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Articolo 283 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Effetti e decorrenza della legittimazione per susseguente matrimonio

[ABROGATO]

Dispositivo dell'art. 283 Codice Civile

Sezione abrogata dall'art. 1, co. X, della L. 10 dicembre 2012 n. 219.

[I figli legittimati per susseguente matrimonio acquistano i diritti dei figli legittimi dal giorno del matrimonio, se sono stati riconosciuti da entrambi i genitori nell'atto di matrimonio o anteriormente, oppure dal giorno del riconoscimento [250] se questo è avvenuto dopo il matrimonio.]


Brocardi

Matrimonum subsequens legitimos facit

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

153 Un'opportuna precisazione è stata introdotta nell'art. 283 del c.c. relativamente alla decorrenza degli effetti della legittimazione per susseguente matrimonio, quando si tratti di figli adulterini il cui riconoscimento sia stato ammesso con decreto reale. Tenuto conto del principio che se il riconoscimento è successivo al matrimonio dei genitori, la legittimazione per subsequens ha effetto dalla data del riconoscimento, il nuovo testo fa espressamente salva l'ipotesi dell'adulterino legittimato, per il cui riconoscimento sia intervenuto un decreto reale di ammissione, poiché anche in tal caso per la decorrenza degli effetti del riconoscimento, ai fini della legittimazione, devono restar ferme le disposizioni dettate al riguardo nell'art. 252. In connessione con la proposta avanzata in tema di riconoscimento della prole adulterina, a proposito delle condizioni richieste per la legittimazione per decreto reale, è stato espresso il voto di consentire la legittimazione anzidetta anche quando il genitore, che la chiede, abbia figli legittimi o legittimati per susseguente matrimonio o discendenti da essi, purché questi, avendo raggiunto l'età maggiore, vi consentano per atto scritto in forma autentica. Ma l'esigenza inderogabile di salvaguardare la posizione preminente della famiglia legittima ha sconsigliato di introdurre una così grave innovazione nei principii fondamentali della legittimazione.

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Antonella chiede
lunedė 05/05/2014 - Trentino-Alto Adige
“Chiedo chiarezza in una questione delicata.
Scrivo per ragioni successorie in quanto madre di due figli nati dal mio matrimonio.
Nel 2004 mio marito è deceduto mentre era in corso la causa di divorzio che è stata interrotta per il decesso.
Mio marito aveva avuto un figlio da un altra persona 8 mesi prima di morire.
Mi consigliarono di fare la riassunzione della causa di divorzio.
La "sentenza definitiva" divenne definitiva nel 2008, 4 anni dopo il decesso di mio marito.
Oltre a questa sentenza furono fatte altre 2 sentenze molto negative per me (sono stata condannata a rifondere spese molto elevate alla mamma del bambino che era stata chiamato in causa dai miei Avvocati come erede) precedenti alla legge del 2012 che ha abrogato l' articolo 280 cc. (una è del 2006, ancor prima che venisse pronunciata la sentenza definitiva di divorzio).
Per completamento dell'informazione nell'ottobre 2012 è stata fatta una sentenza di divisione giudiziale divenuta definitiva nel 2013 in cui si attribuisce la qualità di erede ai tre figli, oltre a determinare che i miei figli devono dare a questo bambino una cifra molto elevata (immobile valutato di più di quanto sarebbe possibile ricavare da una vendita) per poter conservare l' immobile da sempre casa familiare, acquistato insieme ed in Comunione dei Beni da me e da mio marito.
La mia domanda è la seguente: devo pagare alla madre di questo bambino tutti i soldi stabiliti dalle sentenze anche se al momento del decesso e al momento della stesura delle sentenze era figlio naturale non legittimato? (Se la risposta è affermativa la mia famiglia esce letteralmente distrutta da tutto ciò perché io non potrei mai ottenere un prestito così elevato)
Consulenza legale i 13/05/2014
Per rispondere alla domanda posta nel quesito si deve guardare alla disciplina dei figli naturali vigente prima dell'entrata in vigore della riforma.
Il figlio naturale, ossia il figlio nato al di fuori del matrimonio, godeva già da tempo sostanzialmente di tutti i diritti del figlio legittimo (art. 261 c.c.: "Il riconoscimento comporta da parte del genitore l'assunzione di tutti i doveri e di tutti i diritti che egli ha nei confronti dei figli legittimi"), con sole poche differenze, tra le quali:
- al figlio legittimo, in concorso con il figlio naturale sull'eredità del comune genitore, spettava una limitata pretesa di "commutazione" (art. 537 del c.c.: "I figli legittimi possono soddisfare in danaro o in beni immobili ereditari la porzione spettante ai figli naturali che non vi si oppongano" - norma ora abrogata);
- il riconoscimento della filiazione naturale faceva nascere rapporti solo tra genitore e figlio riconosciuto, non tra questo e, ad esempio, gli altri figli nati nel matrimonio dello stesso genitore. Così, alla morte di un "fratellastro", il fratello "figlio naturale" superstite non poteva ereditare (la Corte costituzionale con sentenze 55/1979 e 184/1990 aveva però stabilito che al decesso di un “fratello naturale”, l’altro fratello poteva ereditare se il defunto non aveva lasciato coniuge, figli e altri parenti entro il sesto grado).

Per quanto attiene al caso di specie, il figlio naturale, oltre ad avere diritto ad una quota di eredità, doveva essere tenuto in considerazione al momento della pronuncia del divorzio, in quanto anch'egli detentore di diritti economici nei confronti del padre.
Inoltre, una volta accertato che anch'egli è erede, in sede di divisione è legittimo che il giudice abbia previsto un conguaglio in denaro per poter procedere con l'attribuzione dell'immobile ai due figli legittimi della coppia sposata (art. 720 del c.c.).

Pertanto, se le sentenze che hanno condannato, da un lato, la moglie del defunto al pagamento di somme alla madre del figlio naturale e, dall'altro, i suoi figli a corrispondere un elevato conguaglio a favore del figlio naturale in sede di divisione del compendio ereditario, hanno operato il corretto riconoscimento dello status di figlio naturale in base alla normativa in quel momento vigente, allora in base agli elementi forniti nel quesito non si ravvisa alcuna possibilità di contrastarle o di opporvisi in qualche modo. Inoltre, come si dà conto nel quesito, tutte le sentenze sono passate in giudicato e quindi anche una eventuale impugnazione (ad esempio, un appello contro la sentenza che ha stabilito il valore dell'immobile in maniera scorretta) è ormai preclusa.

Peraltro, è bene precisare che la riforma della filiazione ha inteso azzerare ogni residua differenza tra figli legittimi e naturali, addirittura eliminando tali espressioni dal codice civile. Quindi, anche ritenendo che la nuova disciplina possa applicarsi ai giudizi ormai conclusi, va da sé che il figlio naturale sarebbe stato ancor più garantito e quindi non vi sarebbe alcun vantaggio in capo alla famiglia di origine del defunto.

A questo punto, l'unico consiglio che si può dare è quello di trovare un accordo amichevole con la controparte per la riduzione degli importi da pagare o per la dilazione dei pagamenti, evidenziando le difficoltà economiche della famiglia. Va ricordato che un'espropriazione forzata nei confronti del debitore ha costi per quest'ultimo molto più elevati, in quanto gli vengono addebitate anche le spese di esecuzione.
Inoltre, in mancanza di accordi, ci sarebbe il rischio di subire un pignoramento dell'immobile, vanificando così la sentenza che ha consentito ai figli del defunto di mantenere la proprietà della casa familiare.