletnologico, paleontologico e artistico, le quali rimangono naturalmente ferme, come è espressamente disposto nel terzo comma dell'art. 932. Qualche scrittore, anche tra i più eminenti, era giunto alla conclusione che l'istituto del tesoro potesse senza alcun danno addirittura eliminarsi dal codice civile.

L'istituto ha un'importanza principalmente storica per l'elaborazione di principi che a proposito del tesoro fu compiuta nel diritto romano e nel diritto intermedio.


Tesoro incluso in una cosa mobile

L'unica opportuna modificazione introdotta nel testo dell'art. 932, oltre l'indicazione di richiamo alle ricordate leggi speciali, consiste nell'esplicita precisazione (proposta anche nella Commissione Reale e che trovò pienezza di consensi nelle osservazioni fatte sul progetto dai corpi tecnici) per stabilire che il tesoro può anche trovarsi in una cosa mobile, del che si poteva dubitare, e si era dubitato, sul testo dall'art. 714 del vecchio codice, che, parlando ripetutamente di fondo in cui il tesoro poteva essere trovato, giustificava il dubbio, che la legge escludesse la possibilità di esistenza di un tesoro in una cosa mobile.


Codici stranieri

I codici stranieri ad eccezione di quello svizzero che, in ogni caso, attribuisce la proprietà totale del tesoro al proprietario del fondo, concedendo all'inventore soltanto un premio, sono tutti, al pari del nostro, impostati sui principi romani.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

433 La definizione e la disciplina che del tesoro dà l'art. 932 del c.c. non divergono da quelle del codice precedente (articolo 714). Ho solo creduto opportuno precisare che il tesoro può rinvenirsi anche in una cosa mobile. Si tratta, per altro, di un istituto d'importanza pratica assai ridotta per effetto delle leggi speciali sul ritrovamento degli oggetti d'interesse storico, archeologico, paletnologico, paleontologico e artistico, le quali rimangono naturalmente ferme (art. 932, terzo comma).

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Claudi F. chiede
giovedė 16/04/2020 - Liguria
“Buongiorno,
Vi scrivo per poter ottenere un parere riguardo la situazione in cui mi sono venuto a trovare inseguito alla denuncia presentata dal muratore che era venuto a fare dei lavori di ristrutturazione nella mia proprietà.
Per chiarire I fatti, nel Dicembre 2017 ho acquistato come unico proprietario (essendo con mia moglie in divisione dei beni) una villetta con annesso giardino sita in Genova-Pra’, nel Luglio del 2018 dietro indicazione di un cognato mi veniva indicata una persona di sua conoscenza ritenuta affidabile. I lavori come da preventivo redatto dallo stesso comprendevano sia lavori interni che nel giardino dell’abitazione.
Per la specificità del mio lavoro (navigante) sono spesso lontano da casa quindi nel frangente mia moglie che e’ residente all’estero (GB) era venuta appositamente in Italia per seguire i lavori preventivati.
Durante la progressione dei lavori visto il caldo elevato e l’allergia di cui soffriva (cemento) il muratore, titolare ed unico dipendente della ditta, veniva consigliato da mia moglie di iniziare i lavori nel giardino in modo da ridurre il fenomeno allergico e tra l’altro gli indicava di rimuovere il “piantume” e tutto il fogliame e radici nel giardino antistante la casa dove si sarebbe dovuto piastrellare, indicativamente siamo nella prima settimana di Agosto 2018. Durante questi lavori in giardino l’allergia del muratore si era intensificata fino al punto che mia moglie gli ha consigliato di interrompere i lavori e prendersi una pausa. Durante questa interruzione dei lavori mia moglie ha personalmente rimosso alcune piante ed arbusti fino ad arrivare ad una radice piuttosto grossa che non ebbe la forza di estrarre.
Al ritorno del muratore mia moglie gli chiese di sradicare la suddetta radice: durante questa operazione il muratore trovava prima un sacco nero con all’interno quattro lingotti di argento del peso complessivo di circa 21 Kg, poco dopo sempre nella stessa area ritrovava un contenitore di plastica con all’interno nr.15 Krugeran e nr.18 Sterline tutte in oro.
A seguito del ritrovamento mia moglie offriva al muratore una ricompensa pari a circa 2000Euro, il quale rifiutava asserendo che Lui era stato assunto per I lavori come da preventivo e non voleva alcuna ricompensa.
Nel 2019 mi veniva recapitato un “Atto di Citazione” nei confronti sia miei che di mia moglie dove il muratore pretendeva la meta’ del valore di quanto ritrovato da Lui denominato “tesoro”.
Tengo a precisare alcuni altri punti:
- La casa e’ di mia proprietà e sono in divisione dei beni con mia moglie,
- Mia moglie è residente all’estero,
- Personalmente dal muratore non mi e’ stato consegnato nulla,
- Al momento dei fatti ero a bordo di una nave in navigazione,
- La citazione e’ stata fatto sia a mio carico che a quello di mia moglie.
Al momento il Giudice che e’ stato incaricato sta cercando un arbitrato, lo stesso ha valutato detto “tesoro” in 31125 Euro e per definire la pratica ha indicato come quota complessiva 20000 Euro più tasse composte dal 50% del valore di detto tesoro (15562 €) più spese processuali totalmente a mio carico.
Sono rimasto allibito da questo arbitrato che mi vede vittima del muratore che vanta dei diritti che a mio parere no ha, vorrei capire se l’articolo 932 CC riguardante il ritrovamento di tesori e cose di pregio sia stato applicato correttamente.

Cordiali Saluti

Consulenza legale i 04/05/2020
Ai sensi dell’art. 932 del c.c., per tesoro si intende “qualunque cosa mobile di pregio, nascosta o sotterrata, di cui nessuno può provare d'essere proprietario”. Si tratta dunque di una fattispecie diversa da quella prevista dagli artt. 927 ss. c.c., che disciplinano invece il ritrovamento di cose, che può in alcuni casi costituire un modo di acquisto della proprietà (c.d. inventio: art. 929 del c.c.).
Per quanto qui interessa, l’art. 930 del c.c. stabilisce la misura del premio spettante al ritrovatore (naturalmente nel caso in cui il proprietario venga rintracciato o si faccia avanti).
Tuttavia, gli artt. 927 e ss. presuppongono che la cosa che viene ritrovata sia stata smarrita dal proprietario; mentre nel caso del tesoro viene espressamente precisato che deve trattarsi di cosa “nascosta o sotterrata” (oltre che di pregio e rispetto alla quale nessuno possa provare la proprietà).
Pertanto il caso descritto nel quesito sembra effettivamente poter essere ricondotto nell’ambito della disciplina del tesoro, anziché in quella del ritrovamento di cose.
Tornando dunque all’art. 932 c.c., esso prosegue affermando che “il tesoro appartiene al proprietario del fondo in cui si trova. Se il tesoro è trovato nel fondo altrui, purché sia stato scoperto per solo effetto del caso, spetta per metà al proprietario del fondo e per metà al ritrovatore”.
Occorre stabilire se, in questo caso, vi siano i presupposti perché il muratore possa, in primo luogo, essere considerato ritrovatore; in secondo luogo, reclamare per sé la metà di quanto ritrovato.
Va detto anche che la giurisprudenza sull'argomento è assai scarsa (e riguardante, in genere, il ritrovamento di oggetti d'interesse storico, archeologico, paletnologico, paleontologico e artistico, ma non sembra questo il nostro caso), per cui non vi sono molti precedenti cui fare riferimento.
Dall'esposizione dei fatti contenuta nel quesito emerge appunto che il ritrovamento è stato effettuato grazie all'intervento del muratore, a cui la moglie del proprietario del terreno aveva espressamente richiesto di ripulire il terreno da piante e radici.
Parimenti, può anche affermarsi che il ritrovamento sia avvenuto per caso, in quanto effetto di un'attività non diretta alla ricerca dello stesso (occorreva infatti eliminare piante e radici per la posa in opera delle piastrelle).
Stando alla versione dei fatti fornita, il tesoro sarebbe stato portato alla luce proprio dal muratore.
Semmai, poiché dalla narrazione dei fatti sembrerebbe che la scoperta sia avvenuta in due battute, potrebbe sostenersi che i beni rinvenuti per primi siano stati ritrovati casualmente, mentre il ritrovamento di quelli portati alla luce "poco dopo sempre nella stessa area" potrebbe invece essere il risultato di un'attività "mirata" (vista la scoperta del sacco con i lingotti, forse si voleva controllare se vi fossero altri oggetti preziosi sotterrati?).
Naturalmente un grande problema, in questo caso, è quello della prova, dal momento che non risulta fossero presenti altre persone, che potrebbero essere chiamate a testimoniare.
Suscita invece perplessità la circostanza che la citazione sia stata proposta anche nei confronti della moglie che, non essendo proprietaria del fondo, e non essendo neppure in regime di comunione dei beni con il coniuge, non ha alcuna legittimazione passiva all'azione.
Quanto ai criteri per la ripartizione, non è peraltro chiarissima la quantificazione riportata nel quesito. Ad ogni modo va tenuto presente che ai sensi dell'art. 932 c.c. la suddivisione tra proprietario e ritrovatore va effettuata al cinquanta per cento.