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Articolo 299 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Cognome dell'adottato

Dispositivo dell'art. 299 Codice Civile

(1)L'adottato assume il cognome dell'adottante e lo antepone al proprio(5).

Nel caso in cui la filiazione sia stata accertata o riconosciuta successivamente all'adozione si applica il primo comma(2).

Il figlio nato fuori dal matrimonio che sia stato riconosciuto dai propri genitori e sia successivamente adottato, assume il cognome dell'adottante(3).

Se l'adozione è compiuta da coniugi l'adottato assume il cognome del marito(4).

Se l'adozione è compiuta da una donna maritata, l'adottato, che non sia figlio del marito, assume il cognome della famiglia di lei.

Note

(1) L'articolo è stato così sostituito dall'art. 61 della L. 4 maggio 1983 n. 184.
(2) Il comma 2 del presente articolo, nella vecchia formulazione ("L'adottato che sia figlio naturale non riconosciuto dai propri genitori assume solo il cognome dell'adottante. Il riconoscimento successivo all'adozione non fa assumere all'adottato il cognome del genitore che lo ha riconosciuto, salvo che l'adozione sia successivamente revocata. Il figlio naturale che sia stato riconosciuto dai propri genitori e sia successivamente adottato, assume il cognome dell'adottante") è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo da Corte cost. 11 maggio 2001 n. 120 "nella parte in cui non prevede che, qualora sia figlio naturale non riconosciuto dai propri genitori, l'adottato possa aggiungere al cognome dell'adottante anche quello originariamente attribuitogli".
Oggi il comma è stato così sostituito dal d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154.
(3) La Corte Costituzionale, con sentenza 27 aprile - 31 maggio 2022, n. 131, ha dichiarato "in via consequenziale, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l'illegittimità costituzionale della norma desumibile dagli artt. 262, primo comma, e 299, terzo comma, cod. civ., 27, comma 1, della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia) e 34 del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile, a norma dell'articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127), nella parte in cui prevede che il figlio nato nel matrimonio assume il cognome del padre, anziché prevedere che il figlio assume i cognomi dei genitori, nell'ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l'accordo, alla nascita, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto" e "in via consequenziale, ai sensi dell'art. 27 della legge n. 87 del 1953, l'illegittimità costituzionale dell'art. 299, terzo comma, cod. civ., nella parte in cui prevede che «l'adottato assume il cognome del marito», anziché prevedere che l'adottato assume i cognomi degli adottanti, nell'ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l'accordo, raggiunto nel procedimento di adozione, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto".
(4) La Corte Costituzionale, con sentenza 8 novembre 2016, n. 286 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 299, 3° comma, "nella parte in cui non consente ai coniugi, in caso di adozione compiuta da entrambi, di attribuire, di comune accordo, anche il cognome materno al momento dell’adozione".
(5) La Corte Costituzionale, con sentenza 10 maggio - 4 luglio 2023, n. 135 (in G.U. 1ª s.s. 05/07/2023, n. 27), ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale dell'art. 299, primo comma, del codice civile, nella parte in cui non consente, con la sentenza di adozione, di aggiungere, anziché di anteporre, il cognome dell'adottante a quello dell'adottato maggiore d'età, se entrambi nel manifestare il consenso all'adozione si sono espressi a favore di tale effetto".

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

162 Sono contemplate nell'art. 299 del c.c. del testo talune deroghe al principio generale che l'adottato assume il cognome dell'adottante e lo aggiunge al proprio. Tale articolo infatti disciplina dettagliatamente l'ipotesi di adozione del figlio naturale non riconosciuto dai propri genitori, stabilendo che egli assume il solo cognome dell'adottante, perdendo in tal modo il cognome che gli è stato imposto come figlio di ignoti, e che denunzierebbe la sua origine oscura. Per evitare poi il pericolo di abusi, cui si prestano i riconoscimenti tardivi da parte dei genitori naturali nei confronti dei figli adottati da persone facoltose o in alta posizione sociale, si dispone che il riconoscimento posteriore all'adozione non fa assumere all'adottato il cognome del genitore naturale, finché il vincolo di adozione non sia sciolto in uno dei casi contemplati dal codice.

Massime relative all'art. 299 Codice Civile

Cass. civ. n. 7618/1996

In ipotesi di adozione del figlio del proprio coniuge ai sensi dell'art. 44 lett. b) della L. 4 maggio 1983, n. 184 (nella quale, stante il richiamo contenuto nel successivo art. 55 della stessa legge, trova applicazione l'art. 299 c.c.) l'adottato che sia figlio naturale riconosciuto dai propri genitori non assume il solo cognome dell'adottante ma antepone tale cognome al proprio cognome di origine, non essendo prevista per tale ipotesi, alla stregua del tenore letterale della norma, alcuna deroga alla regola del doppio cognome fissata dal primo comma del menzionato art. 299, regola che, peraltro, costituisce conseguenza del principio, caratterizzante l'adozione del maggiorenne e quella del minorenne nei casi particolari previsti dal cit. art. 44 della legge n. 184 del 1983, secondo cui l'adottato conserva tutti i diritti e doveri verso la sua famiglia di origine.

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Consulenze legali
relative all'articolo 299 Codice Civile

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G. G. chiede
martedì 05/09/2023
“Ho adottato una persona maggiorenne con sentenza del maggio 2023 e ho versato l'imposta di registro all'Agenzia delle Entrate.
La mia domanda è: qual è ora la procedura da seguire affinché la persona adottata possa assumere anche il mio cognome?
Preciso che la persona adottata è albanese, ha il permesso di soggiorno e ha la residenza nel mio stesso Comune.

In attesa, porgo distinti saluti”
Consulenza legale i 11/09/2023
Norme di riferimento sulla materia che qui si chiede di esaminare sono gli artt. 314 e 299 c.c.
L'art. 314 del c.c. stabilisce che la sentenza che pronunzia l'adozione, una volta divenuta definitiva, deve essere trascritta a cura del cancelliere del Tribunale competente, entro il decimo giorno successivo a quello della relativa comunicazione, da effettuarsi non oltre cinque giorni dal deposito, da parte del cancelliere del giudice dell'impugnazione, su apposito registro e comunicato all'ufficiale di stato civile per l'annotazione a margine dell'atto di nascita dell'adottato.
Nella prassi, tuttavia, i Tribunali non curano alcun adempimento se non quello di trasmettere la sentenza all’Agenzia delle Entrate per la sua registrazione, adempimento che qui risulta essere stato eseguito.

Condizione necessaria per la successiva trascrizione della sentenza presso gli uffici dello Stato civile è l’ottenimento della residenza dello straniero in un Comune italiano (si tenga conto, infatti, che generalmente l’adottato straniero si trova sul territorio italiano soltanto in forza di un permesso turistico, godendo semplicemente di una dimora temporanea, possibilmente coincidente con l’abitazione dell’adottando).
Pertanto, soltanto qualora, come nel caso di specie, si sia già in possesso del certificato di residenza (rilasciato sulla base di un valido permesso di soggiorno), sarà possibile recarsi presso l’Ufficio di stato civile del Comune ove lo straniero adottato ha residenza e, producendo copia conforme della sentenza di adozione, munita della formula di passaggio in giudicato, chiedere la trascrizione di quella sentenza, come previsto dal sopra citato art. 314 c.c.

A quel punto si potrà affrontare l’altra questione che qui si pone e che trova la sua previsione normativa all’art. 299 c.c., ovvero quella relativa alla concreta attuazione di uno dei principali effetti che derivano dalla sentenza di adozione, e precisamente l’aggiunta del cognome dell’adottante a quello dell’adottato, anteponendolo al proprio.
Ebbene, per la concreta attuazione di tale norma occorre che l’adottante e l’adottata presentino un’apposita istanza all’Ufficiale di stato civile (del Comune di residenza), chiedendo allo stesso espressamente di provvedere ad anteporre ex art. 299 c.c. il cognome dell’adottante a quello dell’adottato.

Purtroppo, in diverse occasioni l’Ufficiale di stato civile si è rifiutato di provvedere in tal senso, adducendo a giustificazione di tale suo rifiuto la circostanza che la sentenza di adozione, seppure regolarmente trascritta, disponeva soltanto sull’adozione ma nulla statuiva sulla modificazione delle generalità dell’adottato, da ciò deducendone che soltanto allorchè la persona adottata straniera avesse acquistato la cittadinanza italiana avrebbe potuto trovare attuazione il disposto di cui all’art. 299 c.c. (si tenga presente che, secondo quanto disposto dall’art. 9 comma 1 lett. b della Legge 05..02.1992 n. 91, la cittadinanza può essere concessa allo straniero maggiorenne adottato da cittadino italiano che risiede legalmente nel territorio della Repubblica da almeno cinque anni successivamente alla adozione).

Tuttavia, a seguito di ricorso presentato avverso tale decisione, i Tribunali hanno ordinato agli ufficiali di stato civile territorialmente competenti di provvedere a dare esecuzione alla richiesta avanzata da adottante ed adottato ex art. 299 c.c.
In tal senso può citarsi il decreto del Tribunale di Bologna del 30.12.2019, ove tra l’altro si legge quanto segue:
“…si premette che la adottata è cittadina straniera e che la sentenza di adozione così come la presente pronunzia non hanno effetti di per sé sulla cittadinanza della adottata;
ciò detto, non vi è nessun divieto di legge espresso, né nell’art. 299 c.c. né in altre disposizioni normative, che non consenta di procedere anteponendo il cognome dell’adottante al cognome dell’adottata una volta pronunziata l’adozione nel caso in cui l’adottata sia cittadina straniera;
ciò nulla ha a che vedere di per sé con l’acquisizione della cittadinanza da parte dell’adottata;
non vi è poi necessità alcune di integrare o correggere la sentenza di adozione, atteso che, come da costante giurisprudenza di questo Tribunale, una volta pronunziata l’adozione gli effetti di cui all’art. 299 c.c. sono una conseguenza logico giuridica che non necessita di una specifica pronunzia sul punto da parte del Tribunale, dovendo l’Amministrazione ricevente semplicemente dare esecuzione alla norma e anteporre all’adottata il cognome dell’adottante;
il ricorso deve quindi trovare accoglimento”.

In effetti, dalla lettura dell’art. 299 c.c. è possibile desumere che l’acquisizione del cognome dell’adottante da parte della persona che viene adottata costituisce mera conseguenza diretta dell’adozione.
Peraltro, sulla stessa scia del decreto sopra citato si era anche posto sempre il Tribunale di Bologna con ordinanza datata 08.05.2018, nel corpo della quale si legge che l’acquisizione del cognome da parte della persona adottata deriva direttamente dal dettato legislativo, ovvero dall’art. 299 c.c.
Pertanto, considerato che ai sensi dell’art. 298 del c.c. gli effetti dell’adozione decorrono dalla data della sentenza validamente emessa, si reputa evidente che, una volta perfezionatasi l’adozione attraverso la sentenza emessa, gli effetti di cui all’art. 299 c.c. siano una conseguenza logico giuridica che non necessita di una specifica pronuncia sul punto, dovendo l’Amministrazione ricevente semplicemente dare esecuzione alla norma e anteporre all’adottato il cognome dell’adottante.

Tenuto conto di quanto fin qui detto, dunque, ciò che si consiglia è di:
1. munirsi di certificato di residenza e copia conforme della sentenza di adozione e recarsi presso l’Ufficio di stato civile del Comune di residenza dell’adottato onde chiedere, qualora non vi abbia provveduto direttamente il Tribunale, la trascrizione della sentenza;
2. presentare istanza ex art. 299 c.c. per aggiungere il cognome dell’adottante a quello dell’adottato anteponendolo al proprio;
3. qualora l’Ufficiale di Stato civile del Comune di residenza dovesse rifiutarsi di provvedere, ritenendo necessario a tal fine che lo straniero abbia prima acquisito la cittadinanza italiana ovvero perché la sentenza nulla disponga in tal senso, addurre a sostegno della propria richiesta i precedenti giurisprudenziali sopra citati, facendo allo stesso rilevare che la persistente inottemperanza può configurarsi quale omissione di atti d’ufficio;
4. in caso di ulteriore inottemperanza, non resta altra soluzione che quella di ricorrere nuovamente all’Autorità giudiziaria (Tribunale del luogo di residenza) al fine di vedere adempiuto, nei fatti, il diritto alla modifica del proprio cognome che, come più volte detto, sarebbe già conseguenza logica e giuridica dell’art. 299 c.c.

Graziella chiede
martedì 24/01/2017 - Friuli-Venezia
“Il mio defunto marito aveva riconosciuto nel 1962 un figlio nato nel 1961 .Questo bambino poi è stato adottato dai nonni materni nel 1975 e mio marito è andato in Tribunale a dare il consenso.
Lui ripeteva sempre che, secondo la legge non c'erano più legami e perciò ha fatto testamento nominandomi erede universale.
Ora questo signore afferma di avere diritto alla legittima e ha presentato un estratto di nascita integrale dove non risulta essere stato adottato : a me però in precedenza aveva confermato di essere stato adottato e che il giudice gli aveva concesso di continuare a portare il cognome di mio marito.
Ora lui nega e dice di essere stato solo affiliato. La mia domanda è questa : può egli aver richiesto la non menzione dell'adozione sull'estratto di nascita ? Io ho diritto di pretendere che presenti i documenti riguardanti l'adozione o affiliazione che sia ? Vi pregherei di rispondermi con urgenza! Grazie
Godina Graziella”
Consulenza legale i 27/01/2017
L’istituto dell’affiliazione è stato abrogato dall’art. 77 della legge n. 184/1983 (la legge sulle adozioni): tale istituto aveva un preciso carattere temporaneo. Tra le caratteristiche significative, non si prevedevano diritti successori tra affiliato e affiliante e – soprattutto – l’affiliazione poteva estinguersi sol se il genitore che fosse stato dichiarato decaduto dalla “patria potestà” (ora responsabilità genitoriale, dopo la legge 219/2012) veniva reintegrato nell’esercizio a seguito di una pronuncia di accertamento giudiziale.

Si è detto che tale istituto è stato abrogato con la legge n. 184/83: pertanto, in prima battuta si può agevolmente affermare come tutte le affiliazioni pronunciate prima della riforma continuino a dispiegare i loro effetti. Inoltre, l’art. 79 della legge 183 prevedeva la conversione dell’affiliazione in adozione, con tutte le conseguenze di legge che ciò vi avrebbe comportato. Tale possibilità era però prevista solo per tutte le domande di conversione presentate entro il 1/6/1986 (data di entrata in vigore della legge 183): in caso contrario, l’affiliazione – pronunciata precedentemente – sopravviveva alla riforma.

Fatta questa necessaria premessa, nel caso di specie parrebbe lecito pensare che non si sia trattato di affiliazione bensì di una vera e propria adozione da parte dei nonni materni, posto che è stato richiesto il consenso da parte del padre naturale.
Bisogna altresì sottolineare come – in tal caso – l’adozione in esame sia regolata dalla legge n. 431 del 5/6/1967 che ha introdotto l’adozione (prima non prevista nel nostro ordinamento).
Ad un esame più approfondito, sembrerebbe trattarsi (a parere di chi scrive e dopo la ricerca effettuata, in assenza di ulteriori elementi) della c.d. adozione speciale, prevista dagli artt. 314 bis e ss. c.c. (ora tutti abrogati dalla legge 183).
Tale adozione veniva definita “speciale” in quanto non era necessario lo stato di abbandono del minore, posto che era addirittura possibile che i genitori fossero in vita.
Per potersi avere una adozione speciale, era necessario che il minore fosse stato dichiarato adottabile: l’art. 314 octies c.c. prevedeva il consenso del genitore naturale affinchè poi lo stato di adottabilità venisse trascritto su appositi registri del Tribunale per i Minorenni. L’art. 314/26 c.c. prevedeva infine che l’adottato acquisisse lo status di figlio legittimo degli adottandi, perdendo così ogni legame – giuridico – con la famiglia di origine.
Detto ciò, il consenso di suo marito porterebbe a pensare che si tratti proprio di tale adozione speciale (infatti, come ribadito dall’art. 6 della legge n. 431/67, affinchè il figlio – riconosciuto – potesse essere dichiarato adottabile e – successivamente – adottato, si rendeva necessario il consenso del genitore esistente).

Ciò che possiamo consigliarle di fare è di recarsi al Tribunale per i Minorenni territorialmente competente per verificare sul registro previsto dalla legge n. 431/67 se il minore fosse stato dichiarato adottabile e – successivamente – adottato.
In effetti sul certificato di nascita non è obbligatoria la previsione della menzione dell’intervenuta adozione.
In virtù della normativa sulla privacy, sarebbe bene conferire mandato specifico ad un avvocato al fine di effettuare questa ricerca. Laddove la risposta fosse positiva, il figlio naturale di suo marito non avrebbe alcun diritto successorio nei confronti del padre biologico.

Norbert W. chiede
lunedì 27/07/2015 - Puglia
“Mia figlia con doppia cittadinanza, non italiana, maggiorenne, è stata adottata da una cittadina italiana. Vorrei sapere se è obbligatorio prendere il cognome della adottante.Grazie”
Consulenza legale i 30/07/2015
Il diritto al "nome" (con riferimento, in realtà, al cognome) si configura come uno dei più importanti diritti della personalità.
Esso può mutare ex lege in alcuni casi, come nell'ipotesi di adozione.

Dell'adozione dei maggiori d'età si occupa il codice civile agli artt. art. 291 del c.c. e seguenti.
L'art. 299 del c.c., in particolare, stabilisce al primo comma che l'adottato assume il cognome dell'adottante e lo antepone al proprio.
Tale norma, però, si applica solo se l'adottato è cittadino italiano.

Ai sensi dell'art. 24, legge 31.5.1995, n. 218, infatti, l'esistenza e il contenuto dei diritti della personalità - tra cui è ricompreso il diritto al nome - sono regolati dalla legge nazionale del soggetto.

Nel nostro caso, se la figlia adottata non ha cittadinanza italiana, non si potrà applicare la legge italiana, cioè l'art. 299 c.c. Ella manterrà, quindi, il proprio cognome.

Tuttavia, l'adottato maggiorenne può acquistare la cittadinanza italiana per naturalizzazione trascorsi 5 anni di residenza legale in Italia dopo l’adozione.
In questo caso, diventando l'adottato cittadino italiano, è legittimo chiedersi se debba cambiare il cognome.
La Convenzione di Monaco 5.10.1980 prevede che il cognome venga attribuito in conformità alla legge dello Stato della nuova nazionalità (art. 1): tuttavia, secondo una buona parte della giurisprudenza, che percepisce tale regola come in contrasto con la moderna concezione del cognome come segno identificativo e diritto assoluto della persona, lo straniero avrebbe diritto a mantenere il cognome anche successivamente all'acquisto della cittadinanza italiana, ove questa comporti di per sé modifica del cognome posseduto (v. in tal senso Corte d'appello Torino, sentenza 3 giugno 1998: "[...] il principio del mantenimento del cognome acquisito secondo legge dello Stato di provenienza - salvo le modifiche conseguenti a situazioni verificatesi dopo il mutamento di nazionalità - non pare essere in contrasto con alcuna norma di ordine pubblico del nostro Stato. Pertanto, non sembra che vi siano fondate ragioni per porre dei limiti al mantenimento della propria completa identità, quale acquisita nello Stato di provenienza, per chi ha acquistato la cittadinanza italiana provenendo da una diversa nazionalità").

Alfonso chiede
giovedì 10/02/2011 - Sicilia
“La norma di cui all'art. 299 c.c. si applica anche all'adottato straniero (extracomunitario) ?”
Consulenza legale i 11/02/2011

Fino a che l'adottato rimanga cittadino straniero, il suo cognome sarà regolato dalla propria legge nazionale (v. art. 24, L. 31 maggio 1995 n. 218: L'esistenza ed il contenuto dei diritti della personalità sono regolati dalla legge nazionale del soggetto; tuttavia i diritti che derivano da un rapporto di famiglia sono regolati dalla legge applicabile a tale rapporto). Una volta ottenuta la concessione della cittadinanza italiana, l'adottato maggiorenne straniero vedrà regolata la sua situazione giuridica dalla legge italiana e sarà quindi applicabile anche a lui l'art. 299 del c.c..


V. S. chiede
domenica 15/10/2023
“Buon giorno

Ho bisogno di una vostra consulenza
il mio caso richiama il quesito Q202334477 però è un poco più articolato.

Ho sposato il mio attuale marito nel 2008. Mio marito ha adottato (con sentenza del 5 luglio 2023, passata in giudicato) mio figlio avuto con il mio, fu, primo marito (deceduto in data 12/10/2014)
Al momento di far modificare il cognome all'adottato, l'ufficiale di stato civile si è rifiutato adducendo esattamente le obiezioni descritte nella risposta al quesito di cui sopra.
(La risposta dell'ufficiale di stato civile è allegata in calce)

Quello che rende questo caso più articolato sono le seguenti circostanze:

Mio Marito è cittadino Lussemburghese, nipote di Italiani, nato il 13 maggio 1956.
Io Sono Ucraina (nata il 25 giugno 1971)

Mio Marito ed io siamo residenti in Italia (Alatri FR)
Mio marito non ha altri figli.
Mio figlio (l'adottato) è nato in Russia il 5 marzo 1988, ma cittadino Ucraino. Lui non è residente in Italia e purtroppo è un soldato coinvolto nella guerra in Ucraina. (è stato chiamto alle armi qualche mese dopo dell'inzio del processo di adozione)

Il processo è stato tenuto da due avvocati, di cui uno ha avuto una procura generale notarile a rappresentare l'adottato.
L'adottato ha dicharando esplicitamente il consenso a modificare il cognome (anteponendo il cognome di mio marito al suo)

Dalla vostra risposta al quesito di cui sopra è fuori di alcun dubbio che l'adottato possa anteporre il cognome dell'adottante, indipendentemente dalla cittadinanza

il nostro obiettivo è di inserire mio figlio (l'adottato) nello stato di famiglia di mio marito e me.

La mia domanda è se per questo obiettivo, la residenza in Italia sia effettivamente un fatto ostativo.

(una riflessione che mi veniva di fare è che lo stato di famiglia è un documento che in questo caso "appartiene" a 3 persone: l'adottato mio marito e me.
Mio marito ed io siamo residenti quindi mi viene da pensare che dovremmo avere il diritto di chiede di aggiornare il nostro stato di famiglia, anche coinvelgendo qualcuno non residente. Non è un caso eccezionale che un figlio viva all'estero quindi non mi sembra assurdo pretendere che sia nello stato di famiglia)

Vi ringrazio della disponibilità accordata fino ad ora
Vi porgo i miei migliori saluti, pregandovi per una solerte risposta.


(Ho utilizzato la email di una terza persona per mantenere riservate le mie generalità e dell'adottato in considerazione dei problemi che potrebbero verificarsi a causa della guerra in Ucraina)
Consulenza legale i 19/10/2023
Come si legge nel quesito, l’obiettivo che ci si prefigge di raggiungere è quello di far inserire il figlio adottato nello stato di famiglia proprio e del proprio coniuge.
Viene anche precisato che l’adottato, oltre ad essere cittadino ucraino, non risulta iscritto nelle liste della popolazione residente in Italia (diversamente da ciò che era stato asserito nel precedente quesito n. 34477, ove si legge che l’adottato ha residenza nello stesso Comune ove risiede la famiglia adottiva).
Ebbene, sulla base dei dati forniti, purtroppo, va detto che non è possibile soddisfare l’intento desiderato.

Tale risposta negativa trova fondamento nella c.d. Legge anagrafica (Legge n. 1228/1954, recante “Ordinamento delle anagrafi della popolazione residente”) e nel relativo Regolamento di attuazione (DPR n. 223/1988, recante il “Regolamento anagrafico della popolazione residente”).
In particolare, l’art. 4 del DPR n. 223/1989 dà la definizione di famiglia anagrafica, qualificando come tale l’insieme delle persone legate tra loro da:
- vincoli di matrimonio,
- unione civile,
- parentela,
- affinità,
- adozione,
- tutela o da vincoli affettivi,
- convivenza di fatto (così art. 1 comma 37 della Legge 76/2016).
precisando che tutti i predetti soggetti devono essere coabitanti e avere dimora abituale nello stesso Comune.

Lo stato di famiglia a cui ci si riferisce nel quesito, dunque, non fa altro che delineare la famiglia anagrafica residente nella stessa abitazione all’interno del medesimo Comune, e va tenuto distinto dal concetto di “nucleo familiare”, espressione con la quale si designa anche soggetti non residenti nella medesima abitazione ma legati tra loro per ragioni fiscali, in quanto a carico del contribuente.

In particolare, il nucleo familiare è composto da quell’insieme di persone, fiscalmente a carico del contribuente e che:
- risultano dallo stato di famiglia (quindi, coincidente con la famiglia anagrafica),
- solitamente vivono nella stessa abitazione (ma possono anche essere non conviventi)

Come può notarsi, dunque, mentre la famiglia anagrafica, quale risultante dallo stato di famiglia, presuppone la convivenza, il nucleo familiare, pur coincidendo nella maggior parte dei casi con la famiglia anagrafica, può distinguersene e risultare costituito anche da soggetti non conviventi, purchè fiscalmente a carico del contribuente (l’espressione “nucleo familiare”, infatti, è impiegata dalla normativa soprattutto ai fini fiscali, ad esempio, per gli assegni familiari, per la dichiarazione unica sostitutiva per l’ISEE e così via).

In forza di quanto fin qui detto, pertanto, è da escludere che il figlio maggiorenne adottato, di cittadinanza ucraina e non residente neppure in Italia, possa essere iscritto nello stato di famiglia dei genitori adottivi.
Semmai, il medesimo potrebbe essere dichiarato come facente parte del nucleo familiare dei genitori, valendo a tal fine quanto stabilito dall’art. 3 del D.P.C.M. n. 159 del 05.12.2003.
Tale norma, dopo aver disposto al comma 1 che “Il nucleo familiare del richiedente è costituito dai soggetti componenti la famiglia anagrafica alla data di presentazione della DSU…”, fa salvo quanto stabilito nei commi successivi.
In particolare, il quinto comma così dispone:
Il figlio maggiorenne non convivente con i genitori e a loro carico ai fini IRPEF, nel caso non sia coniugato e non abbia figli, fa parte del nucleo familiare dei genitori. Nel caso i genitori appartengano a nuclei familiari distinti, il figlio maggiorenne, se a carico di entrambi, fa parte del nucleo familiare di uno dei genitori, da lui identificato”.
Si tenga conto che, ex 12 T.U.I.R., i figli di età superiore a ventiquattro anni non possono più essere considerati a carico ai fini IRPEF e, conseguentemente, non possono più essere dichiarati come facenti parte del nucleo familiare del contribuente.

Infine, per quanto concerne il provvedimento di diniego dell’ufficiale di stato civile del 29.09.2023, in forza del quale viene respinta l’istanza volta a consentire al soggetto adottato di assumere il cognome dell’adottante anteponendolo al proprio, come giustamente si osserva vengono addotte le medesime motivazioni a cui si era fatto riferimento nella precedente consulenza.
Pertanto, non rimane altra soluzione che quella di ricorrere avverso tale provvedimento dinanzi all’Autorità giudiziaria, adducendo a sostegno delle proprie ragioni quanto già dedotto nei precedenti giurisprudenziali a cui si è fatto riferimento nella precedente consulenza.

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