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Articolo 1286 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 31/01/2024]

Facoltà di scelta

Dispositivo dell'art. 1286 Codice Civile

La scelta(1) spetta al debitore, se non è stata attribuita al creditore o ad un terzo(2).

La scelta diviene irrevocabile con l'esecuzione di una delle due prestazioni, ovvero con la dichiarazione di scelta, comunicata all'altra parte, o ad entrambe se la scelta è fatta da un terzo(3).

Se la scelta deve essere fatta da più persone(4), il giudice può fissare loro un termine. Se la scelta non è fatta nel termine stabilito, essa è fatta dal giudice [81].

Note

(1) La scelta dà luogo alla concentrazione, cioè alla trasformazione dell'obbligazione da alternativa a semplice e può essere espressa o tacita; è tacita, ad esempio, se il debitore esegue una delle due prestazioni a favore di un terzo.
(2) Il terzo è detto arbitratore e può anche far dipendere la scelta da un fatto casuale, come un sorteggio.
(3) La dichiarazione di scelta è un atto unilaterale recettizio (1334 c.c.).
(4) Se le parti demandano a più persone la scelta devono anche stabilire il criterio in base al quale esse decideranno.

Ratio Legis

Poichè l'obbligazione alternativa è volta a favorire il debitore (1285 c.c.), è naturale che la scelta della prestazione spetti, innanzitutto, a lui.
Tale scelta può avvenire anche prima dell'esecuzione della prestazione, in quanto il creditore può avervi interesse: ad esempio, perchè deve predisporre i locali per ricevere la merce.
Infine, il terzo comma detta delle regole per evitare che l'inerzia nella scelta si protragga creando incertezza.

Brocardi

Ubi verba coniuncta non sunt, sufficit alterutrum esse factum

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 1286 Codice Civile

Cass. civ. n. 19508/2020

Il patto commissorio, vietato dall'art. 2744 c.c., è configurabile solo quando il debitore sia costretto al trasferimento di un bene, a tacitazione dell'obbligazione, e non anche ove tale trasferimento sia frutto di una scelta, come nel caso in cui venga liberamente concordato quale "datio in solutum" (art. 1197 c.c.), ovvero esprima esercizio di una facoltà che si sia riservata all'atto della costituzione dell'obbligazione medesima (art. 1286 c.c.).

Cass. civ. n. 31122/2018

In tema di rimborsi per i crediti IVA, con decorrenza dal 4 luglio 2006, data di entrata in vigore dell'art. 37, comma 50, del d.l. 4 n. 223 del 2006 (conv. in l.n.248 del 2006), non si calcolano gli interessi anatocistici sulle somme dovute a titolo di ritardato rimborso d'imposta al contribuente, mentre il principio dettato dall'art. 1283 c.c. continua ad avere pieno effetto per il periodo anteriore. Ne deriva che il discrimine temporale per detto periodo va identificato nella domanda di rimborso dell'imposta. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza del giudice di merito che aveva accordato gli interessi anatocistici fino al 4 luglio 2006, in quanto la domanda di rimborso, pur riguardante l'annualità di imposta 1992, era stata proposta nel 2010).

Cass. civ. n. 21061/2009

In materia di obbligazioni, ove l'adempimento sia possibile nel concorso di due o più prestazioni poste in posizione di reciproca parità e dedotte in modo disgiuntivo, nessuna delle quali può essere adempiuta prima dell'indispensabile scelta tra una di esse, se la scelta è rimessa alla volontà di un terzo, l'obbligazione diviene eseguibile soltanto con la relativa dichiarazione comunicata alle parti; ne consegue che prima di tale momento, non potendo il debitore adempiere in alcun modo, l'inadempimento non sussiste, non essendo propriamente configurabile in difetto della verificazione del suddetto presupposto.

Cass. civ. n. 3/1997

Nelle obbligazioni con prestazioni alternative o con facoltà alternativa (caratterizzate, le prime, dalla deduzione nel vincolo obbligatorio di più prestazioni poste sul piano di parità, e le seconde da più prestazioni poste in subordinazione tra loro, in modo che il debitore può liberarsi eseguendo la prestazione secondaria solo se rispetto ad essa sia stata esercitata, dal soggetto a cui è rimessa, la facoltà di scelta), aventi ad oggetto prestazioni continuate o periodiche, la volontà negoziale può legittimamente riconoscere, al soggetto cui sia rimessa la facoltà di scelta, il potere di operare in futuro l'opzione inizialmente operata.

Cass. civ. n. 2616/1988

Con riguardo alle obbligazioni alternative, nelle quali due o più prestazioni vengono poste su una posizione di reciproca parità, restando rimessa alla volontà del debitore o del creditore la scelta di una di esse, questa diventa irrevocabile a norma dell'art. 1286 c.c. con l'esecuzione di una delle prestazioni ovvero con la dichiarazione di scelta comunicata all'altra parte, salvo che, ove la scelta spetti al debitore, la possibilità della prestazione scelta sia legata o condizionata ad un'attività o collaborazione del creditore e, per essere venuta meno questa, la prestazione non possa essere eseguita, essendo in tal caso il debitore liberato dall'obbligazione qualora non preferisca eseguire (od offrire di eseguire) l'altra prestazione. (Nella specie, il giudice d'appello aveva ritenuto che al promissario acquirente, obbligato a saldare il prezzo previa accensione di nuovo mutuo a suo nome ovvero ad accollarsi il mutuo intestato al venditore, non fosse precluso, pur avendo scelto la prima alternativa, di optare successivamente per l'altra dopo aver constatato la mancanza dell'indispensabile collaborazione del venditore ad estinguere il suo mutuo ed a cancellare l'ipoteca; la S.C. ha confermato la pronuncia, enunciando i principi di cui alla massima).

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Consulenze legali
relative all'articolo 1286 Codice Civile

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A. P. chiede
domenica 06/02/2022 - Emilia-Romagna
“QUESITO
Si è riscontrata la necessità di rettifica parziale di un atto di compravendita, già stipulato, in accordo fra le parti, e nel particolare l’articolo 6 “Art. 6 PREZZO, MODALITÀ' DI PAGAMENTO, MEDIAZIONE”, che non pregiudica in alcun modo le condizioni generali e quelle che riguardano l’aspetto fiscale.
1° Aspetti consentiti o eventuali impedimenti di una rettifica, parziale, modifica o correzione di un atto notarile o atto pubblico.
2° Atto integrativo e atto rettificativo come soluzione per cambiare o correggere dichiarazioni ed opzioni non inerenti ai fini fiscali.
3° Eventuale adeguamento della tassazione alla nuova struttura negoziale risultante dalla rettifica.
n.b. Si allegano copie dell’art. 6 stipulato e quello rettificato con le modifiche.”
Consulenza legale i 24/02/2022
La modifica che si intende apportare all’art. 6 del contratto già concluso non può qualificarsi come rettifica e/o integrazione, ma costituisce un patto del tutto nuovo rispetto al contratto originario, tale da poter essere contenuto in un atto pubblico autonomo e successivo.
Occorre intanto chiarire che nell'ordinamento notarile sono previste due diverse forme di rettifica, e precisamente:
a) la prima è quella di cui all' art. 59 bis della Legge Notarile (introdotto dal D.lgs. 2 luglio 2010 n. 110, emanato in attuazione della Legge delega 18 giugno 1969 n. 69), il quale così dispone: " Il notaio ha facoltà di rettificare, salvi i diritti dei terzi, un atto pubblico o una scrittura provata autenticata, contenente errori od omissioni materiali relativi ai dati preesistenti alla sua redazione, provvedendo, anche ai fini dell'esecuzione della pubblicità, mediante propria certificazione contenuta in un atto pubblico da lui formato" (è questo il cd. atto di rettifica senza l'intervento di parti).
b) accanto a questa figura, rimane il tradizionale atto di rettifica con l'intervento delle parti, il quale non è disciplinato da alcuna norma specifica, ma costituisce l'unica possibilità di rettificare gli atti quando non ricorrono i presupposti richiesti dall'art. 59 bis per la rettifica senza parti.

I dati rettificabili ex. 59 bis della Legge notarile devono sostanzialmente essere di due tipi:
- errori od omissioni materiali;
- relativi a dati preesistenti alla redazione dell'atto che si rettifica.
Non è rettificabile il c.d. errore codicistico di cui agli artt. 1427 e ss. c.c., il quale costituisce vizio del consenso, rettificabile come tale solo con il tradizionale atto di rettifica in presenza delle parti.
Più specificatamente, l'errore ex art. 59 bis non è quello che scaturisce dalla manifestazione della volontà che le parti hanno fatto al notaio, ma è quello prodottosi nella riproduzione materiale di tale volontà o di alcuni dati riferiti alle parti, all’oggetto etc. (ne costituiscono un esempio il nome, cognome, luogo e dati di nascita, codice fiscale delle parti, riferimenti a titoli di provenienza, regime patrimoniale delle parti, ecc).

Per quanto concerne, invece, quello che prima è stato qualificato come tradizionale atto di rettifica, va detto che non è facile, definire a priori i limiti propri entro i quali l’atto integrativo possa considerarsi compreso nella nozione di rettifica.
In generale può dirsi che dovrebbe ricorrere, nell’atto originario, un errore o un’inesattezza, tale da rendere chiara la funzione correttiva del secondo atto, il quale non dovrebbe rivestire i caratteri di una nuova manifestazione di volontà, frutto di un nuovo processo determinativo, successivo alla stipula dell’atto originario.
Nei casi esaminati dalla giurisprudenza tributaria, appare evidente come in definitiva assuma importanza, anche al fine dell’opponibilità al fisco, una riconoscibilità dell’errore, nel senso che la dimostrazione (anche presuntiva) di un difetto nel primo atto corrobora la conclusione della natura rettificativa del secondo.
Ad esempio, se viene corretta l’indicazione dell’immobile ceduto, non sembra corretto per ciò solo trasformare la rettifica in permuta, se non verificando che effettivamente le parti stanno trasferendo un secondo immobile, dopo averne scambiato un altro con l’atto originario.
Di contro, non può essere negata la natura rettificativa del secondo atto se è dimostrabile che l’immobile indicato nel secondo atto come oggetto del trasferimento è quello che, sin dall’inizio, le parti hanno inteso assumere ad oggetto della compravendita.

Applicando i suesposti principi di carattere generale al caso di specie, si ritiene sia facilmente intuibile che la modifica che si intende apportare all’art. 6 del contratto già concluso non possa in alcun modo farsi rientrare nel concetto di mera rettifica di quell’atto, poiché espressione di una nuova e diversa manifestazione di volontà.
Più precisamente, la volontà che si intende manifestare con il nuovo e diverso art. 6 non è altro che espressione dell’esercizio definitivo di quella facoltà di scelta che al venditore, nonché creditore, è stata riconosciuta ai fini del soddisfacimento del proprio credito.
Come tale, dovrà costituire oggetto di un nuovo e specifico negozio giuridico, da stipulare ex art. 1286 c.c., per effetto del quale l’obbligazione del debitore si trasforma da obbligazione con facoltà alternativa ad obbligazione semplice.
Peraltro, da tale nuova manifestazione di volontà ne conseguirà la qualificazione definitiva del contratto originariamente stipulato come permuta anziché vendita, per la cui tassazione varranno i seguenti criteri:
- poiché la cessione del bene presente (area edificabile) si realizza tra una persona fisica ed un soggetto imprenditore, dovrà essere tassata con imposta proporzionale di registro, con aliquota ordinaria dell’8% (salvo eventuali aliquote ridotte), con le aliquote ordinarie del 2% e dell’1% per le imposte ipotecaria e catastale.
- la cessione del bene futuro (unità immobiliare) (18) si realizza tra un soggetto imprenditore ed una persona fisica ed è quindi assoggettata ad Iva. In particolare, se il soggetto acquirente è in possesso dei requisiti previsti dalla nota II bis dell’articolo 1 della Tariffa, parte prima, del Testo Unico Registro (e con le apposite dichiarazioni in atto) e se si tratta di case di abitazione non di lusso secondo le caratteristiche di cui al DM 2 agosto 1969, potrà applicarsi l’aliquota agevolata del 4%.

Il fatto che, al momento della conclusione del contratto, il bene che dovrebbe possedere i requisiti per la agevolazione “prima casa” non è ancora esistente, non può condurre a mutare la soluzione prospettata. L’atto di permuta dovrà quindi con-tenere, in relazione al bene futuro, le dichiarazioni prescritte dalla nota II-bis dell’articolo 1 della Tariffa nota II-bis dell’articolo 1 della Tariffa e la effettiva sussistenza delle condizioni sostanziali potrà essere verificata solo nel momento della venuta ad esistenza del bene stesso.
Per quanto attiene, specificamente, il momento in cui sorge l’obbligo della emissione della fattura, occorre considerare l’art. 6, 4 comma, D.p.r. 633/72, a mente del quale quando, anteriormente al verificarsi degli eventi che determinano il momento impositivo, sia pagato in tutto o in parte il corrispettivo (o emessa fattura), “l’operazione si considera effettuata” alla data del pagamento (o della emissione della fattura).

Risulta innegabile che il trasferimento del bene esistente rappresenti, nel negozio di permuta, il corrispettivo del trasferimento del bene futuro, dal che ne consegue che l’obbligo di fatturazione sorge, in capo al soggetto imprenditore, nello stesso momento in cui il contratto è concluso e si è quindi realizzato, in relazione al bene esistente, l’effetto reale del trasferimento.

E’ indispensabile, comunque, che tutto quanto sopra detto costituisca oggetto di una specifica valutazione da parte del notaio che andrà a redigere l’atto ex art. 1286 c.c., il quale, in sede di tassazione di questo nuovo atto, dovrà tener conto di quella già effettuata per l’atto sul cui contenuto va ad incidere.