Giustificazione teorica di una disciplina autonoma del piccolo affitto. Nozione
L'ultimo paragrafo della sezione intitolata « Dell'affitto » contiene il regolamento dell'affitto a coltivatore diretto, già e più comunemente conosciuto come piccolo affitto o piccola affittanza. La denominazione accolta dal legislatore di « affitto a coltivatore diretto » è apparsa preferibile perché in essa è posto in chiaro rilievo la caratteristica essenziale del contratto e cioè la coltivazione diretta da parte dell'affittuario attuata con lavoro prevalentemente proprio o di persone della propria famiglia.
Gli interessi relativi alle esigenze economiche del piccolo affitto sono considerati socialmente utili: per la sua specifica funzione sociale, l'affitto a coltivatore diretto riceve anche una diversa regolamentazione giuridica tale da assicurare la funzionalità piena dell'istituto in rapporto ai compiti di alto interesse sociale che esso è chiamato ad assolvere. È appunto in considerazione di tali specifici riflessi che il coltivatore diretto immette nel rapporto, che l'art. 2079 del codice estese la regolamentazione per contratto collettivo anche all'affitto a coltivatore diretto. Ciò peraltro non significa che il piccolo affitto costituisca un rapporto di lavoro e come tale vada disciplinato. Se era possibile avere dei dubbi al riguardo il codice li ha eliminati riconducendo il contratto sotto il titolo della locazione e riconoscendo al piccolo affittuario la titolarità di una propria impresa.
Era stato affermato in dottrina che il piccolo affitto si presenta nello stesso tempo come rapporto economico e come rapporto di lavoro, a seconda che venga in considerazione la posizione d'imprenditore o quella di lavoratore del piccolo coltivatore e se proprio non può dirsi che si tratti di un contratto di lavoro, è per lo meno un contratto per lavoro, poiché il fine essenziale di esso è quello di procacciarsi del lavoro, fecondando direttamente con questo l'altrui capitale terriero e di procurarsi attraverso lo stesso i mezzi di sussistenza che nel comune contratto di lavoro gli vengono corrisposti direttamente sotto forma di mercede. Tali considerazioni devono considerarsi superate dalla disciplina accolta dal codice, secondo la quale l'elemento lavoro fu preso in considerazione unicamente ai fini della regolamentazione per contratto collettivo. L'avvicinamento ai rapporti di lavoro e formale, non sostanziale, perché l'elemento lavoro, nella piccola affittanza ha un valore meramente economico: non costituisce oggetto di scambio, non esce dalla sfera economica dell'affittuario, il quale se è obbligato a coltivare, tale obbligo costituisce manifestazione del suo diritto — dovere quale imprenditore e dell'impegno di conservare il fondo per restituirlo nello stato medesimo di produttività in cui l'ha ricevuto.
La coltivazione diretta da parte dell'affittuario è attuata con lavoro prevalentemente proprio o di persone della propria famiglia. Nel concetto della legge il criterio di differenziazione è costituito dalla prevalenza del lavoro personale del coltivatore diretto o dei suoi familiari su quello di persone estranee alla famiglia, non già dalla occasionalità o saltuarietà del concorso di mano d'opera estranea nella coltivazione del fondo. Il ricorso alla manodopera salariata può essere anche normale e continuativo, purché non sia prevalente al lavoro familiare. La coltivazione diretta di un fondo rustico non consiste soltanto nello zappare la terra, fare la semina, rimondare gli alberi, raccogliere i frutti, ma anche nell'accudire direttamente all'allevamento del bestiame necessario per la migliore utilizzazione del fondo stesso con tutte le operazioni che a quell'allevamento sono annesse e connesse. Se invece l'affittuario a tale bisogno non provvede, almeno prevalentemente, con l'opera propria e con quella dei propri familiari, ma ricorre all'opera di un terzo qualsiasi proprietario di bestiame, la coltivazione non è piu diretta, onde l'affittuario non può più considerarsi piccolo.