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Capo III - Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Dell'azione di disconoscimento e delle azioni di contestazione e di reclamo dello stato di figlio

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)
139 In questa sezione due punti sono stati oggetto di rilievi: la trasmissibilità dell'azione di disconoscimento in caso di morte del marito (art. 246 del c.c.) e la disciplina dell'azione di contestazione della legittimità (art. 248 del c.c.). Sul primo punto è stato ritenuto troppo lato il criterio del progetto definitivo che ammetteva la trasmissibilità dell'azione di disconoscimento anche in favore dei parenti chiamati all'eredità e si è proposto di consentirla soltanto in favore dei discendenti e degli ascendenti, a cui possa derivare un pregiudizio patrimoniale o morale. Riesaminata la questione, si è riconosciuto più opportuno il criterio restrittivo. L'azione di disconoscimento ha carattere personalissimo e, come tale, potrebbe anche dichiararsi intrasmissibile. La trasmissibilità dell'azione può essere giustificata dalla necessità di provvedere alla tutela degli interessi morali della famiglia. E' stata perciò modificata la disposizione del progetto, ammettendosi ad esercitare l'azione soltanto i discendenti e gli ascendenti che, come strettissimi congiunti del marito, devono essere considerati i naturali rappresentanti degli interessi familiari. Ma non si è creduto di subordinare la legittimazione ad agire alla prova di un pregiudizio patrimoniale o morale, poiché un pregiudizio morale, giuridicamente apprezzabile, è insito nella stessa qualità di discendente o ascendente del marito. Sull'altro punto, riflettente l'azione di contestazione di legittimità, si era suggerito dí specificare che la stessa si riferisce all'ipotesi del figlio nato oltre il termine di trecento giorni dallo scioglimento o annullamento del matrimonio. Non è stata accolta la proposta, perché l'azione di contestazione di legittimità ha una portata più ampia e riflette non solo la ipotesi del figlio nato oltre quel termine, ma anche quelle della supposizione di parto, della sostituzione del neonato e della nullità del matrimonio. Nondimeno tale rilievo ha tratto a considerare che l'art. 255 del progetto definitivo era formulato in maniera poco chiara. Nella redazione dell'art. 248 del c.c., che tratta dell'azione di contestazione di legittimità, si è avuto perciò cura di enunciare esplicitamente le varie ipotesi, alle quali la norma si riferisce. E' chiaro che anche nel caso della nullità del matrimonio, posta come fondamento dell'azione di contestazione della legittimità, restano ferme le norme stabilite circa i soggetti legittimati ad impugnare il matrimonio e i1 termini per la proponibilità dell'impugnazione. A proposito di questa stessa disposizione, è stato manifestato qualche dubbio circa la esattezza della formula del secondo comma dell'articolo, che dichiara l'azione imprescrittibile, perché non si sarebbe nell'ambito dell'istituto della prescrizione, bensì in quello della decadenza, per modo che dovrebbesi stabilire che la impugnazione può essere proposta in ogni tempo. Non è sembrato che si possa invocare contro l'esercizio dell'azione l'istituto della decadenza, perché, per regola generale, qualsiasi termine di decadenza deve essere espressamente stabilito dalla legge. Il dubbio può nascere, invece, in relazione all'istituto della prescrizione, in vista appunto del principio che tutte le azioni sono prescrittibili; onde, per affermare il concetto che l'azione di contestazione della legittimità può essere esercitata in ogni tempo, conviene, dal punto di vista pratico, far riferimento alla prescrizione e dichiarare senz'altro che tale azione è imprescrittibile. Il medesimo criterio è stato seguito in relazione all'art. 249 del c.c. e all'art. 263 del c.c..